Scongiurato l’effetto contagio della Grecia, l’Italia può tirare un sospiro di sollievo
La Grecia è salva e il suo salvataggio è anche il salvataggio dell‘Italia e dell‘Europa, che hanno rischiato di essere travolte da un pericolosissimo effetto contagio, in grado di mettere in crisi la tenuta dell‘intera Unione. I greci, nel luglio scorso, sembravano ormai sul punto di uscire dall’Euro, schiacciati dal debito e da una crisi economica che, dalle parti di Atene, ha raggiunto livelli insostenibili. Soltanto la repentina marcia indietro del premier ellenico Alexis Tsipras, che aveva inizialmente ingaggiato un duro braccio di ferro con i vertici europei, forte del mandato popolare e dell‘esito del referendum anti-austerity, ha scongiurato quella che in tutta Europa era ormai annunciata come “GrExit”. Tsipras non se l‘è sentita di andare fino in fondo, assumendosi la responsabilità politica dell‘uscita della Grecia dall‘Euro, che avrebbe avuto esiti economici e sociali imprevedibili e probabilmente disastrosi: per restare in Europa, però, Tsipras è stato costretto a cedere su tutta la linea, ingoiando l’accordo imposto dai leader europei e in particolare dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che è ormai l’azionista di maggioranza dell’Unione, ispiratrice e guardiana inflessibile della linea del rigore.
Alcuni osservatori hanno definito il piano di riforme imposto alla Grecia “una dichiarazione di guerra”. Il prezzo da pagare, per un Paese da tempo vicino al collasso, appare in effetti particolarmente salato: aumento delle tasse Iva su molte categorie di alimenti; aumento delle imposte per aumentare i ricavi; rialzo del contributo sanitario su tutte le pensioni, comprese quelle più basse; taglio della spesa, in modo semi-automatico, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di bilancio; piena applicazione del fiscal compact; istituzione di un fondo da 50 miliardi di euro, nel quale trasferire il denaro proveniente dalle privatizzazioni, che in parte dovrà essere utilizzato per ricapitalizzare le banche. In cambio la Grecia riceverà circa 86 miliardi di euro di nuovi aiuti, che però saranno in larga parte destinati al saldo o al rifinanziamento del debito pregresso e alla ricapitalizzazione delle banche. Una dieta ferrea, che insieme ai tempi strettissimi per l’applicazione delle riforme, al vero e proprio pignoramento di beni pubblici che dovrà vendere per ridurre il debito e al ritorno della Troika ad Atene, rischia di rappresentare una cura talmente potente da uccidere il malato.
La Grecia, però, almeno per il momento è salva e se la popolazione ellenica è terrorizzata dal futuro che l’attende, la Merkel può esultare. La cancelliera tedesca, infatti, ha centrato tutti i suoi obiettivi: innanzitutto ha lanciato un chiaro messaggio a chi come Syriza in Grecia, Podemos in Spagna, Lega e Movimento 5 Stelle in Italia, continua ad alimentare posizioni anti-austerity e si batte per ridiscutere le condizioni del rigore europeo. Umiliando Tsipras, in sostanza, la Merkel ha riaffermato la supremazia della leadership tedesca e l’insindacabilità della linea dell’intransigenza. In secondo luogo la cancelliera tedesca è riuscita a mantenere la Grecia nell’Eurozona, alle sue condizioni, ovvero senza concedere il minimo sconto sulla restituzione del debito. E infine è riuscita ad evitare quel temutissimo effetto contagio che un’eventuale uscita della Grecia dall’Euro, con il conseguente default del Paese, avrebbe inevitabilmente innescato.
Per l’Italia, però, i rischi sono ancora concreti e legati al debito pubblico greco
L’Italia, che è ancora un malato convalescente, avrebbe rischiato di essere colpita duramente. L’estromissione della Grecia dall’Euro, infatti, avrebbe prodotto uno shock sui mercati, con conseguenze profonde sia di breve che di medio periodo: dal probabile rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato e quindi degli spread, al relativo maggior costo per i bilanci degli Stati. Per l’Italia, però, i rischi più consistenti sono legati alla propria esposizione, diretta ed indiretta, sul debito pubblico ellenico. Certo, nell’immediato è possibile tirare un sospiro di sollievo, ma i rischi sono ancora terribilmente concreti. Non a caso c’è chi interpreta il salvataggio della Grecia come il semplice rinvio di un processo inevitabile: diversi osservatori ritengono che sia stato concesso altro ossigeno ad Atene, al solo scopo di provare a recuperare qualche quota del debito, ma che in realtà il destino della Grecia sia segnato.
