Altri 400 migranti sono stati salvati nella notte dalle motovedette che operano incessantemente nel Canale di Sicilia e che sono intervenute in quattro distinti interventi. Il primo barcone ad essere soccorso è stato un gommone con 80 persone a bordo che si trovava in acque libiche: la centrale operativa delle Capitanerie di porto ha dirottato in zona un mercantile che ha preso a bordo i migranti e li sta ora trasferendo a Pozzallo. Nella zona tra Malta e Lampedusa, dove venerdì scorso si è verificato il naufragio in cui sono morte quasi 40 persone, un barcone con circa 250 eritrei a bordo è stato soccorso dalle navi della Marina militare e da quelle della Guardia costiera. I migranti sono stati trasferiti sulle motovedette e sono già arrivati a Lampedusa dove sta facendo rotta anche la nave Peluso della Guardia costiera che ha preso a bordo 80 persone che si trovavano su un terzo barcone. Infine, a 35 miglia a sud-ovest di Marsala, la Guardia di Finanza ha soccorso un barchino con a bordo sei tunisini.
A Porto Empedocle la nave Libra con 150 feretri – La nave “Libra” della Marina militare, con a bordo 150 feretri delle vittime del naufragio dello scorso 3 ottobre a Lampedusa, è appena giunta alla banchina di Porto Empedocle (Ag). Ad attenderla, il prefetto di Agrigento Francesca Ferrandino e tutti rappresentanti delle forze dell’ordine. Le operazioni, sull’Isola, sono cominciate sabato: la Cassiopea ne ha caricate e portate a Porto Empedocle già 150. Il resto dei feretri – le vittime sono in tutto 363 – erano rimaste nell’hangar dell’aeroporto di Lampedusa. A Porto Empedocle anche i feretri dei 21 migranti morti nell’altro naufragio, quello di venerdì scorso, a 60 miglia dalla maggiore delle Pelagie.
Pm, racket in Libia ma non basisti a Lampedusa – “In Libia esiste un racket di esseri umani”, ma allo stato “non esistono elementi per ritenere che esistano basisti a Lampedusa”, e quindi questa “ipotesi di reato non può essere perseguita in Italia”. Lo ha affermato il procuratore capo di Agrigento, Renato Di Natale, facendo il punto sull’inchiesta sul naufragio del 3 ottobre scorso davanti all’isola delle Pelagie con 363 migranti morti “Con il fermo dello scafista, convalidato dal Gip – osserva il magistrato a ‘Prima di tutto’ su Rai Radio 1 – la nostra inchiesta sul naufragio del 3 ottobre, in collaborazione con la Dda di Palermo, al quale va ascritta la competenza per i fenomeni di tratta di esseri umani, va avanti. Ora si cerca di individuare se esistano altri soggetti che avrebbero collaborato nella vicenda che ha poi portato al naufragio”. “Sappiano che in Libia – conferma Di Natale – operava una vera e a propria organizzazione che reclutava persone per fare questi tour con delle carrette per mare. Un racket di esseri umani. Il problema però è che questa ipotesi di reato può essere perseguita in Libia, ma non in Italia. Altro problema – sottolinea il procuratore – è verificare se ci siano collegamenti tra quelle persone che operano in Libia e altre che invece si trovano nel nostro territorio. Allo stato, non ci sono elementi per ritenere che esistano basisti di questo racket a Lampedusa, ma l’indagine va avanti e non posso escludere prove contrarie”. Sull’aspetto umano derivante da queste tragedie, al di là dell’indagine, Di Natale dice: “Colpisce e sconvolge le proporzioni di questi drammi: la morte dei bambini, la vicenda di queste persone che sfidano la morte pur di sfuggire a una realtà evidentemente molto triste”.
Fonte: Ansa