Quattro nuovi assessori, un preciso elenco di priorita’ e una ‘sfida’ al premier Renzi: “ha ragione nell’affermare che l’amministrazione di una citta’ va valutata per cio’ che ha fatto e per cio’ che fa”. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha completato la nuova giunta capitolina e illustrato il suo programma di ‘mid term’, perche’ – ha spiegato – dopo “due anni per cambiare il modo di governare la citta’, abbiamo tre anni per cambiare la citta'”. Le new entry sono Marco Causi (vicesindaco con delega al Bilancio e al Personale), Marco Rossi Doria (assessore a Scuola e Periferie), Stefano Esposito (Trasporti) e Luigina Di Liegro (Turismo). Causi, deputato pd, sulla sua scrivania trovera’ alcuni dossier scottanti, come quello relativo alla trattativa per il rinnovo del contratto decentrato e sul salario accessorio dei dipendenti del Comune. Di Liegro, nata a Gaeta e trasferitasi da piccola con la famiglia negli Usa, e’ nipote di don Luigi, fondatore della Caritas diocesana a Roma, ed e’ stata gia’ assessore alle Politiche della sicurezza del Lazio.
Piemontese, parlamentare dal 2008, Esposito e’ noto per le sue posizioni ‘pro Tav’, che in passato gli hanno procurato minacce dal movimento antagonista: il senatore dem e’ anche membro della commissione antimafia e, a seguito dell’inchiesta su Mafia Capitale, commissario del partito nel territorio di Ostia. Marco Rossi Doria, ex sottosegretario all’Istruzione nei governi Monti e Letta, rimpiazza Paolo Masini. Causi ed Esposito hanno subito chiarito che non lasceranno le loro poltrone da parlamentari, rinunciando pero’ agli stipendi che spetterebbero loro in Campidoglio.
“Quando mi sono insediato – ha premesso Marino presentando i nuovi assessori – anche se non credevo che avrei trovato una situazione di rigore e legalita’, non immaginavo di trovare le casse vuote, un disavanzo di quasi un miliardo di euro e la criminalita’ organizzata: mancavano solo le mine antiuomo. Non ho mai percepito un pressing per le mie dimissioni – ha assicurato – mi sento solido e sento la solidita’ del governo”.
“Credo ci sia una citta’ che apprezza il nostro cambiamento e un presidente del Consiglio felice del fatto che siamo riusciti a riportare la legalita’ contabile in Campidoglio”, ha aggiunto il primo cittadino della capitale rivelando di non aver avuto nelle ultime 24 ore “contatti diretti” con Renzi: “c’e’ stato un lavoro comune a Palazzo Chigi e in Campidoglio su progetti e idee, sono sicuro che nelle prossime ore avremo occasione di confrontarci”. “Cambiare Roma: due fasi, un solo obiettivo”, lo slogan scelto per questa ‘ripartenza’: decoro, mobilita’, trasporti, casa e trasformazione urbana, oltre a Giubileo e Olimpiadi, i fronti piu’ caldi. Primi passi concreti: “abbiamo chiesto al governo di convocare il tavolo interistituzionale per Roma Capitale, che e’ stato convocato per martedi’ prossimo a palazzo Chigi”, ha reso noto Causi, mentre Esposito – in riferimento alla crisi Atac – ha annunciato di voler “incontrare tutti i sindacati tra domani e giovedi’: per me c’e un foglio bianco e credo che ci sia la necessita’ di fare un patto perche’ gli scontri tra politica e sindacato, uniti alle questioni di vetusta’ dei mezzi e dell’infrastruttura, li stiamo scaricando sui cittadini e non lo possiamo piu’ fare”. Prevedibile il corollario di polemiche. Per il capogruppo di Sel in Campidoglio, Gianluca Peciola, “la giunta annunciata e’ un prodotto fatto da continuita’ con il vecchio centrosinistra misto a iper renzismo”. “E’ stato posto il sigillo all’incompetenza di Marino – ha attaccato la deputata M5S, Roberta Lombardi: “guardando ai nomi avanzati dal pd nazionale mi pare che sia peggio la pezza del buco”. Causi ed Esposito “sono totalmente inadeguati. E a pagarne il prezzo saranno ancora una volta i romani”. Ironica Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia: “Marino e’ di Genova, Causi di Palermo, Esposito di Torino, Rossi Doria di Napoli, Di Liegro di Gaeta, Sabella di Bivona, Danesi di Avezzano, Cattoi di Riva del Garda, Pucci di Pisa, Caudo di Fiumefreddo di Sicilia.
Praticamente gli unici romani rimasti in Campidoglio sono Marco Aurelio e la Lupa. Se potessero se ne andrebbero anche loro”. (AGI)