Tutte le ipotesi e chi le sostiene:
Voto anticipato – Fino a qualche giorno fa l’ipotesi è stata fortemente sostenuta dall’ex premier Matteo Renzi, ma sembra tramontata dopo che 41 senatori del Pd hanno firmato un documento trasversale, con cui blindano il governo Gentiloni; dicono no alla scissione e chiedono proprio a Renzi “un tempo ragionevole per rimettere in piedi il partito”.
Voto a fine legislatura – Tra i maggiori sostenitori di questa possibilità ci sono Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema. Il primo sulle pagine del Corriere della Sera racconta di “essere fuori dalla grazia del cielo…E’ ora di finirla, una classe dirigente seria deve mettere un punto fermo a indovinelli e giochini”. Bisogna votare nel 2018? “Io dico di sì e poiché dalla data del voto tutto discende, voglio sapere cosa ne pensano Renzi e Franceschini. Questo Paese è sbandato. La gente normale non capisce cosa sta succedendo. Vogliamo metterci di nuovo nell’irrazionale? Nell’inconoscibile? Nell’avventura? Ma insomma, ragazzi…”.
Dal canto suo Massimo D’Alema insiste sulla necessità di chiudere con l’era di Matteo Renzi e in un’intervista a Repubblica fa appello a “buon senso e responsabilità” per riprendere “il percorso ordinario che porta al congresso del Pd”. “Ma l’obiettivo” sottolinea “resta la discontinuità con la stagione renziana. Serve un cambio di contenuti e di guida”.Non ci si rende conto che “siamo seduti su una polveriera”.
“L’idea di precipitare verso elezioni anticipate con una legge proporzionale, con prospettiva certa di ingovernabilità, è una scelta folle. Con quale progetto? Con quale ipotesi di alleanze?”. Per l’ex presidente del Consiglio “la priorità è la legge elettorale. Il Pd ne ha proposto cinque diverse. E non è la minoranza che rompe le scatole. Lo scontro più aspro è quello che divide l’idea di Franceschini di un premio alle coalizioni e quella di Orfini che lo vuole alla lista. Non ho una particolare predilezione per i premi di coalizione. E non capisco bene quale sarebbe la coalizione del Pd”.
Dimissioni di Renzi e congresso Pd anticipato – L’attuale segretario dovrebbe terminare il suo mandato il prossimo autunno. Ma nelle ultime settimane nel Partito democratico è scattata una sorta di assedio. In molti chiedono le sue dimissioni e un congresso anticipato.
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Tra l’altro l’ipotesi di andare a votare prima della fine della legislatura ha aumentato l’urgenza, anche perchè il segretario del Pd – in base ad una norma dello statuto, cui si può derogare – può essere anche candidato dal partito alla presidenza del Consiglio. Il congresso per il Pd è paragonabile a un ciclo elettorale per il resto del Paese: una serie successiva di votazioni di circolo, comunali, regionali e nazionali che possono culminare nelle primarie, in cui iscritti ed elettori del partito scelgono i componenti dell’Assemblea Nazionale (una sorta di “parlamento” del partito) e il segretario. A questo punto, per ricompattare le linee del Pd, Matteo Renzi potrebbe presentare le sue dimissioni da segretario già il 13 febbraio davanti alla Direzione.
Forse alcune delle tante questioni che ingarbugliano il Partito democratico saranno risolte lunedì 13 a Roma, quando alle 14.30 al centro congressi vicino piazza di Spagna, si svolgerà la Direzione allargata a parlamentari e segretari regionale con più di 500 esponenti Dem. (AGI)