Vedere il mondo dall’interno di una stanza d’albergo, per ore, giorni, settimane, forse mesi. E immaginare che il proprio futuro sarà, almeno a breve termine, solo quello, e lì provare a continuare a coltivare i propri sogni di ragazza che cerca una prospettiva. “No, non odio il terremoto…Però posso dire che è ingiusto, è infido. Si è preso gioco delle persone che non potevano difendersi. Lo ha fatto ad agosto e lo ha ripetuto ad ottobre. Il terremoto può decidere delle persone, e in questo caso ha deciso di fare del male”. Giorgia lo dice con molta calma ma anche amarezza, dalla (sua) stanza d’albergo a Spoleto diventata la sua ‘casa’ dove con padre, madre e fratello – tutti insieme in un’unica camera – è costretta a vivere perchè la casa nel centro storico di Norcia è in zona rossa.
Probabilmente danneggiata in modo molto serio, se non irreparabile. Probabilmente, perché non ha avuto modo di vederla l’abitazione abbandonata precipitosamente la sera del 26 ottobre dopo le scosse di terremoto con magnitudo 5.4 e 5.9 succedutesi nel giro di un paio di ore. Prima di sei mesi sarà difficile avere un’idea chiara di che ne sarà di quella casa dove la famiglia si era trasferita due anni fa, una casa ristrutturata dopo il sisma del 1979 e che aveva retto alla scossa del 24 agosto.
I sogni di Giorgia
Diciannove anni, Giorgia Lucci ha conseguito la maturità al liceo artistico lo scorso luglio e l’intenzione era di iscriversi all’università, guardandosi comunque intorno per un lavoro – anche occasionale – che le consentisse di non pesare troppo sui suoi genitori. Padre titolare di una piccola impresa edile, madre occupata in un caseificio di Norcia, la ragazza ha un sogno nel cassetto: diventare poliziotta, la domanda di ammissione “proverò a farla lo stesso”. La divisa “è un obiettivo che ho sin da bambina”. E’ anche campionessa di Ju Jutsu (ha la cintura nera I dan) e questo le fa sperare di poter entrare nelle Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato.
La partecipazione a Miss Italia
Intanto, la partecipazione al concorso di Prima Miss dell’Anno, trampolino di lancio per le prefinali nazionali di Miss Italia. La domanda d’iscrizione l’aveva fatta prima che ci fosse il terremoto, e quando le è arrivata la comunicazione che era stata ammessa al casting di Roma ha avuto la tentazione di dire no, di lasciar perdere. “Ho pensato – racconta – ho perso la casa, ho tanti problemi ed ora vado a fare la selezione per Miss Italia?, ma i miei genitori hanno insistito perché partecipassi, hanno ritenuto che potesse essere almeno per me una giornata diversa. E di questo li ringrazio…”. Ora Giorgia è tra le sette che si giocheranno il titolo di Prima Miss dell’Anno, la votazione è on line. “Non so come andrà a finire, spero di passare ma ci sono altre sei ragazze che meritano anche loro. Per me comunque è stato bello partecipare perchè per un giorno ho pensato ad altro, e magari un sorriso me l’hanno strappato”.
Per Patrizia Mirigliani, patron del concorso Miss Italia, la presenza di Giorgia tra le concorrenti “è una notizia che allarga il cuore, una piccola luce nel disastro che ha distrutto tanti paesi dell’Italia centrale ed ha sconvolto al vita di tante famiglie. Siamo molto vicini a questa gente. Miss Italia è del resto la testimonianza della realtà del territorio del nostro Paese, lo raccontiamo attraverso i volti delle nostre ragazze e le loro vicissitudini”. Il concorso “può offrire talvolta, attraverso la trasmissione televisiva, un’immagine di manifestazione patinata, ma i riflettori di una sera – aggiunge Mirigliani – non ci allontanano dalla nostra vera rappresentazione di concorso delle comuni, vere, ragazze italiane e delle loro famiglie. Ragazze con la loro voglia di vivere e di sognare. E Giorgia parla proprio di sogni. Coltivati sin da bambina e che ha il diritto di veder realizzati: è proprio questo il compito, si può dire la missione, di Miss Italia. E una ragazza che vede nella sfilata tra le miss una forma di riscatto dalle difficoltà create dal terremoto mi colpisce e mi commuove”.
Il terremoto che le ha cambiato la vita
L’amarezza emerge tutta durante la conversazione. Un’amarezza che si trascina da mesi, da quella notte del 24 agosto. “Con il fatto che fosse estate mi ero intrattenuta con gli amici ed ero rientrata da un’ora quando c’è stato il terremoto, siamo subito usciti in strada e siamo andati a recuperare i nonni che erano in un’altra abitazione. Nessun danno ma per timore abbiamo dormito un mese in macchina e poi avevamo trovato uan sistemazione in albergo a Norcia. Eravamo rientrati nella nostra casa proprio il 26 ottobre ma siamo stati costretti ad uscirne subito e tornare a dormire in auto, e poi è arrivata la scossa di domenica 30…”. L’incognita sulle sorti della casa, da allora vita di nuovo in albergo, prima a Perugia e poi a Spoleto. “Non potevamo più stare a Perugia, troppo lontano per i miei genitori per recarsi ogni giorno al lavoro nella zona di Norcia, la strada della Valnerina era chiusa, il giro da fare più lungo, e perciò maggiori spese di benzina. Sì, la benzina è a carico nostro, è a carico di chi viaggia…anche se per recarsi al lavoro. E meno male che l’azienda dove lavora mia madre è rimasta in piedi, e anche mio padre può lavorare”. Adesso, con la Valnerina riaperta, da Spoleto è più agevole fare avanti e indietro per i genitori di Giorgia. Lei invece resta in albergo, a interrogarsi sul che fare, su come trascorrere le ore della giornata, in attesa del pranzo e della cena, l’uno fornito dal servizio della Protezione civile che provvede a far arrivare il pasto e l’altro preparato direttamente e fornito dall’albergo (sempre comunque nel quadro dell’assistenza assicurata dal Dipartimento).
L’iscrizione all’università per il momento è rimandata, “ora economicamente non mi posso permettere nulla, per adesso penso ad affrontare le spese personali e sto cercando un lavoro a Spoleto, nei negozi come commessa”. In albergo sono in oltre cento, quasi tutti di Norcia e Cascia, “ma amici o amiche non ne ho, sono andate altrove, in altri posti”.
La vita in albergo
“In albergo non hai i tuoi spazi, non hai la tua autonomia, libertà. Mi accontento. Il computer? è rimasto a casa, mi adatto con il telefonino per guardare cosa accade oltre questa stanza…”. E nel tono della voce emerge tutta la difficoltà con cui misurarsi in ogni momento. “Questa non è casa, è una situazione che magari a 19 anni non ti aspetti di vivere. C’è tanto da fare e da aspettare, si deve ricominciare piano piano. Speriamo…Già è tanto che i miei abbiano ancora il lavoro”. I momenti di scoramento sono tanti, “penso che non debba essere questa la vita, a 19 anni perdi tutto: casa, amici, i posti dove sei cresciuta. Ma non odio il terremoto, dico solo che colpisce alle spalle, che può decidere degli altri, e il più delle volte decide per il male”.