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Paese che vai, corruzione che trovi

18 de junho de 2015 - Por Comunità Italiana
Paese che vai, corruzione che trovi

Paese che vai corruzione che troviMale Italia e Brasile, sullo stesso gradino nella classifica della corruzione mondiale

Italia e Brasile, Paesi diversi ma lo stesso livello di corruzione. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto fornito da Transparency International, organizzazione non governativa internazionale, fondata da Peter Eigen, che per molti anni si è occupato di sviluppo economico come direttore di una sezione della Banca Mondiale. Transparency ha sviluppato il Corruption Perception Index (Cpi), una classifica comparativa della corruzione, che viene aggiornata e pubblicata ogni anno. L’ultimo studio, relativo al 2014, pone Italia e Brasile soltanto al sessantonovesimo posto sul piano della trasparenza, allo stesso livello di Bulgaria, Grecia, Senegal e Romania e dopo Paesi ben più arretrati come Namibia, Rwanda, Ghana, Cuba, Turchia e Macedonia. Il rapporto mette a confronto i livelli di corruzione percepita, nel settore pubblico, in ogni parte del mondo: l’indice viene calcolato utilizzando dodici differenti fonti di dati, provenienti da undici diverse istituzioni internazionali, che registrano la percezione della corruzione nel settore pubblico. La corruzione percepita, pur non essendo nelle condizioni di fotografare una condizione oggettiva, è un indicatore di grande rilievo, perché è proprio la percezione di fenomeni relativi al funzionamento o al mal funzionamento di un sistema nazionale ad orientare gli investimenti della maggior parte delle imprese, che tendenzialmente preferiscono evitare di invischiarsi in contesti caratterizzati da incertezza e malaffare, in quanto fonti di costi aggiuntivi e di possibili complicazioni.
A livello globale, i risultatidipingono un quadro allarmante: neanche un singolo Paese, in una scala che va da 0 (molto corrotto) a 100 (molto pulito), ottiene il punteggio massimo, mentre più dei due terzi dei Paesi esaminati si attesta al di sotto dei 50 punti. Tra questi anche l’Italia e il Brasile, entrambi con un punteggio pari a 43: se il Brasile guadagna un punto rispetto al 2013, l’Italia evidenzia lo stesso punteggio dell’anno precedente. Alcune delle conseguenze della corruzione nel settore pubblico sono scuole male attrezzate, medicine contraffatte ed elezioni influenzate dai flussi di denaro – è l’analisi di Transparency International. Tangenti e accordi sottobanco sottraggono risorse alle fasce sociali più deboli, minano la giustizia, compromettono lo sviluppo economico e distruggono la fiducia dei cittadini nei governi e nelle loro leadership.
A livello mondiale, i meno corrotti sono Danimarca (93 punti), Nuova Zelanda (92 punti), Finlandia (89 punti), Svezia (87 punti), Norvegia e Svizzera (86 punti). Tra i sudamericani le performance migliori sono quelle di Cile e Uruguay, con 73 punti. Il Brasile può consolarsi parzialmente guardando a molte altre realtà limitrofe, che evidenziano un livello di corruzione elevatissimo: a partire dal Venezuela (con appena 19 punti) e dal Paraguay (24 punti), passando per l’Argentina (34 punti) e la Bolivia (37 punti), fino ad arrivare alla Colombia (37 punti) e al Peru (38 punti). Considerando che nell’area sudamericana la corruzione assume le caratteristiche di una sorta di male endemico, dal quale gradualmente alcuni Paesi stanno cercando di affrancarsi, il Brasile può guardare il bicchiere mezzo pieno, visto che la propria condizione è piuttosto vicina a quella di numerose realtà occidentali.

