{mosimage}I primi soccorritori: «La situazione è peggio di quanto mostrano le tv». La Croce Rossa: almeno 50 mila morti
PORT-AU-PRINCE – Morti ovunque. Devastazione. Saccheggi. Dolore. Proteste. E un pericoloso vuoto di potere. A tre giorni dal devastante terremoto che ha colpito Haiti radendo al suolo la capitale Port-au-Prince, i primi soccorritori arrivati sull'isola caraibica si sono trovati di fronte scene agghiaccianti. «La situazione è anche peggio di quanto mostrano le tv. Mancano acqua potabile e cibo, le vittime sono ammassate in strada», racconta all'Ansa l'ambasciatore di Haiti a Roma, Geri Benoit. È ancora troppo presto per tracciare un bilancio della tragedia. La Croce Rossa parla di almeno 50 mila morti, ma si teme che il bilancio possa essere di alcune centinaia di migliaia di vittime. Secondo quanto riferisce l'Onu, sono circa 3,5 milioni e mezzo le persone che vivevano nelle zone interessate dal sisma. I senzatetto a Port-au-Prince, dove è andato distrutto il 10% della città, sono almeno 300 mila.
TRA LE MACERIE – Nella capitale si tenta – tra mille difficoltà – di dare assistenza ai feriti (guarda il video). E si continua a scavare tra le macerie alla ricerca di sopravvissuti. Kelly Bastien, presidente del Senato di Haiti, è stato ritrovato vivo sotto i resti del Parlamento. «È un miracolo» sono state le sue prime parole dopo essere rimasto intrappolato sotto le macerie del suo ufficio circa dodici ore. Bastien ha inoltre riferito che tra le persone morte vicino a lui vi erano altri due parlamentari. Anche diversi ministri ed esponenti politici hanno perso la vita nel sisma. Secondo l'ambasciatore di Haiti a Berlino, Jean-Robert Saget, tra le vittime ci sono il titolare della Giustizia, Paul Denis, e l'esponente dell'opposizione Michel Gaillard. Da sotto le macerie dell'Hotel Christopher, che ospitava la sede della missione Onu ad Haiti e dove si teme siano rimasti intrappolati due italiani, si sentirebbero provenire delle voci: lo sostiene un portavoce dell'Esercito filippino, che ha circa 200 uomini schierati nell'ambito della missione Onu Minustah a Haiti.
SOCCORSI – Gli aiuti cominciano ad arrivare. Un volo dell'Unicef ha portato beni di prima necessità: l'organizzazione ha anche distribuito 2.500 kit contenenti utensili per cucinare e 5 mila sacchetti d'acqua da un litro. Un aereo cargo di Medici senza Frontiere ha scaricato materiale sanitario, coperte, teli, set da cucina, tende. Gli Stati Uniti invieranno un'intera brigata di 3.500 soldati, tra cui 2.200 marines ad Haiti; per Barack Obama si tratterà di «uno dei più grandi sforzi umanitari della storia» americana. Dal suo esilio in Sudafrica l'ex presidente di Haiti, Jean Bertrand Aristide, si è detto pronto a tornare nel suo paese per «portare aiuto alla ricostruzione». E mentre la Farnesina è sempre al lavoro per cercare di rintracciare le decine di italiani che mancano ancora all'appello, sul fronte degli aiuti si muove anche il nostro governo: «Ad Haiti siamo stati come forze armate i primi a partire con un ospedale da campo, e ho in mente la possibilità di inviare anche una nave che in una situazione del genere potrebbe essere estremamente utile – annuncia il ministro delle Difesa, Ignazio La Russa, intervenendo alla trasmissione Mattino 5 .- Lo proporrò al presidente del Consiglio».
CAOS – La gente però è esasperata e alcuni scelgono la più macabra delle proteste: secondo un fotografo del settimanale americano Time, per le vie di Port-au-Prince sono stati eretti blocchi stradali utilizzando le macerie e i cadaveri che ancora aspettano una sepoltura. Il presidente haitiano, Renè Preval, ha reso comunque noto che 7 mila corpi sono stati interrati in una fossa comune. Oltre 1.500 morti sono stati ammassati nell'obitorio del policlinico di Port-au-Prince, dove camion requisiti dalla polizia continuano incessantemente a trasportare cadaveri in decomposizione per il caldo tropicale raccolti dalle strade o estratti dalle macerie. Tra le vittime figurano anche 36 membri della missione Onu ad Haiti; i dispersi sono circa un centinaio e le speranze di trovarli in vita si affievoliscono con il passare delle ore, ha detto il portavoce David Wimhurst.
VUOTO DI POTERE – Nelle ultime ore si segnalano anche numerosi saccheggi di negozi di generi alimentari della capitale e la missione di peacekeeping Onu è preoccupata per l'eventuale saccheggio di armi, sostiene l'ambasciatore di Haiti in Argentina, Raymond Mathieu. Il presidente Preval, scampato al crollo della residenza ufficiale, è ricomparso in pubblico ma il caos regna sovrano nella capitale haitiana. In una nazione che nel recente passato ha visto succedersi guerre civili e colpi di stato, il rischio che qualcuno possa approfittare della situazione per conquistare con le armi il potere è alto. L'ambasciatore Benoit ricorda che in febbraio sono previste le elezioni legislative e in novembre quelle presidenziali. «Al momento non so però dire cosa succederà, un rinvio appare probabile», ha detto l'ambasciatore haitiano a Roma che comunque non vuole nemmeno sentire parlare di rischio golpe. «Non esiste il pericolo, le priorità sono altre. E poi i nostri alleati americani si sono mobilitati per aiutarci».
FRONTIERA – Al varco di frontiera più importante tra Repubblica domenicana e Haiti, a un'ora di strada dall'inferno di Port au Prince, «tutto procede bene – racconta all'Ansa un ufficiale dell'esercito dominicano – sono passati solo tantissimi feriti con ogni mezzo, ma è tutto tranquillo… almeno per ora». Ma sotto l'apparenza, cresce il timore che una grande massa di disperati haitiani possa forzare la mano pur di passare il confine. Tanto che giovedì le autorità dominicane avevano lanciato l'allarme alle proprie forze armate, poi rientrato, circa i rischi di un'ondata di profughi alle frontiere, forse armati.
Fonte: www.corriere.it