Con l’uscita di Forza Italia la maggioranza oltre ad essere “più forte e coesa” è anche numericamente consistente visto che ha ottenuto 171 voti di fiducia, gli stessi ottenuti da Silvio Berlusconi nel 2008. Enrico Letta si tiene alla larga dalla decadenza del Cavaliere (“Non voglio commentare in nessun modo perché ho sempre separato” la vicenda giudiziaria del Cavaliere da quella del governo) per concentrarsi sulle conseguenze dello ‘strappo’ dell’ex premier. Pensando già al dopo: respinge l’ipotesi di un rimpasto di governo, anche se chiede a viceministri e sottosegretari ‘forzisti’ di “trarre le conseguenze” dal passaggio all’opposizione e fare un passo indietro.
Ed annuncia un “giro di consultazioni” con i partiti che sostengono il governo per “mettere a punto una maggiore collegialità”. Letta riprendendo in sostanza l’idea lanciata da Angelino Alfano a domenica scorsa di un “patto” per le riforme da fare nel 2014. Proposta che ha come principale destinatario Matteo Renzi e che è tesa a ‘blindare’ l’Esecutivo, visto che il sindaco di Firenze non ha nascosto di volere un cambio di passo e di direzione altrimenti “finish”. Ed è proprio per evitare il rischio di un lento logoramento che Letta annuncia di voler incontrare “tutti i rappresentanti delle forze politiche per stabilire insieme il percorso per mettere a punto questa maggiore coesione e collegialità”. Un “giro di consultazioni”, precisa, che partirà dopo aver portato a casa i provvedimenti attualmente all’esame del Parlamento, a cominciare dalla legge di stabilità, e soprattutto – precisa ancora pensando proprio a Renzi – al termine delle primarie del Pd. Sa bene che gran parte della trattativa sarà con Renzi. E sarà il negoziato più complicato. Ma Letta è al contempo sicuro che il sindaco non possa dire di no a proposte che, in buona misura, ricalcano proprio le istanze del sindaco: dalle riforme istituzionali, ad una nuova legge elettorale; dalla spending review, all’abbattimento delle tasse sul lavoro. Quanto al governo, il presidente del Consiglio ci tiene a sottolineare che la natura delle larghe intese, nonostante i numeri si siano decisamente ridotti, non cambia: “E’ sempre una alleanza fra partiti diversi, dovuta al risultato delle passate elezioni”. Rimarca che solo Berlusconi, nel lontano ’94, ebbe una maggioranza al Senato così ampia. E dunque i media e i forzisti non possono più parlare di “maggioranza risicata” perché così non è. E questo, sottolinea, “dà forza, coesione e una prospettiva per tutto il 2014”. Permettendo di “accelerare” il percorso di riforme indispensabili al Paese. Nessun “imbarazzo”, precisa dunque, nei confronti di chi critica le larghe intese sostenendo che non abbiamo il sostegno del Paese. Nega di essere stato preavvertito da Berlusconi sull’imminente passaggio di Fi all’opposizione. Ma ciò non impedirà di collaborare anche con lui per varare le riforme istituzionali: “Ho sempre detto che devono essere fatte cercando il consenso di tutto il Parlamento”, Fi e M5S compresi. L’ultimo passaggio di rilievo è sulla composizione dell’Esecutivo. Rimpasto? “Il tema della squadra di governo è un tema che non si pone”, taglia corto il presidente del Consiglio, consapevole dei rischi di aprire quella partita. Certo, aggiunge rivolto a viceministri e sottosegretari rimasti in Fi, “mi aspetto atti conseguenti”. Ovvero – anche se non usa questa espressione – le dimissioni. ( ANSA )