Comunità Italiana

Baia antropologica

Dal paradiso intatto trovato dai portoghesi all’attuale scenario di devastazione, la cartolina di Rio ha pochi difensori, come il biologo italobrasiliano Mário Moscatelli, che denuncia la negligenza delle autorità alla vigilia delle Olimpiadi

Esiste un’aura misteriosa che circonda le persone prese dalle forze dell’autodidattismo. In un esercizio enigmatico, l’autodidatta intuisce e cerca il materiale indispensabile al suo apprendimento di vita e di se stesso. È stato forse a partire da questa forza che l’Homo Sapiens si mise su due piedi e si alzò in direzione del cielo? La verticalizzazione del corpo fu sicuramente l’inizio dell’umanizzazione dello spazio naturale che lo mise in opposizione alla natura. Chi lo affermò fu Andrè Leroi-Gourhan, il famoso archeologo e etnoantropologo francese (1911-1986) che con i suoi studi sui diversi aspetti della conoscenza — con particolare attenzione all’antropologia fisica e all’etnologia — spiega il misterioso percorso evolutivo dell’uomo finora. Il cammino enigmatico porta l’essere umano ad un rischioso bivio, in cui dovrà scegliere come continuare l’umanizzazione, tante volte, devastratrice dell’ambiente, ossia: continuando a distruggere se stesso o conducendo un’evoluzione allo “spazio naturale interiore”, l’unico posto dove gli opposti possono trovare l’armonia.
La città di Rio de Janeiro può essere un esempio di estrema umanizzazione, che, nonostante la devastazione ambientale, continua ad avere uno scenario naturale invidiabile. L’umanizzazione predatoria che costruisce per soddisfare gli avidi interessi economici e finanziari è diventata più aggressiva con i mega eventi, come il Mondiale di Calcio e le Olimpiadi.
— Puoi fare una ricerca e vedrai che nel 2011, davanti all’apatia dele autorità brasiliane, già denunciavo il pericolo del fallimento ambientale eminente in relazione alle Olimpiadi; fatto che si conferma in modo ogni volta più chiaro. Sottolineo che non è l’inquinamento che cospira contro i Giochi, bensì i pessimi gestori pubblici, tante volte rappresentati da politici che non onorano gli impegni assunti davanti al COI e alla società brasiliana, mettendo alla berlina l’immagine internazionale della città e del Brasile. Ribadisco che nessuna autorità ha mai avuto l’intenzione di fare qualcosa per la Baia di Guanabara. Molte di queste autorità vivono in un permanente stato di negazione, in una realtà parallela in cui tutto finirà bene – afferma alla Comunità il biologo Mário Moscatelli senza nascondere il suo sconvolgimento.
Preoccupato con la disordinata umanizzazione della natura nella città che ha una delle più belle baie al mondo e la più grande foresta urbana del Pianeta. Secondo il professore e attivista ambientale italobrasiliano, la questione persiste da molto.
— Semplicemente il patrimonio ambientale della città fu e continua ad essere dilapidato all’esaurimento; perché quel che predomina finora è la cultura dell’esplorazione del “legno del Brasile”, cioè, usare fino all’esaurimento. Considero la questione ambientale di Rio de Janeiro uno caso di studio di come trasformare un paradiso ambientale in un purgatorio della bellezza e del caos — afferma.
Il corpo, secondo Leroi-Gourhan, fuoriesce da se stesso nell’esatto momento in cui “l’uomo, avendo le mani libere per la posizione verticale” diede il via al linguaggio e alle lingue. Fu il momento in cui si alzò e le membra superiori diventarono libere per prendere e portare gli oggetti alla bocca. Da lì forse qualcosa successe nel cervello di quel mammifero che cominciò a funzionare in modo diverso da quello delle scimmie. Fu il momento in cui l’uomo prese coscienza dei suoni emessi dalla propria bocca, con la quale iniziò a modularli in maneira ogni volta più appurata, fino ad arrivare al linguaggio. La mente ed il linguaggio furono elementi importanti all’inizio di questa dominazione spaziale. Un potere che oggi si traduce nel linguaggio degli stessi politici che sconvolgono Moscatelli.
— Il sindaco ha sbagliato, non poco, ma tanto – o meglio, in tutto! Semplicemente le autorità brasiliane, in nessun momento, hanno mai avuto l’intenzione di recuperare qualsiasi cosa della Baia di Guanabara. Hanno promesso una serie di interventi e non hanno fatto quasi niente; di più, come al solito nella politica brasiliana, dicono una cosa e fanno quella diametralmente opposta – evidenzia il biologo a riguardo delle dichiarazioni del sindaco Eduardo Paes che, parlando dell’eredità olimpica, il comune avrebbe trascurato la questione ambientale e l’opportunità di migliorare la situazione della Baia.
Moscatelli si dimostra pessimista riguardo al futuro:
— Se si prendono in considerazione i principali fiumi che sfociano nella Baia, tra i 44, soltanto cinque sono ancora considerati fiumi. Tutto il resto è stato trasformato in fossi chilometrici di spazzatura e fogna. È ovvio che l’inquinamento è reversibile, ma sarebbe necessaria una classe politica seria per tale impresa – di cui non disponiamo al momento –; una classe politica che mettesse in pratica, nei prossimi 25 anni, politiche di Stato permanenti e efficienti nei settori dell’edilizia, dei trasporti e delle fognature. Con l’attuale classe politica e la bassissima mobilizzazione della società, sai quando questo avverrà? Mai! — esclama il biologo figlio di italiani.
La crescita disordinata dell’area urbana e l’inefficenza delle fognature sono i principali fattori della degradazione, sottolinea. Tuttavia, oltre agli indigeni, in Brasile, lui recorda che esistono persone e comunità che hanno imparato a rispettare l’ambiente perché hanno nella propria cultura un legame con la natura.
— Se non dannificano l’ambiente e perfino, in un certo senso, lo conservano, non vedo problemi nella permanenza delle comunità quilombolas (discendenti di schiavi africani), che rappresentano un aspetto socioambientale di una determinata zona; la stessa cosa accade anche con le popolazioni caiçaras nelle unità di preservazione costiere — analizza l’ambientalista.
La comunità Sacopã, che ha ricevuto dall’Incra il riconoscimento di proprietà della terra nella Lagoa de Freitas a settembre, ha dovuto affrontare una lunga battaglia giudiziaria per evitare lo sfratto – molto desiderato dalla borghesia e dalla speculazione edilizia che tanto desidera la preziosa area di Foresta Atlantica occupata dai discendenti di schiavi africani.

