Giulio Regeni voleva intervistare diversi attivisti sindacali prima di sparire, dieci giorni fa, nei vicoli e nelle strade sporche della periferia del Cairo. Forse è questa la causa di una morte che getta un’ombra pesante nei rapporti tra Il Cairo e Roma, che chiede al governo egiziano e al suo uomo forte Abdel Fattah al Sisi di fare piena luce su una vicenda da cui emerge un ruolo controverso, se non oscuro, della polizia egiziana.
“Aveva paura” il ventottenne trovato morto mercoledì ai margini dell’autostrada tra la capitale egiziana e Alessandria. Scriveva per il Manifesto storie del movimento sindacale egiziano ma sotto pseudonimo: “aveva preferito non firmare gli articoli perchè “aveva paura per la sua incolumità”, ha detto ai microfoni di Radio Popolare Giuseppe Acconcia, collaboratore del quotidiano, che conosceva il giovane trovato morto al Cairo. “Giulio si occupava soprattutto di movimenti operai e di sindacalismo indipendente”, ha raccontato Acconcia all’emittente; il giovane, inoltre, aveva contatti con l’opposizione egiziana. Ed è forse a questi ultimi che si era rivolto per mettersi in collegamento con esponenti sindacali da intervistare, o da poco intervistati: domani il Manifesto pubblicherà un suo articolo, che non aveva fatto in tempo a mandare in stampa nei giorni scorsi.
Il mistero di Regeni accomuna il destino del giovane di Fiumicello a quello di molti blogger, attivisti, sindacalisti e giovani protagonisti laici della rivolta di piazza Tahrir (quella che cacciò Hosni Mubarak dal potere), spariti nelle careri egiziane e trovati cadaveri. E, come nel loro caso, anche per quello di Regeni è stato messo in scena un balletto di versioni contraddittorie tra loro: la procura del Cairo afferma che il ragazzo è stato torturato e ucciso, la prima; la polizia, che è morto in seguito a un tragico incidente stradale. Da ultimo il ministero dell’Interno sostiene che i segni sul corpo dello studente italiano, sono lividi e abrasioni ma non segni di tortura.
La morte del ragazzo è stata provocata da un forte colpo alla testa vibrato con un corpo contundente. Lo ha stabilito, apprende l’Agi, l’autopsia. Confermate le numerose ferite in varie parti del corpo.
Giulio Regeni sparì il 25 gennaio scorso nel quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir: una ricorrenza temuta dalle autorità egiziane che blindarono le principali piazze del paese nel timore di manifestazioni di massa contro il governo. Il governo italiano ha chiesto da subito indagini congiunte e al governo egiziano di “consentire alle autorità italiane di collaborare a queste indagini. Vogliamo che emerga la verità fino in fondo”, ha detto il capo della Farnesina, Paolo Gentiloni. E Matteo Renzi ha sentito nel pomeriggio il presidente egiziano, al Sisi, al quale ha rappresentato l’esigenza che il corpo di Giulio Regeni sia “presto” restituito alla famiglia e che sia dato “pieno accesso” agli investigatori italiani, che domani, secondo quanto riferisce al stampa egiziana, partiranno alla volta del Cairo. Infine, a cementare l’importanza che per l’Italia ha il caso, è intervenuto Sergio Mattarella. Per il Presidente della Repubblica “un crimine così efferato, che non può rimanere impunito”. A Roma, intanto, la procura ha aperto un’inchiesta per omicidio.
Le prime indiscrezioni riferivano di mutilazioni al naso e all’orecchio, bruciature di sigaretta e segni di coltellate all’altezza della spalla. Sarebbe stata una “morte lenta” quella del giovane dottorando, in Egitto per scrivere una tesi sull’economia nazionale. Il cadavere è stato trovato seminudo alle porte del Cairo, lungo la strada che conduce ad Alessandria, lontano sia dalla residenza (el Dokki, quartiere centrale di Giza) sia dal luogo dove aveva appuntamento con un suo amico, centro del Cairo, la sera in cui sparì. Convocato “con urgenza” alla Farnesina, l’ambasciatore egiziano in Italia, Amr Mostafa Kamal Helmy, ha espresso “il profondo cordoglio” per la morte del 28enne e ha assicurato che l’Egitto fornirà la massima collaborazione per individuare i responsabili di quello che ha definito “un atto criminale”. Il ritrovamento di Regeni ha causato l’immediata sospensione di una missione del governo in Egitto. A sua volta il nostro ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari, è stato chiamato al ministero degli Esteri egiziano mentre il staff della legazione italiana ha accolto e sta assistendo i genitori del giovane, che hanno riconosciuto il cadavere del proprio figlio.
L’ULTIMO ARTICOLO – “Il Manifesto”, ignorando la richiesta della famiglia di Giulio, ha ripubblicato oggi in prima pagina l’ultimo articolo inviato “all’inizio di gennaio”, scrive in un fondo Tommaso di Francesco, dal ragazzo, sulla “seconda vita dei sindacati indipendenti” nell’Egitto di al Sisi. Articolo che originariamente il giovane aveva chiesto fosse pubblicato sotto pseudonimo, per proteggere lui e un altro ragazzo che si trova ancora al Cairo, e che il Manifesto, spiega, ha “deciso di offrire (oggi) come testimonianza, con il suo vero nome, adesso che quella cautela è stata tragicamente superata dai fatti”.
Nell’editoriale che accompagna il testo, Di Francesco spiega che Regeni “temeva per la sua incolumità” e “questa è la verità che vogliamo proporre e testimoniare sulla morte violenta al Cairo di Regeni di fronte alle troppe reticenze ufficiosi ed ufficiali e alle gravi contraddizioni delle prime indagini tra la procura egiziana, che conferma le torture indicibili, e il ministero degli Interni che le smentisce”.
RAPPORTI A RISCHIO CON IL CAIRO – La morte di Giulio “pone fine alla luna di miele tra l’Italia e l’Egitto”. E’ quanto si legge in un editoriale apparso oggi sul quotidiano egiziano “al Dostor”, secondo cui “le relazioni tra Italia e Egitto sono entrate in una fase di tensione dopo la scoperta della morte del giovane italiano al Cairo”. Il giornale indipendente vicino all’opposizione sottolinea che “il governo italiano ha convocato l’ambasciatore egiziano, Amr Mostafa Kamal Helmy, per discutere di questo e in particolare del fatto che ilragazzo avrebbe subito torture”. L’editoriale aggiunge infine che “gli italiani hanno chiesto indagini coordinate alla presenza di esperti di Roma per capire perchè vi siano segni di tortura sul corpo del giovane”. (AGI)