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Home > Notte di raid. E Gheddafi attacca i ribelli Precipita un F15 americano, salvi i piloti

Notte di raid. E Gheddafi attacca i ribelli Precipita un F15 americano, salvi i piloti

22 de março de 2011 - Por Comunità Italiana

Colpiti obiettivi a Tripoli e Sirte. Le truppe del Colonnello puntano su Zintan e Misurata. Arrestati tre giornalisti

MILANO – Mentre la diplomazia internazionale continua a discutere sull'evoluzione della crisi libica, con l'Italia che chiede con forza il passaggio alla Nato del comando delle operazioni, la Libia è uscita dalla terza notte consecutiva di bombardamenti aerei. E in mattinata le forze fedeli a Gheddafi hanno sferrato un nuovo attacco contro le posizioni degli insorti a Zintan, cittadina a 120 chilometri a sud-est di Tripoli, attaccata con armi pesanti, secondo quanto riferito dalla tv araba Al Jazeera. E altri attacchi sono stati riferiti dalla Bbc nella città di Misurata, dove testimoni citati dalle tv parlano di tank in azione. Tra le vittime di questi ultimi ci sarebbero anche quattro bambini, uccisi da un colpo sparato da un carroarmato che ha centrato l'auto su cui viaggiavano. Un portavoce dei ribelli ha parlato di un bilancio parziale di 40 vittime e di almeno un centinaio di feriti: «Le brigate di Gheddafi continuano a sparare – ha spiegato alla tv araba Al Arabiya – ed usano i civili come scudi umani».

 

L'F15 PRECIPITATO – C'è poi la segnalazione del Daily Telegraph di un aereo da guerra americano, un F-15E Eagle, precipitato, sembra per un guasto. Uno dei due piloti, riuscito a catapultarsi fuori dal velivolo, è stato poi salvato dai ribelli; l'altro è stato recuperato nei minuti successivi da forze della coalizione. La notizia è stata data da un corrispondente del quotidiano in Libia ed è poi stata confermata anche dall'Africa Command, il comando militare Usa delle operazioni in Libia, che ha parlato di «avaria tenica».

 

I RAID NOTTURNI – Nel mirino dei raid aerei condotti durante la notte erano finiti soprattutto obiettivi legati alla difesa aerea libica a Tripoli e Sirte. Si sono uditi colpi di contraerea seguiti da esplosioni anche a Bab al-Aziziya, la zona in cui si trova anche il bunker di Gheddafi, colpita la notte prima da alcuni missili, che hanno distrutto un edificio che ospitava un centro di «comando e controllo» delle forze libiche. La televisione di Stato libica ha accusato la Danimarca dell'attacco di domenica, da cui gli Usa avevano preso le distanze spiegando di non avere tra gli obiettivi l'eliminazione del Colonnello (di cui si auspica tuttavia l'abbandono del potere, spontaneamente o sulla base delle spinte da parte della popolazione libica). «L'offensiva contro Bab al-Aziziya è stata comandata dalla Danimarca», ha riferito l'emittente, leggendo un comunicato in inglese, citato dalla Bbc.

 

SCUDI UMANI VOLONTARI E NO – Proprio attorno all'area in cui risiede il Rais si stanno alternando alcuni sostenitori che si sono resi disponibili a fare da scudi umani per indurre gli aerei della coalizione a non sganciare bombe. Ma si parla anche di civili costretti a radunarsi nei pressi degli obiettivi a rischio contro la loro volontà. Non solo: anche i giornalisti stranieri verrebbero utilizzati allo scopo. Il Times di Londra rivela che un attacco è stato annullato dopo che alcuni reporter sono stati condotti nella zona del bunker del rais apparentemente con lo scopo di far constatare loro la situazione. Manifestazioni a sostegno di Gheddafi, in ogni caso, si susseguono quotidianamente nella capitale.

GLI ALTRI OBIETTIVI – I raid della coalizione internazionale hanno colpito anche una base navale situata 10 chilometri a est della capitale, dove sarebbe scoppiato un incendio, secondo quanto riferito da diversi testimoni. Le forze armate statunitensi hanno invece annunciato di avere lanciato 20 missili Tomahawk nelle ultime 12 ore. Complessivamente sono 159 i missili Tomahawks lanciati da Stati Uniti e Regno Unito nell'ambito dell'operazione militare avviata sabato scorso dalla coalizione internazionale.