La costruzione di un complesso turistico comporterebbe un aumento del traffico di automobili accanto alla più grande foresta urbana del mondo
Almeno 196 alberi sono stati tagliati al Parco Nazionale della Tijuca, secondo il sito di notizie UOL, per la costruzione di un complesso turistico in uno dei principali accessi al Cristo Redentore. Il Tribunale dei Conti ha sospeso i lavori dell’Hotel Paineiras, abbandonato da 3 decenni. L’obiettivo del governo federale è trasformare il posto, entro il 2016, in un punto di partenza per i visitatori del Corcovado. Il consorzio vincitore dell’appalto è formato da tre aziende: Cataratas do Iguaçu; Estrada de Ferro Corcovado, responsabile per il trenino del Corcovado; e la Bel Tour, che offre il servizio transfer per il Corcovado nella Estrada das Paineiras.
Il bando dell’appalto prevede investimenti di R$ 43 milioni. In cambio, il consorzio potrà esplorare i servizi per 20 anni. È prevista la costruzione di un parcheggio con 395 posti macchina, ristoranti, negozi e spazio per eventi e esposizioni. Il nuovo Hotel Paineiras comporterebbe un aumento del traffico di veicoli sulle vie della Foresta della Tijuca, usate dagli autisti per scappare dal traffico dell’asfalto carioca. L’equilibrio ecologico, già precario di suo, verrebbe ulteriormente deteriorato con il taglio di alberi secolari per l’apertura di sentieri pedonali e ciclovie, portando la presenza umana dove prima non c’era.
— La foresta della Tijuca è già sufficientemente pressionata da tutti i lati dalla crescita urbana disordinata e dall’inquinamento atmosferico. Qualsiasi intervento che provochi un nuovo stress ambientale dovrebbe essere evitato — difende Moscatelli.
La Foresta Atlantica, il Cerrado ed il Pantanal sono i biomi più minacciati nel Paese, ricorda l’ambientalista, con una biodiversità di valore economico inestimabile, così come le risorse idriche ogni volta più scarse.
— Purtroppo quel che prevale è la visione immediatista secondo la quale si cambia la biodiversità per le monocolture, il lucro permanente e consistente per quello facile e volatile. Così, per fare una scelta più duratura, bisogna investire, impegno nella ricerca e conoscenza, cose che richiedono tempo, cose sulle quali il potere pubblico locale non vuole investire. Questo è un concetto diametralmente opposto a quello prevalente nelle menti miopi e “prodigiose” della maggioranza dei politici locali — finalizza.