Trent’anni per avere ucciso il figlio il 29 novembre del 2014, per averlo ammazzato con premeditazione e con crudelta’, per averne occultato il cadavere gettandolo mentre era in vita, ma gia’ in stato di incoscienza. Una lunga requisitoria quella del Pm Rota, iniziata poco dopo le 10,20 e che si e’ conclusa dopo oltre quattro ore, con la richiesta di una dura condanna per Veronica Panarello che in aula a tratti con il volto appoggiato su una mano ha assistito partecipando come ha sempre fatto, ad ogni fase del rito abbreviato – subordinato alla perizia psichiatica – a cui e’ sottoposta. Un lungo intervento in cui il magistrato prima ha tracciato il profilo della donna, poi e’ entrato nel merito delle versioni fornite da Veronica, smontandole una a una. “Egoista, bugiarda e manipolatrice”, l’ha definita il pubblico ministero davanti al Gup. Il pubblico ministero ha ricostruito il contesto psicologico e sociale in cui e’ maturato il delitto, quello familiare, il rapporto tra madre e figlio, un legame “distorto” in cui Veronica “non era appieno genitore e Loris non era un figlio”. Quella della madre viene descritta una “personalita’ controversa”. Nella scorsa udienza, in sede di dichiarazioni spontanee, la donna aveva continuato ad accusare dell’omicidio il suocero Andrea Stival. Ma l’accusa non le crede.
Nell’ultima udienza davanti al Gup Andrea Reale la donna ha reso dichiarazioni spontanee, continuando a sostenere la colpevolezza del suocero: “Mi ha chiesto di legargli i polsi”, poi una telefonata e una volta tornata nella stanza, ha trovato Andrea Stival e il piccolo con un cavo usb stretto al collo. “La mia assistita – ha spiegato l’avvocatoVillardita a termine dell’udienza – ha raccontato il modo in cui il suocero sarebbe salito in macchina, dove si e’ posizionato, dove e’ stato preso e come si e’ verificato l’omicidio, indicato nuovamente senza remore il responsabile materiale del delitto nel suocero Andrea Stival”. Avanzata nuovamente la richiesta di confronto: “Ha detto che il confronto le e’ stato negato e che e’ atto dirimente poterlo sostenere. Non e’ possibile tecnicamente presentare una richiesta formale, ma in sede di discussione diro’ al giudice che questo processo senza confronto rimane monco e sara’ il giudice che potra’ anche uscire dalla camera di consiglio con una ordinanza per ammettere il confronto, invece che con una sentenza”. “Voglio giustizia per mio nipote”, aveva affermato fuori dall’aula il suocero di Veronica, quasi un grido con cui spazzare via le accuse rivoltegli dalla donna. (AGI)