L’ha inventate, manco a dirlo, il diritto romano. Si chiamavano “atti nummo uno” e sono le vendite a prezzo simbolico che avvengono soprattutto in caso di fusioni. Con il salvataggio di un’azienda (all’epoca “negotio”) da parte di un’altra, generalmente dello stesso settore. L’esempio classico è quello della cessione nel 1969 della Lancia da Carlo Pesenti, che l’aveva rilevata da Gianni Lancia nel 1955, alla Fiat di Agnelli per “una lira” con contemporanea liberazione dai debiti.
Una tecnica che dura da millenni
La storia si ripete: nella vita di un’azienda possono arrivare momenti in cui si è troppo piccoli per continuare a svilupparsi o, semplicemente, per stare sul mercato. La soluzione viene dai Romani, si aggiorna ma rimane la stessa: un rivale più grande o meglio in salute offre il prezzo simbolico per un’azienda o per la parte dell’azienda che abbia ancora un minimo di prospettiva di vita e crescita.
Le banche in Italia
Il 10 maggio si è formalizzata l’aquisizione delle ‘good bank’ di Nuova Banca Etruria, Nuova Banca Marche e Nuova CariChieti da parte di Ubi-Banca. Un euro il prezzo pagato per le sole attività sane. Su cui poi è calato un piano di ulteriore ristrutturazione con cui entro il 2020 si avrà un taglio del 32% del personale: escono 1.569 persone sul totale di circa 4.900, appunto circa il 32% della forza lavoro.
Di queste, 530 hanno già aderito al fondo di solidarietà prima dell’acquisto di Ubi. Ora se ne dovrà andare un altro 22%, ovvero ben 1.000 dipendenti sugli attuali 4.400. La quarta banca, la Popolare di Ferrara, segue la stessa strada, direzione Banca Popolare dell’Emilia Romagna
Le banche venete
Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca andranno, per un euro, a Intesa Sanpaolo. O meglio, la banca ha fatto l’offerta per le sole parti sane. Per il resto, sarà lo Stato a intervenire. La vicenda è in corso ed è una soluzione strettamente subordinata all’approvazione del decreto varato dal governo domenica 25 giugno.
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Il caso Barclay’s
La Banca inglese è uscita l’anno scorso dal mercato italiano, lasciando a CheBanca! del gruppo Mediobanca la sua rete di sportelli e le attività, pagando 237 milioni alla società acquirente.
Il salvataggio del Banco Popular
In Spagna, il Banco Santander, il primo istituto creditizio spagnolo, ha acquisito per un euro il Banco Popular, sull’orlo del fallimento. Poi lo ha ricapitalizzato con oltre 7 miliardi di euro. Senza l’intervento dello Stato. Ma, come scrive l’Associazione degli Ispettori della Banca centrale in una nota pubblicata nei giorni scorsi, “Esser soddisfatti perché un intervento si sia realizzato senza costi diretti per il contribuente è come essere contenti che un paziente sia morto senza contagiare nessuno”. (AGI)