A quasi 4 anni di distanza l'ex fuoriclasse francese su El Pais torna sull'episodio della testata a Materazzi: “E’ chiaro che mi dispiace. Però se io chiedessi perdono ammetterei che ciò che ha fatto lui è normale. E per me non fu normale. Mi scusai con la squadra, ma farlo con lui significherebbe mancare di rispetto a me stesso"
{mosimage}MADRID – Stiamo per arrivare al quarto anniversario ma Zinedine Zidane non dimentica. E soprattutto non perdona. Intervistato dal Pais fa attenzione a non nominare mai Materazzi ma non fa nulla per nascondere i propri sentimenti nei confronti del difensore dell’Inter. Anzi. Sembra un fiume in piena Zizou: i ricordi di quel movimentato finale della finale di Berlino appaiono indelebili, e bruciano. Da morire. “Preferisco morire che chiedere perdono a un malvagio” titola El Pais, che ritorna su quello che definisce un “magnifico cabezazo” e lascia la parola al francese.
PREFERISCO MORIRE — “E’ chiaro che mi dispiace. Però se io chiedessi ‘perdono’ ammetterei che ciò che ha fatto lui è normale. E per me non fu normale. In campo succedono tante cose. Non era la prima volta che mi trovavo in una situazione simile ma li non riuscii a resistere. Perché inoltre… non è una scusa, però mia madre stava male. Era in ospedale e questo la gente non lo sapeva. Per me era un brutto momento. Tante volte in carriera hanno insultato mia madre e non ho mai risposto. Però lì… lì risposi. E chiedere perdono a quello… Se fosse stato Kakà, un tipo normale, una buona persona chiaro che gli avrei chiesto scusa. A quello no! Se gli chiedo perdono manco di rispetto a me stesso e a tutte le persone alle quali tengo nel profondo dell’anima. Chiedo scusa al calcio, ai tifosi, alla squadra… Dopo la partita entrai negli spogliatoi e dissi: ‘Scusatemi. Lo so che non cambia nulla, però chiedo perdono a tutti’. Ma a lui non posso. Mai, mai… Sarebbe come disonorarmi… Preferisco morire”. E amen.
I BUONI E I CATTIVI — Zidane cerca di trarre una lettura positiva dall’episodio, o quantomeno una lezione per i ragazzi che cominciano a giocare al calcio, come i suoi due figli tesserati per il Real Madrid. “Ai giovani va detto che si può giocare in maniera più nobile. In campo possono succedere cose sgradevoli ma il calcio è uno sport e non devono esserci umiliazioni. Io parlavo poco però anche io agli avversari dicevo delle cose, a seconda delle persone che avevo davanti. Ci sono rivali decisamente gradevoli, che fanno battute, che fanno ridere. Però in giro c’è anche gente malvagia. E questa persone non le voglio sentir parlare. Cosa mi possono dire? Nella mia carriera ho incontrato avversari divertenti, arbitri gradevoli e compagni che mi facevano ridere tutti i giorni. Come Ronaldo, un Fenomeno in tutti i sensi”.
Fonte: www.gazzetta.it