Una bilancia commerciale che riduce il passivo per l’Italia e un rilancio da parte cinese dell’iniziativa “Belt and Road” di sviluppo infrastrutturale tra Asia ed Europa.
Perché la missione di Mattarella in Cina è importante per l’export
Sono solo alcuni degli elementi che caratterizzeranno la visita del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in Cina, dal 21 al 26 febbraio prossimo, in uno scenario internazionale caratterizzato dall’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump e da quelle “incertezze” lamentate a più riprese da Pechino che si accompagnano all’imprevedibilità del nuovo presidente degli Stati Uniti, alla Brexit e alle elezioni in diversi Paesi europei.
L’Italia recupera posizioni nell’interscambio commerciale
Gli ultimi numeri sull’interscambio commerciale relativi ai primi undici mesi del 2016, riferiti dal sottosegretario allo Sviluppo Economico, Ivan Scalfarotto, e dal presidente dell’agenzia Ice, Michele Scannavini, parlano di un recupero di posizioni dell’Italia rispetto alla Cina: nei primi undici mesi dello scorso anno, l’Italia ha ridotto il deficit della bilancia commerciale che scende sotto i dieci miliardi di dollari, grazie a un aumento delle esportazioni (+4%) e una diminuzione dell’import (-3%) rispetto al 2015. L’Italia cresce in Cina, e la Cina diventa un Paese sempre più strategico per l’Italia, come lo ha definito lo stesso Scalfarotto, a Pechino il mese scorso, in occasione del terzo raduno degli imprenditori italiani nel gigante asiatico organizzato dall’Ambasciata d’Italia in Cina, che si è tenuto allo Yanqi Lake, a nord della capitale cinese.
La crescita è accompagnata anche da alcuni problemi, come le questioni relative alla proprietà intellettuale e i problemi di accesso al mercato interno cinese, ma il 2016 ha segnato un balzo in alcuni settori che hanno dato buoni risultati, quattro su tutti: farmaceutico, automotive, arredamento e agroalimentare, compreso il vino, che ha segnato un forte aumento delle esportazioni verso la Cina, come certificato anche dagli ultimi dati di Nomisma Wine Monitor, che vedono una crescita nel valore delle esportazioni del 39% rispetto all’anno precedente.
Rivive il mito della Via della Seta
La visita del presidente Mattarella in Cina sarà anche l’occasione per fare il punto sull’iniziativa di sviluppo infrastrutturale di iniziativa cinese tra Asia ed Europa “Belt and Road”, che proprio nelle ultime settimane (e negli ultimi giorni) ha segnato un nuovo capitolo. La nuova via della Seta, altro nome con cui l’iniziativa era stata lanciata a settembre 2013 da Xi, sara’ al centro del primo forum per la cooperazione internazionale all’interno del progetto “Belt and Road”, in programma a Pechino il 14 e il 15 maggio prossimi.
In cosa investe la Cina in Italia
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Alla due giorni pechinese è prevista la presenza di almeno venti rappresentanti di altrettanti Paesi, secondo quanto dichiarato al quotidiano China Daily dal consigliere di Stato Yang Jiechi, il diplomatico più alto in grado nella gerarchia cinese: tra i leader che parteciperanno al forum è previsto l’arrivo del presidente russo, Vladimir Putin, e tra gli ospiti potrebbe esserci, secondo le ultime indiscrezioni provenienti da Londra, anche il primo ministro britannico, Theresa May.
Pechino ha voluto sottolineare ufficialmente il carattere inclusivo dell’iniziativa: “la via della Seta”, specifica il governo cinese sul proprio sito web, “è stata proposta dalla Cina, ma non è un assolo della Cina. Un’analogia migliore e’ quella di una sinfonia suonata da un’orchestra composta di tutti i Paesi che vi partecipano”. Cooperazione, dunque, a livello internazionale per migliorare la governance globale, un concetto caro al presidente cinese, Xi Jinping.
Quanto investe la Cina all’estero
All’interno dell’iniziativa “Belt and Road” sono attesi nuovi sviluppi sul piano degli investimenti. Il capo della Safe (State Administration of Foreign Exchange) Pan Gongsheng, aveva chiesto agli investitori cinesi di non avere un approccio “irrazionale” e “cieco” negli investimenti all’estero: gli investitori devono concentrarsi, invece, su accordi e partnership industriali a livello internazionale e convogliare le risorse all’interno dell’iniziativa di sviluppo infrastrutturale tra Asia ed Europa lanciata da Xi. Il tema degli investimenti cinesi all’estero, che lo scorso anno hanno raggiunto quota 170 miliardi di dollari, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’agenzia Xinhua, con una crescita del 44,1% rispetto al 2015, è tornato di attualità a fine novembre scorso, quando Pechino ha deciso una serie di misure per limitare le fuoriuscite di capitali.
L’iniziativa “Belt and Road” può essere uno degli sbocchi principali per gli investimenti cinesi e per l’attrazione degli investimenti da parte dei Paesi che si stendono lungo l’antica via della seta, a cominciare dall’Italia, che è da anni è uno dei maggiori destinatari, in Europa, degli investimenti di Pechino.
La classifica degli investimenti cinesi
Gran Bretagna: 23,6 miliardi di euro
Germania: 18,8 miliardi di euro
Italia: 12,8 miliardi di euro
Il trend ha trovato conferma in uno studio del Rhodium Group e dal Mercator Institute for China Studies di Berlino pubblicato a gennaio 2017: tra il 2000 e il 2016, l’Italia si è classificata terza tra i Paesi dell’Unione Europea, per l’attrazione di investimenti cinesi, a quota 12,8 miliardi di euro, dietro alla Gran Bretagna (23,6 miliardi) e alla Germania, seconda con 18,8 miliardi di euro di investimenti cinesi. Tecnologia, industria, brand legati al lusso e alle eccellenze italiane hanno attirato l’attenzione degli investitori cinesi. A questi settori si è aggiunto, lo scorso anno, anche il calcio, con l’Inter che è passata nelle mani di Zhang Jindong, a capo del colosso dell’elettronica cinese, Suning, e il Milan che attende per l’inizio di marzo il closing della trattativa per il passaggio definitivo del club rossonero dalle mani di Silvio Berlusconi a quelle del consorzio cinese Sino-Europe Sports. (AGI)