Anche in caso di default e uscita dell’Euro, però, teoricamente i debiti contratti, che hanno dato vita alla voragine del debito pubblico greco, non si estinguerebbero: la condizione di uno Stato, d’altronde, non è diversa da quella di qualsiasi altro comune debitore e dunque la Grecia, in ogni caso, non si vedrebbe automaticamente esonerata dal pagamento del debito. Sul piano pratico, però, appare chiaro che non sarebbe semplice costringere un Paese in macerie ad onorare un debito spropositato. Da questo punto di vista l’Italia, che risulta esposta in Grecia e che ha già i suoi gravi problemi legati al debito pubblico e alla crisi economica, rischierebbe contraccolpi pesanti. Secondo le stime, infatti, sono in pericolo circa 65 miliardi di euro di crediti che l’Italia vanta nei confronti della Grecia: dai prestiti bilaterali per 10 miliardi di euro, concessi da Roma ad Atene, ai fondi salva-Stati Efsf e Esm, che hanno impegnato l’Italia con quote pari a 23,3 e 14,2 miliardi di euro.
Alle esposizioni dirette si sommano quelle bancarie, visto che anche la Banca Centrale Europea, nel corso degli anni, ha prestato alla Grecia ingenti quote di danaro. Roma, attraverso la Banca d’Italia, detiene il 12,3% del capitale dell’Eurotower ed è esposta per 6,6 miliardi di euro, ai quali bisogna aggiungere 10,94 miliardi della quota della linea di liquidità Ela concessa ad Atene (che però non rappresenta un’esposizione diretta della Bce, visto che è innanzitutto la Banca Centrale greca a farsi carico dei 95 miliardi concessi alle banche greche e solo in ultima istanza potrebbe spettare alla Banca Centrale Europea il compito di ripianare questa somma).
Una fetta consistente dell’Europa è inesorabilmente legata agli sviluppi della crisi greca
Discorso simile per le banche italiane, che ultimamente hanno ridotto la propria esposizione sul debito ellenico, pari a 800 milioni di euro, a fronte di un debito complessivo che ammonta a 315 miliardi di euro. Le difficoltà sarebbero maggiori per le aziende esportatrici italiane, che rischierebbero l’interruzione dei rapporti commerciali e la perdita dei crediti.
Se il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan non ha mai smesso di ripetere che l’Italia non correrebbe alcun rischio in caso di default greco, il Fondo monetario internazionale ha riportato tutti con i piedi per terra, sottolineando in uno dei suoi report periodici come “gli avversi sviluppi in Grecia, se non combattuti con una forte risposta politica da parte dell’Europa, potrebbero avere un sostanziale impatto sull’Italia, tramite effetti sulla fiducia, anche se l’esposizione diretta è limitata”.
L’Fmi ha riconosciuto che l’economia italiana sta emergendo gradualmente da una prolungata recessione, ma ha ricordato che la ripresa rimane fragile, con la crescita del Pil confermata al +0,7% nel 2015 e al +1,2% nel 2016, e con un tasso di disoccupazione attualmente al 12,5%, che solo il prossimo anno dovrebbe iniziare una lenta parabola discendente, in grado di portare il dato dei senza lavoro, tra cinque anni, ad un comunque consistente 10,7%. L’Fmi, però, si concentra soprattutto sul debito pubblico italiano, che si attesterà al 133,3% nel 2015 e al 132,1% nel 2016. Le sorti dell’Italia e di una fetta consistente dell’Europa, a partire dalla Spagna, appaiono dunque inesorabilmente legate agli sviluppi della crisi greca. Il governo Tsipras, in queste prime settimane, sta eseguendo i compiti dettati dall’Europa con la massima diligenza. Non resta che attendere i prossimi mesi per verificare quali effetti avrà sortito la cura, con la speranza che un Paese così centrale nella formazione storica e culturale dell’intero Occidente possa tornare a vivere tempi migliori.