I politici italiani, tra i più pagati d’Europa, vanno poco in parlamento: bene Pd e grillini, male Forza Italia, i “brasiliani” Porta e Longo esempi virtuosi
Mentre gli italiani sono costretti a stringere la cinghia, a causa della crisi economica che erode il potere d’acquisto dei salari e lascia milioni di persone senza lavoro, c’è una sola categoria di cittadini che non smette di prosperare: quella dei politici. “La casta”, ormai, è il termine più utilizzato in Italia per identificare i parlamentari e i vari politici locali, che continuano a percepire laute retribuzioni, impermeabili alle varie forme di spending review. Il dizionario Treccani, il manuale più autorevole in materia di lingua italiana, fornisce una duplice definizione di tale termine: casta come “gruppo sociale chiuso e per lo più endogamo, i cui membri sono uniti da comunanza di razza, di nascita, di religione o di mestiere”, e casta come “classe sociale, ordine di persone che si considera, per nascita o per condizione, separato dagli altri, e gode o si attribuisce speciali diritti o privilegi”. Osservando con un minimo di attenzione il panorama politico italiano è possibile rilevare come il concetto di casta calzi a pennello, visto che in parlamento troviamo numerosi personaggi saldamente attaccati alle stesse poltrone ormai da decenni e centinaia di figure provenienti quasi esclusivamente dagli stessi ambienti (per lo più avvocati, magistrati, imprenditori e politici di professione).
Ciò che caratterizza maggiormente i membri della “casta”, tuttavia, è la condizione di privilegio legata agli emolumenti. Basti pensare che i deputati italiani portano a casa uno stipendio lordo mensile che, tra indennità parlamentare, diaria e rimborso di trasporto, supera i 16 mila euro: il 60% in più rispetto alla media delle retribuzioni percepite dai parlamentari degli altri Paesi europei. Per avere un’idea della sproporzione, nella ricca Germania, locomotiva economica del Vecchio continente, i compensi dei parlamentari si fermano a 12 mila euro mensili e in Francia non vanno al di là dei 14 mila euro.
Esiste, insomma, un problema di costi della politica che, soprattutto in un momento delicato come quello attuale, sarebbe giusto affrontare. Ciò premesso, però, occorre anche compiere delle distinzioni: ci sono parlamentari che, consapevoli dell’importanza del proprio ruolo e coscienti di percepire retribuzioni che la maggior parte degli italiani può soltanto sognare, si sforzano quanto meno di onorare il proprio incarico attraverso l’impegno, il lavoro e la costanza. Al contrario c’è chi una volta eletto, pur intascando regolarmente lo stipendio, si fa vedere solo saltuariamente nelle aule del parlamento e sembra preferire i fasti della dolce vita romana ai noiosi rituali che scandiscono i lavori alla Camera e alla Senato.
Antonio Angelucci, Marco Martinelli e Rocco Crimi nella parte più bassa della classifica
Openpolis, un’associazione indipendente che promuove la trasparenza e la partecipazione democratica dei cittadini della rete, da diversi anni monitora l’attività dei parlamentari italiani e i risultati, in alcuni casi, sono sconcertanti. Il deputato lombardo di Forza Italia, Antonio Angelucci, vanta il primato dell’assenteismo alla Camera, avendo partecipato ad appena 31 votazioni su 6.196, con un tasso di mancate presenze del 99,5%. Sono berlusconiani anche gli altri deputati che si trovano nella parte più bassa della classifica: il toscano Marco Martinelli, con il 95,1% di assenze, il laziale Rocco Crimi, con il 94% di assenze e il veneto Piero Longo, con il 92,5% di assenze, oltre al deputato di Scelta Civica Stefano Quintarelli, che è rimasto a casa nel 90,1% delle occasioni. Una tendenza confermata anche al Senato, dove la maglia nera spetta a Niccolò Ghedini, di Forza Italia: l’avvocato personale di Silvio Berlusconi ha partecipato soltanto ad 11 votazioni ed evidenzia un tasso di assenteismo del 99,85%.
Sarà anche lecito non sacrificare del tutto la propria professione, può essere comprensibile fare fronte ad altri impegni e ad altre attività, ma farsi eleggere in parlamento, senza mai mettere piede in aula, è una mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini. Desaparecidos, a Palazzo Madama, anche altri pezzi grossi di Forza Italia, come l’ex coordinatore del Pdl, Denis Verdini (90,7% di assenze), gli ex ministri Giulio Tremonti (85,1% di assenze) e Altero Matteoli (69,3% di assenze) e l’ex presidente del Senato, Renato Schifani (66,8% di assenze). Non tutti, però, evidenziano la stessa carenza di sensibilità e la stessa discutibile concezione del dovere.
