Un recupero delle origini, quindi, che si è trasformato in un business dai volumi considerevoli. L’azienda – che oggi conta due allevamenti (a Calvisano e nel Parco del Ticino) – ha fatturato nel 2015 25 milioni di euro, con una crescita dell’8% rispetto al 2014 e a Natale è stato registrato un incremento delle vendite del 30%. Non solo: il 90% delle 25 tonnellate di caviale prodotte ogni anno è destinato all’export anche in mercati tradizionalmente produttori, come quello russo. Il 20% del caviale che si consuma nel mondo è prodotto in Italia. “I Paesi in cui esportiamo di più sono Russia, Germania, Usa (dove abbiamo avuto una crescita del 35%) Cina e Hong Kong, Singapore, Thailandia, Gran Bretagna, Francia, e Paesi scandinavi” spiega Mondella.
Agroittica Lombarda e Calvisius sono diventati in una decina d’anni un colosso del Made in Italy – tanto che è di poche settimane fa l’ingresso in Altagamma, la fondazione che promuove la diffusione all’estero dei marchi italiani d’eccellenza – e nel complesso i quattro allevamenti italiani producono 45 tonnellate di caviale l’anno.
“L’idea originaria era di recuperare una carne che era nelle nostre radici” aggiunge Mondella, “una carne nobile e di valore. L’idea di sfruttare le uova – d’oro, letteralmente – è venuta dopo. Ma è in crescita anche la vendita dello storione, sempre più apprezzato per la sue proprietà nutritive. bianco, magro e senza lische. Non a caso la produzione di storione sott’olio è tra le possibili novità del 2016”.
L’export resta comunque l’obiettivo di fondo, con nuovi progetti in Cina, Sud America e Asia sud-orientale, oltre all’ampliamento dell’attività su tutta Europa. Così come fondamentale è mantenere la sostenibilità ambientale della filiera. “Già negli anni ’70 l’idea dei soci storici – le famiglie Ravagnan (Gino, il patriarca, è docente di acquacoltura) e le acciaierie Tolettini – era visionaria: non disperdere l’acqua calda che veniva dall’acciaieria vicina, ma sfruttarla per allevare pesci. In principio furono le anguille, ma fu un fiasco. Poi venne un incontro casuale destinato a rivoluzionare la vita di tutti”.
Nessuno ancora aveva ancora allevato storioni e farlo in un ambiente diverso da quello fluviale o marino, per giunta nella pianura padana, lontanissimo dal mare e sfruttando l’energia prodotta da un processo industriale sembrava follia. Ravagnan incontrò in California Serge Doroshov, un esule sovietico che si era messo a insegnare acquacultura all’università di Davis. Aveva iniziato studiando la possibilità di allevare lo storione bianco in California, ma doveva fare i conti con la carenza d’acqua e riuscì a convincere il collega italiano che le sorgenti purissime e freschissime di Calvisano erano ideali per il progetto. Gli storioni iniziavano a sparire dagli ambienti naturali e gli italiani decisero di investire in una specie che è a rischio e che solo l’allevamento potrà preservare, unendo valenza scientifica e business. Gli esemplari portati nella bassa bresciana non solo sopravvivevano, ma prolificavano. Nel 2007 russi e iraniani furono presi in contropiede dalla convenzione di Washington che chiudeva alla pesca dello storione in ambiente naturale e di fatto li lasciava senza più quote di pesca disponibili nel Mar Caspio.
“Negli anni ’90 e 2000 abbiamo contribuito a legalizzare un settore che era principalmente fatto di importazione non regolata” aggiunge Mondella, “Oggi che abbiamo una quota del 12/13% nella produzione, abbiamo la possibilità di condizionare le regole del mercato e il primo risultato che abbiamo ottenuto è stato il certificato Cites (l’organismo internazionale che protegge le specie in via di estinzione) portando avanti l’ossessione per la qualità. Il caviale è come il latte: a nessuno verrebbe in mente di portare in giro un bricco di latte fresco da un paese all’altro in macchina e invece è quello che un tempo succedeva con il caviale che è un prodotto vivo e ha bisogno di temperature di massimo 4-6 gradi”.
La sfida di Calvisius è anche quella di portare il caviale sulla tavola di tutti. Per farlo ha scelto di non diminuire la qualità, ma la grammatura. Così tre confezioni da 10 grammi sono disponibili a 77 euro. Ma si posso anche ordinare due confezioni da 30 grammi di beluga a 487 euro.
Oggi ci sono tre allevamenti ‘storici’ nel mondo: in Francia, in Italia e in California. “Il fatto che l’Italia sia associata al lusso gioca a nostro favore, ma dobbiamo combattere contro cento anni di storia russa e iraniana” conclude Mondella, “Sembra che la Cina si stia attrezzando per minare il primato italiano e per questo cerchiamo di diversificare il prodotto. Il business è anche quello della carne di storione, inoltre stiamo facendo studi sulle cartilagini, sule pelli e gli olii da utilizzare in cosmesi e medicina rigenerativa. Stiamo cercando di costruire una seconda era, che è quella del caviale italiano”. (AGI)