{mosimage}Google ci rende "stupidi" o quanto meno smemorati, 'attutendo' le nostre naturali capacità di memorizzare informazioni: infatti, la possibilità di fare ricerche online, di trovare su Google o altri motori di ricerca risposte istantanee a tutte le nostre domande ci ha "impigrito". Insomma, internet e il pc sono divenute le nostre "memorie esterne" che ricordano per noi quel che abbiamo smesso di memorizzare. E' emerso da una ricerca pubblicata sulla rivista Science da Betsy Sparrow della Columbia University di New York: memoria e capacità di apprendimento, rivela una serie di test effettuati su un gruppo di giovani, sono cambiate adattandosi all'uso di internet, Google e siti che tappano i nostri buchi di conoscenza. Internet, spiega la Sparrow, è divenuta la nostra "memoria transattiva", una "banca" che memorizza per noi informazioni che noi potremo ritrovare quando vogliamo senza prenderci la briga di memorizzarle nel nostro cervello.
Ormai da alcuni anni Google, il motore di ricerca per antonomasia, è "sotto accusa", e con lui internet, perché ci distrae, cambia il nostro modo di prestare attenzione alle cose, riduce la nostra concentrazione e la capacità di stare fissi su un lavoro o su una lettura per un tempo ragionevole. Nicholas Carr nel suo libro 'The Shallows: How the Internet is Changing the Way We Think, Read and Remember' dice che internet ci rende superficiali, iperattivi, deconcentrati, smemorati. Una parziale riabilitazione dei motori di ricerca si ritrova solo in un lavoro di Gary Small dell'Università di Los Angeles secondo cui navigare su internet migliora le performance cognitive di adulti e anziani e il cervello viene positivamente stimolato dalle ricerche online e acquisisce migliori funzionalità. La Sparrow, però, ha dimostrato che internet, se non fa male alla nostra memoria, quantomeno la impigrisce: il punto è che facciamo molto, forse troppo, affidamento sulla rete e sul pc, tanto da averli trasformati nelle nostre memorie transattive. Una memoria transattiva non è altro che un 'magazzino di informazioni' esterno al nostro cervello. Per esempio il nostro partner può essere la nostra memoria transattiva se è sempre e solo lui a ricordare per noi le bollette di casa in scadenza. La Sparrow ha posto una serie di test di memoria a un gruppo di studenti. I giovani erano sottoposti a vari quiz e in seguito li si 'interrogava' per vedere cosa ricordavano delle informazioni apprese durante i quiz. Mentre eseguivano i quiz i giovani potevano prendere nota su un pc temporaneamente offline delle informazioni di loro interesse. In primis è emerso che i giovani tendono a prendere nota di fatti da approfondire non appena avranno accesso al web. Ma non è tutto: a metà dei volontari la Sparrow diceva che le loro note sarebbero state salvate nel pc e quindi accessibili in seguito, agli altri che sarebbero state cancellate. Ebbene, 'interrogato' successivamente, il primo gruppo non ricordava molto di quanto appreso durante i quiz, chiaramente perché si affidava al fatto che le note erano state salvate sul pc; l'altro invece aveva memorizzato le informazioni apprese durante i quiz. In un altro test, al primo gruppo veniva anche detto in quale cartella del pc sarebbero state salvate le proprie note: interrogati di seguito l'unica informazione saliente che ricordavano era proprio la cartella in cui andare a ripescare le note, ma sul contenuto delle note stesse tabula rasa. Insomma il nostro cervello non si affatica più a ricordare informazioni che sa che potrà trovare quando vuole nella sua 'memoria esterna', cercando su un motore di ricerca o su Wikipedia. Ci affidiamo a internet come fosse la nostra memoria esterna, correndo un rischio 'amnesia' qualora essa subisse un danno.
Fonte: Ansa