La replica a Saviano sui pm di Milano è un altro atto per accreditare una nuova discesa in campo. Sono stati i finiani a far circolare il sospetto che la primogenita punti a Palazzo Chigi
ALL'INSEGNA dell'indicibile, "Scende in campo Marina B." Così annunciava ieri in prima pagina il Giornale della Real Casa. Laddove l'indicibile e il non-detto stanno nel fallimento politico, nel declino biologico e nell'ormai evidente inadeguatezza psico attitudinale del presidente sovrano, malato di quella cosa lì.
Mentre nella rievocata possibilità che veramente scenda in campo sua figlia, Marina B., anche stavolta e di nuovo pare di cogliere quella garanzia di continuità che spesso solo la successione del sangue riesce ad assicurare ai regni in pericolo.
Il messaggio oltretutto è avvalorato, al di là di qualsiasi imminente smentita, dalla grande foto a colori di lei che fissa il lettore con un'espressione piuttosto famigliare. Nel senso che quell'immagine levigatissima, quegli occhi distanti, quelle labbra rese sensuali, e il colore non proprio naturale dei capelli, il vago sorriso di chi la sa lunga, la pelle troppo liscia, e in fondo anche il combinato disposto orecchini-collana e perfino il misterioso fondale che condivide con l'ignaro Saviano, ecco tutto grida al mondo che Marina è tutta sua padre, una specie di giovane Berlusconi con parrucca da donna, un promettente e chirurgico photo-shop di quelli che si adattano al potere in questo tempo di indizi mirabolanti e di riemersioni arcaiche.
Che sia la volta buona, e quindi prossima l'abdicazione di re Silvio, è difficile dire. Di solito queste scelte si praticano e non si annunciano, ma il parlarne ripetutamente vuol dire sempre qualcosa,
se non altro un tentativo di saggiare il terreno, o di far abituare all'idea.
E dunque: Marina, Marina e Marina. Già due mesi orsono in ambito berlusconiano (ancora Sallusti, Prestigiacomo, Stracquadanio) la eventuale soluzione della primogenita presidentessa Mondadori, nonché consigliera di Mediobanca, ben piazzata nelle classifiche Forbes sulle donne potenti e fresca vincitrice di Ambrogino d'oro, fu larvatamente segnalata e sollecitata – e non esattamente per i suoi meriti, che pure ci saranno, ma per la situazione di grave disagio in cui si era andato a cacciare l'anziano leader e genitore con il Ruby-gate.
Erano pure i giorni di Pompei, neanche a farlo apposta, e in quella specie di sogno selvaggio che da qualche tempo sono le cronache politiche dei giornali andavano affollandosi le più torve e buffonesche ricadute del bunga bunga. I primi filmati dei convogli di Lele Mora a Villa San Martino; la nota di smentita ufficiale attraverso cui il ministro dell'Economia Tremonti negava di aver usato il termine "puttanella" in un colloquio con l'ex presidente della Camera Casini; la possibilità che Noemi facesse causa a Ruby per alcune sue incaute valutazioni; l'arrivo nei pornoshop dell'antesignano video ispirato ai festini di Villa San Martino, starring Richard Malone e Nikki Cox; la risposta forse tardiva, ma certo originale del leader del Pd Bersani che aveva ritenuto di partecipare a una festa da ballo al centro anziani di Pietralata, festa significativamente intitolata: "Chi Ruby e chi la Rumba".
Ecco, in questa temperie di gioviale e imbarbarito estraniamento bastò che Marina insorgesse a difesa del padre contro una battutaccia dell'onorevole Bocchino perché l'ipotesi di un passaggio di potere in famiglia si affacciasse dalla finestra che dà sullo scombinato paesaggio politico italiano. Poi però dalla porta maestra dell'azienda berlusconiana, cioè dalla Fininvest, tale possibilità venne risolutamente esclusa con un comunicato che diceva: "Dobbiamo ribadire che non c'è nulla di vero. Si tratta di semplici illazioni e di ipotesi che non sono mai esistite".
Il problema è che di norma i poteri tengono più a loro stessi che al resto, compresa la verità, per cui sul tema volle dire la sua anche l'altro principe, Piersilvio, che pure lui smentì il "rischio" – questa la parola usata – di una monarchia. Insomma, l'unico a non parlare fu il padre-presidente, e la scelta ereditaria ritornò dunque fra le mura di Arcore, dei palazzi Chigi e Grazioli, oltre che di Cologno e di Segrate. Da cui l'ha involontariamente ritirata fuori Saviano, con cui Marina nuovamente se l'è presa, all'insegna dell'"orrore", iperbolico sentimento mai come oggi profuso a piene mani.
Per molte cose lo si può provare, in effetti, anche per i rotocalchi che nel duplice sforzo di divertire gli editori divertendoli ne mostrano i corpi nudi e raccontano di come festeggino i loro pubblici e privati compleanni "inscenando per gli amici e i parenti anche una scherzosa lap-dance con una scopa", ah, che simpatico! A questo punto, e con l'aria che tira, il giornalismo politico non si sente in condizione di escludere nulla.
Fonte: www.repubblica.it