«ROVESCIARE GHEDDAFI» – Sul fronte politico, intanto, arriva la netta presa di posizione diIbrahim Dabashi, numero due della missione libica all'Onu e tra i primi a defezionare già all'inizio della rivolta, intervistato a New York dal Tg3: secondo il diplomatico, la prima cosa da fare in Libia è «delegittimare il regime di Gheddafi e ottenere il riconoscimento del consiglio di transizione nazionale quale unico rappresentante del popolo libico». Dabashi ha confermato l'esistenza di un «coordinamento tra la coalizione e la gente a Bengasi, specialmente tra i comandi militari», ma anche a New York dove «siamo in contatto con i paesi coinvolti nel bombardamento». Dabashi, ora passato dall'altra parte, ha comunque fatto parte dell'establishment e il rais lo conosce bene: «Gheddafi vive come un topo che costruisce tane sotterranee. E sempre, anche quando sta a casa sua, la sua priorità è di avere a disposizione vie di fuga verso l'esterno da dove fuggire quando è in pericolo. Ma alla fine non potrà scappare, finirà nelle nostre mani o verrà ucciso».

«MA DECIDANO I LIBICI» – Una replica indiretta a Dabashi arriva da Amr Moussa, segretario generale della Lega Araba: «Resto dell'idea che sia giusto impedire che vengano uccisi i civili e che a decidere la permanenza al potere di Muammar Gheddafi debba essere il popolo libico e non altri – ha detto al quotidiano arabo Al Hayat -. Il nostro non è stato un passo indietro, vogliamo proteggere i civili libici e lasciare loro la libertà di scelta, ma al contempo non vogliamo che vengano attaccati. Per questo vogliamo la no-fly-zone e l'applicazione delle risoluzioni dell'Onu».

LA MISSIONE DEI TORNADO – Intanto l'Aeronautica italiana comunica che si sono concluse «positivamente» le «missioni di "accecamento"» dei siti radar libici condotte dai Tornado Ecr di stanza a Trapani. «Il positivo esito di una missione Sead (acronimo che sta per soppressione dei sistemi di difesa aerea, ndr) può essere di fatto conseguito anche in funzione di deterrenza, quando nell'ambito di un'operazione aerea complessa non viene rilevata la necessità di utilizzare l`armamento in dotazione al velivolo in quanto i sistemi radar presenti sul territorio ostile vengono appositamente spenti per non essere localizzati e successivamente colpiti, ha spiegato l'Aeronauitica italiana. «Ciò rende di fatto inoffensivi, come accaduto in queste prime missioni dei Tornado italiani, i sistemi di difesa aerea».

GIORNALISTI ARRESTATI – Mentre lunedì il New York Times ha annunciato il rilascio dei quattro suoi giornalisti fermati la scorsa settiamna, arriva oggi la notizia della formalizzazione dell'arresto di due reporter dell'agenzia France Presse e un fotografo della Getty Images, fermati il 19 marzo nella zona di Tobruk. La conferma è arrivata dal loro autista. I giornalisti dell'Afp sono Dave Clark (britannico) et Roberto Schmidt (con doppio passaporto colombiano e tedesco) e il corrispondente americano di Getty Joe Raedle . L'autista, Mohammed Hamed, tornato domenica sera a Tobruk ha spiegato di aver preso a bordo i tre uomini venerdì mattina a Tobruk, città controllata dai ribelli, per accompagnarli sulla strada che porta a Ajdabiya. A poche decine di chilometri da Ajdabiya la loro auto ha incrociato una colonna di mezzi militari libici che li ha costretti a fermarsi. Fatti scendere sotto la minaccia delle armi i tre hanno cercato di spiegare di essere giornalisti (Dave Clark, gridava «sahafa, sahafa» (stampa, stampa), racconta l'autista). I tre giornalisti sono quindi stati fatti salire su un mezzo militare e portati via verso una destinazione sconosciuta.

 

Fonte: www.corriere.it 

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A revista ComunitàItaliana é a mídia nascida em março de 1994 como ligação entre Itália e Brasil.