L’Italia occupa l’ultimo posto dell’UE e tra le potenze del G7
Discorso completamente diverso per l’Italia, che è pur sempre la settima potenza manifatturiera nel mondo ed è inserita nel rigido e complesso sistema europeo, al quale avrebbe il dovere di uniformarsi: il sessantanovesimo posto, infatti, vale al Belpaese la maglia nera tra tutti gli Stati occidentali e naturalmente l’ultimo posto tra i Paesi membri dell’Unione Europea e l’ultimo posto tra le potenze del G7. Considerando che negli ultimi anni l’Italia, nell’ambito del Corruption Perception Index, era in caduta libera, essere rimasti in linea con il dato dell’anno prima significa quanto meno avere posto un freno all’escalation della corruzione percepita. Potrebbe aver avuto un effetto positivo, in tal senso, il varo della legge Severino, in materia di “repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, che venne licenziata dal governo Monti nel 2012. Anche i nuovi poteri attribuiti dal governo Renzi all’Autorità anticorruzione, con l’affidamento della presidenza ad una figura specchiata e al di sopra di ogni sospetto, quale quella del magistrato Raffaele Cantone, potrebbero essere stati interpretati come i segnali di un’inversione di tendenza.
Qualcosa recentemente si è mosso, ma sicuramente non è abbastanza. Le misure adottate finora sono ancora troppo timide e troppo circoscritte, per fermare quello che Confindustria, la confederazione degli industriali italiani, ha definito “un cancro da 300 miliardi di euro”. Il massimo organismo che riunisce le imprese del Paese, infatti, ha calcolato che se dal 1992, ovvero l’anno in cui scoppiò la prima grande inchiesta giudiziaria denominata Mani Pulite, l’Italia avesse ridotto la corruzione al livello della Francia, il prodotto interno lordo, nel 2014, sarebbe stato superiore di quasi 300 miliardi euro, pari ad una ricchezza di 5 mila euro per ogni cittadino italiano. E invece l’Italia continua ad arrancare.
Gli scandalisono all’ordine del giorno: basti pensare alle varie inchieste giudiziarie sull’Expo di Milano, sul Mose di Venezia o su Mafia Capitale, ma anche ai medi e piccoli scandali che continuano a proliferare riempiendo quotidianamente le pagine dei giornali italiani. Anche il governo Renzi, recentemente, è stato toccato dagli scandali, con l’inchiesta giudiziaria condotta dalla procura di Firenze sul sistema delle Grandi Opere: secondo l’accusa, una sorta di cupola, composta da dirigenti del ministero delle Infrastrutture, politici e imprenditori, pilotava gli appalti relativi alle opere più importanti da realizzare in Italia, comprese alta velocità ferroviaria e autostrade. L’ex ministro competente, Maurizio Lupi, pur non essendo indagato è stato costretto a dimettersi: la pubblicazione di alcuni intercettazioni telefoniche a carico di una persona coinvolta nell’inchiesta, infatti, ha fatto emergere la richiesta effettuata da Lupi, ad un imprenditore interessato all’ottenimento di alcuni appalti pubblici, di dare un posto di lavoro al figlio. Il figlio dell’ex ministro ottenne effettivamente il lavoro e in un Paese come l’Italia, piegata dalla crisi e dalla disoccupazione, una vicenda simile ha destato più rabbia e scalpore di mille tangenti milionarie. Per restituire credibilità al Paese e rimuovere le incrostazioni che da qualche annotengono lontani  molti investitori stranieri, il governo dovrebbe innanzitutto adottare provvedimenti che rendano più trasparente la gestione degli appalti pubblici, più snelle le procedure burocratiche e più certe e severe le pene per i protagonisti del malaffare. Un compito non facile, considerando le resistenze di ambienti corporativi e lobbies di vario genere. Rimandare, però, non è più possibile. A chiedere un intervento deciso e rigoroso, che consenta di invertire la marcia, da diverso tempo ci si è messa anche l’Europa. L’Italia, però, continua a muoversi con estrema lentezza rispetto alle sollecitazioni che arrivano dall’UE, soprattutto su temi come il falso in bilancio, la prescrizione nei processi, l’autoriciclaggio e il whistleblowing.
La corruzione è un problema per tutti i Paesi e crea disagi a tutti i cittadini – ricorda Transparency International – Un punteggio basso, nel Corruption Perception Index, è probabilmente un segno di corruzione diffusa, che può essere alimentato da carenze nella persecuzione dei reati. L’organismo indipendente conclude: anche i Paesi che evidenziano un punteggio elevato hanno il dovere di agire e i principali centri finanziari dell’UE e degli Stati Uniti dovrebbero condurre una battaglia unitaria, insieme alle economie in fase di espansione, per individuare i corrotti ed evitare che la facciano franca. Italia e Brasile, insomma, hanno molto lavoro da fare. Ma è tempo che anche la comunità internazionale, nel suo insieme, affronti di petto il problema.   

Comunità Italiana

A revista ComunitàItaliana é a mídia nascida em março de 1994 como ligação entre Itália e Brasil.