Si tratta di un pakistano naturalizzato che avrebbe comprato il Suv posteggiato sulla famosa piazza con a bordo un ordigno artigianale. Fermato su un aereo per il Pakistan in partenza dall'aeroporto Jfk
La caccia all'uomo di Times Square naturalmente era continuata, anche se il sindaco Michael Bloomberg aveva chiarito che per ora non si può parlare di "sospetto". Ma la rivelazione dell'Abc sull'acquisto, avvenuto via Internet, del Suv – "Era un ventenne, massimo trentenne, dall'aspetto arabo oppure latino" – era arrivata mentre il portavoce del presidente, Robert Gibbs, pronunciava per la prima volta dalla Casa Bianca quella parola, "terrorismo", che allungava sull'attentato mancato del 1 maggio l'ombra che non passa dell'11 settembre. La "pista straniera" era anche quella che sbandierata dal sito del "Washington Post" citando fonti governative dopo che lo stesso ministro della Giustizia Eric Holder si era spinto a parlare di "sostanziali progressi nell'inchiesta".
E la paura del ritorno di Al Qaeda era riemersa nelle stesse ore in cui da internet rimbalzano nuove minacce islamiche. Un video ieri aveva mostrato Hakimullah Meshud, il pachistano talebano che gli americani credevano di aver ucciso, ripreso davanti a una cartina degli States punteggiata di esplosioni: "Si avvicina il tempo
in cui i nostri fedayeen attaccheranno gli stati americani nelle loro più grandi città". Il filmato sarebbe dei primi di aprile e – malgrado la smentita di un portavoce – Meshud è pur sempre la mente dietro all'attacco kamikaze che uccise otto agenti Cia qualche mese fa in una base afgana che si presumeva superprotetta: il più grave scacco per l'intelligence Usa.
Non è un caso che la Tsa, l'ente di controllo degli aeroporti, abbia alzato ieri il livello dei controlli "in tutti gli scali della costa orientale" e quindi da Boston a Washington passando naturalmente per New York. Ora la svolta dell'arresto, confermato dal New York Times. Ancora un islamico made in the Usa: come Najbullah Zazi, l'afgano che voleva far saltare in aria lo scorso settembre il metrò di New York. L'American Jhad di cui parla Steve Emerson: l'incubo del terrorista della porta accanto. Al di là del ruolo che l'acquirente del Suv possa avere nella vicenda – l'arrestato era fra l'altro stato recentamente in Pachistan come tanti altri americani allenati nei campi taliban o di Al Qaeda – il punto resta uno: a questo punto non può quasi sicuramente avere agito da solo.
Gli investigatori stanno valutando se il peso del contenitore di armi in cui erano stati ammassati otto sacchetti di fertilizzante – accanto al propano, al gas e ai fuochi d'artificio che dovevano far esplodere l'auto – poteva essere tale da essere trasportato dal conducente solo. L'autobomba è il nuovo incubo di New York. E ieri il "New York Times" – che ha rivelato un piano da 110 milioni di dollari per costruire un reticolo elettronico di telecamere, dispositivi di rilevamento delle targhe e sensori chimici per proteggere il cuore di Manhattan – ha
celebrato l'azione degli artificieri, un corpo qui inventato dal capo della polizia Joe Petrosino, quando le bombe, nei primi del '900, erano gli italiani a metterle. Ma il particolare del fertilizzante è doppiamente indicativo.
Lo stesso sindaco Bloomberg ha definito "amatoriale" il dispositivo, che ricorda gli attentati di Al Qaeda con autobomba, anche quelle falliti, a Londra e Glasgow. Certo, se esploso avrebbe distrutto il Suv in due e provocato una "palla di fuoco" mortale. Ma le vittime sarebbero state molte di più se l'attentatore non avesse sbagliato esplosivo: ha usato del normale fertilizzante invece del nitrato di ammonio con cui Tim McVeigh aveva fatto saltare in aria 15 anni fa Oklahoma City.