E' stata costruita "una campagna di insinuazioni e sospetti nei confronti del presidente della Repubblica e dei suoi collaboratori: una campagna costruita sul nulla". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, avvicinato dai giornalisti all'Aquila.
Il Capo dello Stato ha spiegato con toni estremamente decisi che questa "campagna" è stata costruita "sul nulla". Cioé, ha spiegato, "si sono riempite pagine di quotidiani con le conversazioni telefoniche intercettate in ordine alle indagini giudiziarie in corso sugli anni delle più sanguinose stragi di mafia degli anni 1992-93". E, ha detto ancora, "sono state fatte interpretazioni arbitrarie e tendenziose, ci sono state talvolta persino versioni manipolate". Ma Napolitano ha voluto anche sottolineare che "coloro che sono intervenuti sulla vicenda, e stanno intervenendo, avendo una seria conoscenza del diritto e delle leggi, e dando una lettura obiettiva dei fatti, hanno ribadito l'assoluta correttezza del comportamento della presidenza della Repubblica". Un comportamento "ispirato soltanto a favorire la causa dell'accertamento della verità anche su quegli anni".
In queste settimane sono comparse sui quotidiani anche "interpretazioni arbitrarie e tendenziose, talvolta persino versioni manipolate" che riferivano di atti di indagini giudiziarie sulle "più sanguinose stragi di mafia degli anni Novanta".
Quella della riforma delle norme sulle intercettazioni è "una scelta che spetta al Parlamento", ma è una questione che già da tempo andava "affrontata e risolta sulla base di un'intesa la più larga possibile". Ha affermato Napolitano.
"Ho reagito con serenità e la massima trasparenza" agli attacchi che hanno investito il Quirinale. Ha garantito Napolitano spiegando che continerà "ad andare avanti nel modo più corretto ed efficace anche attraverso i necessari coordinamenti dell'azione della magistratura".
SEVERINO, LEGGI RISPETTATE, NESSUN INTERVENTO
Sulle stragi di mafia dei primi anni '90 e' doveroso fare "piena verità" "senza guardare in faccia a nessuno", ma nell'iter delle indagini sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia "non appare configurabile alcuna violazioni di legge" e quindi il ministero della Giustizia non interverrà. E' netta la posizione esposta al question time dal Guardasigilli Paola Severino, che chiede di evitare ogni "strumentalizzazione". Netta quanto l'interrogazione del leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, che ha firmato il testo e in Aula ha incalzato il ministro, tornando a chiedere con forza un intervento ispettivo. La materia è ormai incandescente. Proprio l'Italia dei Valori, in questi giorni, si è fatta portavoce di una serie di iniziative, tra cui la richiesta di una commissione d'inchiesta. Il caso è quanto mai delicato, perché lambisce il Quirinale, con le telefonate intercorse tra l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino e il consigliere giuridico del Colle, Loris D'Ambrosio. Conversazioni che sono state intercettate, perché Mancino è indagato per falsa testimonianza dai pm di Palermo che hanno in mano il caso. Su questo punto la Presidenza della Repubblica ha già risposto nei giorni scorsi parlando di "irresponsabili illazioni". Le ricostruzioni giornalistiche, però, si susseguono. L'ultima arriva da Panorama, che nell'anticipazione di un articolo in uscita nel prossimo numero, sostiene che "un sospetto forte irrita il Quirinale": "l'ipotesi che siano state ascoltate anche le telefonate del presidente Giorgio Napolitano mentre parlava con persone intercettate". Il Pd non ci sta e per bocca del segretario Pierluigi Bersani bolla come "operazione inaccettabile" le "insinuazioni nei confronti del Capo dello Stato, basate su distorsioni dei fatti. Respingeremo con fermezza – aggiunge – ogni speculazione nei confronti del Presidente della Repubblica". Fermo anche il segretario Pdl Angelino Alfano: "Occorre sospendere immediatamente – afferma – la campagna mediatica contro la Presidenza della Repubblica, in nome di quella rappresentatività alta che la stessa, istituzionalmente, garantisce al Paese. E' incomprensibile, infatti, come l'uso improprio delle intercettazioni colpisca persino il Colle, prestandosi a usi pericolosamente strumentali che arrivano a sfiorare ogni livello istituzionale oltre il semplice cittadino che ha ben pochi strumenti per difendersi". Ma proprio sul nodo delle telefonate è tornato insistentemente Di Pietro alla Camera, citando anche le conversazioni di Mancino col procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani. E con l'ex pg della Cassazione, Vitaliano Esposito: "Mancino lo chiamava 'guaglio'", ha rimarcato. Di Pietro legge un testo differente da quello depositato. "Rilevo che l'oggetto dell'interrogazione era formulato in maniera originariamente diversa", esordisce infatti il ministro Severino, che non tocca il tema delle telefonate, ma si concentra sull'aspetto tecnico che avrebbe potuto motivare o meno un intervento del ministero: le procedure applicate dal Procuratore della Repubblica di Palermo, Francesco Messineo. Quest'ultimo, secondo ricostruzioni di stampa, non avrebbe voluto assentire agli atti dei sostituti inquirenti. Di Pietro si chiedeva, nei giorni scorsi, se questo rifiuto non fosse da mettere in relazione "con persuasivi interventi esterni". Cioé, con forme di pressione. Ma al question time, Severino ha passato in rassegna la normativa vigente, che "non prevede che gli atti relativi all'avviso di conclusione indagini siano sottoposti ad alcun visto di approvazione da parte del procuratore capo" quando questi non sia sia co-assegnatario del procedimento. Né il programma organizzativo della Procura di Palermo "prevede l'apposizione del visto". Insomma, norme e regolamenti non sono stati violati. Quindi "non sono attivabili iniziative di carattere ispettivo o di natura ministeriale". Altra cosa è la necessità di far luce, a 20 anni di distanza, sulle stragi di mafia "culminate con la morte di Falcone e Borsellino". Su quest'esigenza il Guardasigilli si dice pienamente d'accordo con Di Pietro nell'intento di "pervenire a una piena e integrale verità". Ma "a tale, incommensurabile debito – avverte – si può assolvere solo nel rispetto delle leggi sostanziali e processuali", "fuori da ogni strumentalizzazione che distorcerebbe soltanto quella ricerca della verità cui tutti aspiriamo". (ANSA)