Per fortuna, nel parlamento italiano, c’è anche un nutrito esercito di stakanovisti. I più virtuosi alla Camera sono tutti targati Pd: i democrati Giuseppe Guerini, Maria Fontana e Tino Iannuzzi non hanno saltato neanche una votazione. Bene anche i democratici Marco Carra (99,9% di presenze), Mario Tullo (99,8% di presenze), Lorenzo Basso (99,6% di presenze) e Mara Carocci (99,6% di presenze), ed i forzisti Francesco Mottola (99,6% di presenze) e Rocco Palese (99,5% di presenze). Stessa musica al Senato, dove i più ligi al dovere sono tutti del Pd: Carlo Pegorer (99,9% di presenze), Federico Fornaro (99,9% di presenze), Vito Vattuone (99,6% di presenze) e Luigi Cucca (99,2% di presenze).
I più assidui sono i parlamentari del Movimento 5 Stelle
Quanto ai parlamentari italiani eletti in Brasile, il “nostro” Fabio Porta, del Pd, si sta comportando molto meglio di tanti colleghi italiani con un tasso di presenze del 74,9%.
Un esempio per molti parlamentari del Belpaese, considerando che Porta, pur avendo legami e interessi in Sud America, non ha mai anteposto le esigenze della sua vita privata alla funzione pubblica che è chiamato a svolgere. Sulla stessa scia il senatore Fausto Longo, sempre del Pd, con il 73,1% di presenze. La nota stonata, nella triade italo-brasiliana, è rappresentata da Renata Bueno, dell’Usei, che si vede poco dalle parti di Montecitorio, visto che il suo tasso di presenze si arresta al 47,2%. Le tendenze di carattere generale mettono in luce che i parlamentari più presenti appartengono ai partiti di maggioranza: al Pd in particolare, ma anche a Sel, Ncd e Scelta Civica. In parte è qualcosa di fisiologico, visto che i parlamentari delle forze di governo sono quelli maggiormente motivati. Inoltre sono anche quelli più sollecitati dai vertici dei rispettivi partiti, che devono stare sempre attenti a non andare sotto nel corso delle votazioni e ad evitare scivoloni e imboscate.
Subito dopo gli esponenti della maggioranza, i più assidui sono i parlamentari del Movimento 5 Stelle, che fanno dell’impegno civico e del rispetto del mandato la propria bandiera e la propria cifra politica. Anch’essi sono molto presenti, sia alla Camera che al Senato: se non occupano le primissime posizioni, nella classifica delle presenze parlamentari, è soltanto perché tendono a partecipare a numerose iniziative e manifestazioni, sia a carattere nazionale che nei rispettivi territori.
I meno motivati, e conseguentemente anche i più assenti, sono gli esponenti di Forza Italia. Dopo l’intesa tra il leader del partito Silvio Berlusconi e il premier Matteo Renzi, il centrodestra non ha più grandi spazi di agibilità politica: non può fare opposizione frontale e allo stesso tempo è fuori dal governo. Una condizione che sta creando molti mal di pancia all’interno di Forza Italia e che allo stesso tempo favorisce un certo disimpegno. La conseguenza più immediata è che diversi parlamentari del centrodestra, ritenendo sterile la propria presenza in aula, preferiscono impegnarsi nelle attività del partito o si dedicano ad iniziative pubbliche, dibattiti e seminari, utili a rinsaldare il rapporto con il proprio elettorato.
I numeri relativi ai tre principali partiti italiani parlano chiaro: nel Pd, tra Camera e Senato, soltanto tre parlamentari superano il 60% delle assenze. Sono Gregorio Gitti (60% di assenze), Francantonio Genovese (69,2%) e l’ex segretario Pier Luigi Bersani (74,7%). Quest’ultimo, però, è ampiamente giustificato: nei mesi scorsi ha avuto gravi problemi di salute, che per fortuna sono ormai alle spalle. I deputati e i senatori del Movimento 5 Stelle, invece, si collocano tutti al di sotto della soglia del 60% di assenze, mentre quelli di Forza Italia evidenziano un trend opposto: sei senatori e altrettanti deputati sfondano il tetto del 60%.