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Primavera nordafricana

31 de março de 2011 - Por Comunità Italiana

Europa e Israele guardano con un misto di paura e speranza alle rivoluzioni nordafricane

L’Italia vista dall’Africa è piccola, e la Sicilia è più vicinaa Tunisi che a Roma: queste considerazioni mi tornavano spesso in mente in questi giorni, assistendo alle rivoluzioni dei popoli nordafricani contro regimi che da venti o quaranta anni avevano impedito il ricambio democratico della classe politica al potere.

E’ successo in Tunisia con la caduta di Ben Ali, in Egitto con Mubarak,in Libia con Gheddafi.

Paesi vicini anche se diversi, accomunati da una comune aspirazione della giovani generazioni – che in queste nazioni rappresentano oltre il cinquanta per cento della popolazione!– alla democrazia ed alla libertà.

Non rivoluzioni fondamentaliste o islamiche quindi, anche se spesso il grido di vittoria che giunge alle nostre attente orecchie è quello di “Allah è grande!”

Rivoluzioni che guardano più ad occidente che a oriente, più a Obama che a Bin Laden; un dato di fatto che dovrebbe farci riflettere e aumentare il nostro senso di responsabilità rispetto alla necessaria e utile cooperazione con Paesi che – per quanto vicini e pressoché “confinanti” con l’Italia, sia pure si tratti di un confine marino – non abbiamo mai volutoconsiderare come partners naturali, o meglio ancora come la naturale estensione meridionale della nostra piccola evecchia Europa.

Ancora una volta è stato un leader politico d’oltre oceano, il Presidente Obama,a rivolgersi per primo e con parole nuove – parole di apertura, ottimismo e speranza– a questi popoli.

Sbaglieremmo infatti a non collegare i fatti di questi giorni con lo storico e coraggioso discorso pronunciatoun anno fa proprio al Cairo da Barack Obama: a insorgere sono state quelle stesse giovani generazioni arabe che si erano riversatesulla piazza della capitale egiziana per ascoltare le parole del primo Presidente nero degli Stati Uniti d’America

Israele in questo momento appare perplesso e indeciso: da un lato forse preoccupato dalla caduta di leader vicini “moderati” ma dall’altro speranzosa che le rivoluzioni si concludano con un esito democratico privo di pregiudizi religiosi e preconcette ostilità.

Anche in Italia si assiste con atteggiamento ambivalente a quanto succede sull’altra sponda del Mediterraneo. Inquesto caso l’indecisione è dovuta principalmente alla paura che il crollo della “diga” costituita dai regimi ‘amici’ di Tunisi,Tripoli e Il Cairo, porti con sè come prima conseguenza lo sbarco sulle nostre coste di centinaia di migliaia di profughi e immigrati clandestini.

La democrazia è sempre stata, storicamente, un processo e non un fatto compiuto.

Anche la massiccia emigrazione italiana della fine dell’ottocento e dell’inizio del novecento è stata in qualche modo collegata al processo di costruzione dello Stato italiano unitario; saràanche grazie a quell’emigrazionedi massa che si realizzerà in Italia il primo processo di modernizzazione del Paese. Ugualmente, la prima e la seconda guerra mondiale furono all’origine della seconda e della terza grande ondata migratoria; confermando in questo caso, un’altra importante ma spesso dimenticata relazione: quella tra i conflitti bellici, le rivoluzionie le ondate migratorie.

Silenzioso testimone di tutto ciò il Mar Mediterraneo, che dopo aver visto salpare da Napoli e Genova milioni di emigrati italiani assiste oggi, dai porti di Sfaxo Bengasi, all’esodo di migliaia di giovani nordafricani verso le coste della Sicilia.

Comunità Italiana

A revista ComunitàItaliana é a mídia nascida em março de 1994 como ligação entre Itália e Brasil.