Il vicepresidente del Csm smentisce favori particolari da parte dell'imprenditore attorno a cui ruota "appaltopoli"
ROMA – La pubblicazione delle indiscrezioni sulla cosiddetta lista di Anemone, ovvero l'elenco delle personalità che avrebbero beneficiato di favori da parte dell'imprenditore romano e delle sue imprese, sta iniziando a creare subbuglio nei palazzi della politica. E a scatenare le prime reazioni e prese di distanza. Il capogruppo dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, arriva addirittura a parlare di «liste di proscrizione»: «Siamo in una situazione per un verso paradossale per un altro verso gravissima: prima vengono offerti in pasto elenchi di nomi poi, chissà quando, verranno fatte le indagini. Nel frattempo ogni nome è offerto al massacro mediatico, indipendentemente dalle ragioni per cui esso si trova nel computer di Anemone. Ovviamente il segreto istruttorio è praticamente annullato da tempo e in compenso ci troviamo di fronte all'ennesima lista di proscrizione». Il leader della Lega Nord,Umberto Bossi, parla invece di un’inchiesta «un po’ strana», forse «un po’ preparata», ma precisa che anche se dovessero essere coinvolti altri ministri «finchè ci siamo io, la Lega e Tremonti, il governo non rischia, non lo buttano giù». Una risposta indiretta, insomma, alle preoccupazioni del premier che teme scossoni sull'esecutivo nel caso di un coinvolgimento di altri ministri o funzionari importanti di ministeri. Il capogruppo dell'Idv alla Camera, Massimo Donadi, ha invece parlato di «una ragnatela della vergogna e del malcostume» e sottolineato che «per chiarire interessi e rapporti di questa Spectre (la fantomatica organizzazione criminale con cui aveva a che fare il personaggio di James Bond, ndr) di affaristi e funzionari è opportuna una commissione parlamentare d'inchiesta». Per il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, infine, «bisogna andare assolutamente a fondo perchè con tutta evidenza non si tratta di una somma di casi ma di un meccanismo che ha origini in un'intenzionalità politica di allargamento di appalti riservati e fuori gara in un'applicazione distorta delle direttive comunitarie». Il capo dei democratici ha poi fatto notare che in caso di problemi per il governo e di elezioni anticipate «noi siamo sempre pronti».
«LAVORI A MIE SPESE» – Tra i nomi eccellenti chiamati in causa nel documento c'è quello diNicola Mancino, vicepresidente del Csm. Che ora replica: «Il signor Anemone non mi ha fatto alcun regalo». «A seguito della mia nomina a ministro dell'Interno», risalente al '92, ha spiegato Mancino, «vennero commissionati dal Sisde all'impresa del signor Diego Anemone lavori di messa in sicurezza dell'appartamento da me allora abitato, in locazione a Roma in corso Rinascimento 11. Si trattò essenzialmente della blindatura di porte e di finestre». Nel 2004-2005 Mancino si trasferì in via Arno. «Feci eseguire a mie spese – ha detto ancora il numero due di Palazzo dei Marescialli – modesti lavori di messa in opera di due librerie a muro e di un armadio, anch'esso a muro: fu naturale per me rivolgermi ad un'impresa che godeva della fiducia di istituzioni prestigiose, e perciò dava garanzie di affidabilità». Alla luce di ciò, Mancino ha ribadito che «da me l'imprenditore Anemone non ha avuto alcun tipo di protezione nè io ho avuto da lui alcuna «regalia» come si è scritto».
«MAI CONOSCIUTO» – Anche Gaetano Silvestri, giudice della Corte costituzionale, ha deciso di intervenire in merito «ad alcune illazioni comparse su organi di stampa». E lo ha fatto dichiarando in una nota «di non conoscere e di non aver mai conosciuto il signor Anemone; di non possedere e di non aver mai posseduto immobili di qualunque genere a Roma». Inoltre ha auspicato «che il proprio nome non venga più accostato a vicende alle quali è totalmente estraneo».
«MA IO SONO IN AFFITTO» – Nel listone c'è finito anche Andrea Monorchio, ex Ragioniere generale dello Stato. «È una cosa che mi ha molto sorpreso – ha commentato il diretto interessato -, non ho mai avuto a che fare con lui». Poi ha precisato: «Vivo in via Sistina, ma sono in affitto e i lavori di ristrutturazione dell'appartamento sono stati realizzati dal proprietario». Anche Cesara Buonamici, giornalista Mediaset, comparsa a sua volta nell'elenco, ha precisato di essere solo «affittuaria» dal 2003 dell'appartamento per cui è chiamata in causa. «L' appartamento – ha precisato – è di proprietà di un ente, pertanto i lavori di ristrutturazione non sono stati commissionati dalla sottoscritta, ma dall' Ente prima del mio ingresso».
«CLAPS? NON SIAMO NOI» – Tra i nomi che hanno suscitato curiosità c'è anche un Claps associato in un appunto alla città di Potenza. E proprio di Potenza era Elisa Claps, la ragazza il cui cadavere era stato trovato lo scorso 17 marzo nel sottotetto di una chiesa. Ma la famiglia della giovane ha chiarito la propria estraneità: «A Potenza – ha spiegato Gildo Claps, fratello di Elisa – il nostro è un cognome diffuso. La mia famiglia non ha nulla a che vedere con queste vicende e non conosce queste persone. In questo momento abbiamo solo bisogno di conoscere la verità sulla storia di Elisa, queste confusioni alimentate dalla stampa non fanno altro che rendere ancora più ingarbugliata una vicenda già oscura e complicata».
Fonte: www.corriere.it