Il tecnico dell'Inter interrompe il silenzio stampa per scuotere la squadra in vista del Chelsea. E apre un nuovo caso intorno a "Super Mario". Sulla flessione nelle ultime 5 partite di campionato: "Ne abbiamo vinta solo una? Meglio un pareggio, ma onesto"
MILANO – Allenatori in tribuna? Non importa, la squadra che ha carattere sa fare da sola. Balotelli con la febbre? Ma quando mai, una bugia. La sfilata di pareggi? Meglio accontentarsi, anche se potevano essere vittorie. Una chiacchierata con Josè Mourinho, che interrompe il silenzio stampa, non è mai banale, figurarsi in un momento come questo. Con la classifica che s’è ristretta, con la Champions che lo obbliga a sfidare il suo passato recente. Con Milan e Roma che lo costringono, ancora per un po’, a non pensare al Chelsea. E Dio sa quanto la Champions sia tutto per l’Inter e per Moratti.
{mosimage}Old Trafford — Lunedì, festa delle donne, Mourinho s’è dedicato alla moglie Tami: come ogni anno, un regalo e a pranzo assieme. Un po’ di giochi al computer con José Jr, nel pomeriggio, poi ha visto Guimaraes-Nacional (2-0). Ieri sera, però, ritorno virtuale in Europa. Tv sintonizzata sulla Champions, più Arsenal-Porto che Fiorentina-Bayern. Comprensibile, visto che tutto cominciò sulla panchina dei portoghesi. Ancor più comprensibile pensando che oggi sono sei anni esatti dall’1-1 con il Manchester United, ottavi di Champions 2004: gol di Costinha al 90’, la corsa folle di Mourinho per l’Old Trafford, sir Alex pietrificato, e la finale che a quel punto diventava traguardo obbligato.
Abramovich — Di una cosa però è sicuro Mourinho: nessuna emozione quando tornerà a Stamford Bridge. C’è già stato, anche se da spettatore, qualche tempo fa. E questo è servito per metabolizzare la tensione. Per la verità il portoghese aveva cercato di non chiedere niente al Chelsea, facendosi comprare i biglietti da un amico: ma, quando è stato visto in tribuna, hanno avvisato Abramovich che l’ha preteso nel suo palco per il secondo tempo.
Quattro pari nelle ultime cinque partite: preoccupante?
"Ci sono pareggi e pareggi. Quelli per colpa di errori degli altri, quelli che arrivano per colpa nostra".
E l’ultimo?
"Preferisco un pari così, in una partita onesta, in cui la mia squadra ha giocato bene e avrebbe meritato di vincere".
Si è anche parlato della sua assenza dalla panchina: è così importante che ci sia il tecnico?
"Ma io non gioco, non segno, non paro. Se la squadra gioca bene, con l’atteggiamento giusto, non c’è bisogno dell’allenatore in panchina per vincere".
Quando serve il tecnico?
"Quando mancano concentrazione, intensità, aggressività: allora l’allenatore può cercare di aiutare la squadra ma se è lontano dai giocatori, non può fare niente".
Balotelli non era al massimo: colpa della febbre?
"Febbre? Quale febbre? La febbre l’avevo io, non lui…".
Come?
"Io e il dottor Combi sappiamo che Mario non aveva la febbre. Farlo giocare in quelle condizioni non sarebbe stato etico. La febbre di Mario è una bugia".
Fonte: www.gazzetta.it