L’ombra nera del Califfato torna a minacciare la ‘Perla del Deserto’. Conquistata dallo Stato Islamico a maggio del 2015 e poi strappata dai russi ad ottobre, il futuro di Palmira, uno dei gioielli architettonici del Medio Oriente, potrebbe essere di nuovo a rischio dopo che i jihadisti dello Stato Islamico con un’operazione a sorpresa – come fecero in Iraq, dove dall’assediata Mosul arrivarono ad attaccare Kirkuk – sono rientrati nell’antica città carovaniera, di cui hanno già distrutto alcuni dei tesori più preziosi, ad oltre 160 km dalla loro capitale Raqqa. Una mossa che appare innanzitutto di valore simbolico, considerata l’importanza del sito archeologico iscritto dall’Unesco nel Patrimonio mondiale dell’Umanità.
“Ora occupano l’area nord-occidentale. Ci sono anche combattimenti nel centro della città”, ha confermato il direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel Rahman. La riconquista di Palmira era stato il primo grande successo delle truppe di Mosca attive in Siria al fianco del presidente Bashar al-Assad.
La Città delle Palme crocevia del lusso e dei commerci
Situata in un’oasi, Palmira fu nel passato uno dei centri culturali più importanti del mondo antico, luogo di transito delle carovane che attraversavano l’arido deserto al centro della Siria lungo la Via della Seta. Situata a 210 km da Damasco, la ‘Perla del Deserto’, è un’oasi il cui nome apparve per la prima volta su una tavoletta 4mila anni fa. Ma è dopo la conquista romana, a partire dal I secolo avanti Cristo, che Palmira, la Città delle Palme, diventa una località lussuosa ed esuberante, grazie al commercio di specie e profumi, seta e avorio. La via principale, con il lungo colonnato, dava il benvenuto ai carovanieri: 750 colonne allineate su entrambi i lati per quasi un chilometro e mezzo. Nel 129, l’imperatore Adriano la trasforma in città libera e prende il nome di Adriana Palmira; in quell’epoca furono costruiti i templi principali, come quello di Bel – fatto saltare in aria da Isis.
Avvento e declino della regina Zenobia
Nella città veniva venerata la trinità composta dal dio babilonese Bel, l’equivalente di Zeus, Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna) fino a quando, nel II secolo dopo Cristo, non arrivò il cristianesimo. Nel secolo III, approfittando delle difficoltà dell’Impero Romano, la città si trasforma in regno sotto la dinastia Sassanide, che si ribella a Roma. La regina più famosa, Zenobia, nel 270, conquista tutta la Siria, una parte dell’Egitto e anche l’Asia minore. Ma l’imperatore Aureliano riconquista la città, Zenobia è condotta a Roma e Palmira conosce il suo declino.
L’atroce decapitazione del custode e gli altri scempi
Prima dell’inizio della crisi in Siria, nel 2011, Palmira era visitata da oltre 150mila turisti all’anno, che accorrevano per vedere le oltre mille colonne, le statue e la formidabile necropoli di 500 tombe. A ottobre 2015 Isis fece saltare in aria un arco di trionfo di epoca romana di 2.000 anni fa ma già ad agosto era avviata l’opera di distruzione iconoclasta iniziata simbolicamente, prima che sulle antica vestigia, con la decapitazione dell’antico custode della città, l’82enne archeologo Khaled Assad. Poi in rapida successione, il 23 agosto, fu distrutto prima il tempio di Ball Amish, e poi il monumento icona di Palmira, il tempio di Bell. Il 5 settembre toccò alle tombe a torre di epoca romana.(AGI)