Il lavoro, oltre a basarsi sull’esame antropologico e sul rilievo fotografico, è stata integrato da approfondimenti diagnostici eseguiti con le più moderne tecniche di imaging, ad esempio la Tomografia Computerizzata multistrato (TAC), così da valutare lesioni impossibili da evidenziare con il solo esame clinico-morfologico. “La novità del lavoro è che gli individui (scheletri), lavoratori del ceto medio, sono stati esaminati tutti oltre che da antropologi, da un team di ortopedici e radiologi”, ha sottolineato Piccioli. “Abbiamo riscontrato – ha continuato – marcatori di diverse patologie, anche molto invalidanti: artrosi, gotta, tubercolosi, tumori primitivi delle ossa o metastasi. Ma la cosa che più mi ha sorpreso è rilevare una quantità significativa di fratture, anche molto gravi e complesse, guarite”. Questi reperti, secondo Piccioli, sono molto particolari. “Ci hanno fatto presupporre – ha sottolineato – delle buone e sorprendenti conoscenze sulle tecniche di guarigione dell’osso”. (AGI)