Comunità Italiana

Almaviva chiude i call center Roma e Napoli, persi 2.500 posti

Almaviva chiude i call center di Roma e Napoli e lascia a casa 2.511 persone, di cui 1.666 nella sede della capitale e 845 a quella del capoluogo campano. Sono questi i numeri, pari al 5% della forza lavoro del Gruppo a livello globale, contenuti nella procedura di riduzione del personale comunicata a sindacati e ministero del Lavoro. Il taglio, sottolinea l’azienda in una nota, si fonda su quanto evidenziato dai tavoli di monitoraggio mensile istituiti sulla base dell’accordo siglato il 31 maggio scorso. “L’intesa allora raggiunta con i sindacati e le istituzioni competenti”, spiega il comunicato, “oltre alla stipula di un contratto di solidarietà di sei mesi, aveva definito azioni stringenti per consentire ad Almaviva Contact recupero di capacità competitiva e condizioni di necessario equilibrio industriale, accompagnate da annunciate misure di riforma strutturale del settore dei call center, nella comune convinzione che solo un effettivo cambio di quadro e di regole di mercato avrebbe permesso un percorso alternativo alla ristrutturazione. Gli esiti del monitoraggio mensile richiesto dall’Azienda sull’attuazione dell’Accordo, verificati da ultimo lo scorso 22 settembre, hanno tuttavia attestato il rifiuto da parte delle organizzazioni sindacali di sottoscrivere lo specifico accordo sulla gestione di qualità e produttività individuale, impegno centrale e condiviso come vincolante in sede d’Intesa, che nega inspiegabilmente una fondamentale leva distintiva per la qualificazione dell’offerta ed il progressivo riassorbimento degli esuberi”.

Allo stesso tempo, prosegue Almaviva, “viene confermato uno scenario di mercato in costante deterioramento – almeno dieci le aziende del comparto chiuse negli ultimi mesi – che rimane assoggettato ad inalterati fenomeni distorsivi, senza registrare gli effetti delle iniziative di riordino dichiarate. Come dimostra, nonostante chiare leggi dello Stato che rimangono inapplicate, l’incontrollato aumento delle attività delocalizzate in Paesi extra UE: sulla base dei dati ufficiali dell’Instat albanese, nel 2015 è raddoppiato il numero dei call center che lavorano per il mercato italiano con oltre 25 mila posti di lavoro. Inoltre, si è certificato il perdurante andamento di gare ad evidenza pubblica bandite o aggiudicate a tariffe del tutto incompatibili con il costo del lavoro, dai casi piu’ volte denunciati del servizio infoline del Comune di Milano e dello 060606 del Comune di Roma, fino alla recente gara per il servizio Recup della Regione Lazio con base d’asta sottostante i minimi contrattuali di qualsiasi contratto nazionale di lavoro”.

In tali condizioni, osserva la nota, “per quanto l’Azienda abbia onorato tutti gli impegni stabiliti, i conti economici di Almaviva Contact registrano un ulteriore peggioramento che impone l’obbligo di intervenire al fine di garantire l’equilibrio aziendale e di salvaguardare, nella misura possibile, la continuità occupazionale. Negli ultimi quattro anni, con una forza lavoro praticamente invariata, l’Azienda ha infatti visto diminuire del 50% i propri ricavi, spesso a vantaggio di attività delocalizzate in aree extra Ue, con un’aggiuntiva e rilevante accelerazione negli ultimi mesi. Nel corso dei prossimi settantacinque giorni, secondo la normativa in materia”, conclude il comunicato, “la società si confronterà con le organizzazioni sindacali per esaminare l’impatto sociale ed occupazionale della procedura”. (AGI)