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Home > L’Aquila, ultimo appello “O arrivano i fondi o si muore”

L’Aquila, ultimo appello “O arrivano i fondi o si muore”

23 de junho de 2010 - Por Comunità Italiana

"Le new town non sono una soluzione definitiva, noi vogliamo tornare a casa nostra"

L'AQUILA – Guardi l'affresco che racconta la vita e il martirio di San Massimo, nell'abside della cattedrale. Dietro le spalle, nella navata centrale, migliaia di tubi Innocenti e putrelle cercano di tenere fermi i muri dell'antica chiesa. Poi guardi in alto e non vedi la cupola ma il cielo. La chiesa più importante dell'Aquila è spezzata: dove c'era l'altare, solo un immenso cumulo di macerie alto fino a sei, sette metri. E sopra il vuoto. È diventato il simbolo di questa città, il duomo aquilano: un vuoto circondato da mura esili e spezzate. Una città che oggi ha capito di essere di fronte a un bivio: o arriva l'ossigeno di nuovi finanziamenti, oppure diventerà una città morta, come Pompei.

"Per la ricostruzione non c'è un soldo", dice il sindaco Massimo Cialente. "Io non faccio polemiche, ma a Roma forse qualcuno pensa che le new town, le città provvisorie che abbiamo costruito, forse diventeranno la nuova Aquila. Almeno abbiano il coraggio di dircelo".

L'altro giorno ventimila aquilani hanno sfilato in corteo e 5.000 hanno occupato l'autostrada. Nemmeno un cenno sul Tg1 e Tg2. Non c'erano case colorate da mostrare e bottiglie di spumante stappate da aquilani riconoscenti. Il sindaco ha allora invitato direttori di quotidiani e di tg e li ha portati nel silenzio del centro. Reti Fininvest e Tg1 hanno ritenuto opportuno non inviare nessuna troupe. "Vi ho chiamati perché voi siete gli occhi del Paese. Avete raccontato la grande solidarietà dell'Italia, del governo e della Protezione civile. Diciamo grazie ancora una volta. Ma oggi tutto è fermo e noi aquilani che chiediamo di avere un futuro siamo additati come ingrati, incontentabili e addirittura pericolosi. L'ultima visita del premier Berlusconi è datata 29 gennaio 2010, quando si è cominciato a capire che i denari per la ricostruzione non c'erano. Ho visto un governo imbarazzato perché ha capito che, senza una tassa di scopo, un contributo di solidarietà di tutti gli italiani, non era più possibile assicurare alla città un flusso costante di risorse".

L'Aquila, coperta di puntelli, è diventata una città di ferro. Ma i cantieri dove si lavora si contano sulle dita di una mano. "Ci sono ditte che falliscono – dice il sindaco – perché hanno fatto lavori e non sono state pagate e ora tutto è fermo. In compenso, spendiamo dai 15 ai 16 milioni al mese per mantenere negli hotel o in appartamenti affittati migliaia di persone che potrebbero essere già nelle loro case se i lavori per le case B e C, quelle con danni non gravi, fossero partiti in tempo". La chiesa di San Pietro, dove gli aquilano si sposavano. La piazza che la sera riuniva i mille studenti nel "giovedì universitario", le strade dove non si può entrare perché piene di macerie… "Vorremmo fare capire che siamo un pezzo d'Italia e che gli italiani dovrebbero sentire l'orgoglio di salvare questo pezzo d'Italia. Senza tassa di scopo noi non abbiamo speranza. Per salvare il centro servono 9 miliardi di euro e il Comune non ha i soldi nemmeno per tagliare l'erba nei parchi o aggiustare i campi sportivi devastati dalle tendopoli dell'emergenza".

Ai Quattro cantoni un gruppo di aquilani grida contro il governo e anche contro il sindaco. "Raccontate solo bugie. Noi non possiamo nemmeno entrare nella nostra città. Siamo terremotati di serie B e cittadini di serie Z". "Nella mia new town di Camarda – dice Annamaria Barile – vogliono fare i centri di aggregazione, come se dovessimo restare per sempre. E non c'è nessun servizio: a portare la frutta vengono gli ambulanti da Napoli. Noi vogliamo una cosa sola: tornare a casa nostra". La new town di Sant'Antonio è l'unica vicina al centro storico. I pochi abitanti ai balconi, alla vista delle telecamere, per non sentirsi in uno zoo si chiudono subito in casa. Alle finestre, qualche tricolore. Con il Mondiale c'è la speranza di sentirsi italiani e non solo terremotati. 


Fonte: www.repubblica.it

Comunità Italiana

A revista ComunitàItaliana é a mídia nascida em março de 1994 como ligação entre Itália e Brasil.