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Home > Due cuori e una tapioca

Due cuori e una tapioca

21 de outubro de 2016 - Por Comunità Italiana
Due cuori e una tapioca

Due cuori e una tapiocaStefano e Josuè si sono sposati a Rio, vivono a Viareggio e stanno per lanciare un food truck itinerante che proporrà cibi e musica brasiliani lungo lo Stivale

La storia di Stefano e Josuè è una bella storia. Una di quelle storie che abbatte le distanze geografiche e culturali, che supera i pregiudizi di genere e che sancisce l’unione tra un uomo italiano e un uomo brasiliano, nel segno di una vita di amore e di un’interessante prospettiva lavorativa. Stefano ha 45 anni, è di Viareggio e ha sempre lavorato nel settore del turismo. Josuè è di Rio de Janeiro, ha 37 anni ed è un analista finanziario. Un giorno, nel luglio del 2015, le loro vite si incrociano improvvisamente su una chat.
— Ci siamo subito piaciuti e abbiamo iniziato a parlare di tante cose. Ci vedevamo su Skype e ci confrontavamo sulle nostre idee, sui nostri vissuti e sulle nostre situazioni familiari. Lui ha perso il padre tre anni fa ed io da due anni e questo passaggio doloroso, che entrambi abbiamo attraversato e che ha segnato le nostre esistenze, ci ha resi ancora più vicini — racconta Stefano.
Il sentimento sorto tra Stefano e Josuè lievita con il passare dei giorni e si fa sempre più profondo.
— Conosco tante persone, anche più grandi di me, che continuano a vivere la propria vita come degli eterni Peter Pan. Sia io che Josuè, invece, eravamo arrivati ad un momento della nostra vita nel quale sentivamo il bisogno di costruire qualcosa di più solido — spiega Stefano.
Ed è così che nel novembre del 2015 i due si incontrano per la prima volta a Viareggio.
— Dopo esserci conosciuti in chat, c’era sempre il rischio che incontrandoci di persona emergesse qualche nota stonata o che semplicemente non ci fosse quella elettricità necessaria tra due persone e invece c’è stata subito una forte intesa, potremmo quasi parlare di un colpo di fulmine —-confida Stefano.
E così Stefano e Josuè decidono di sposarsi. Il matrimonio civile è riconosciuto solo in Brasile e allora le nozze si terranno a Rio. La data è fissata per il 14 maggio del 2016 e Stefano raggiunge il futuro marito con tre mesi di anticipo.
— C’era da preparare il matrimonio e dovevo conoscere i suoi familiari. Con la sua famiglia non c’è stato alcun tipo di problema, ho incontrato delle persone molto buone, generose e alla mano, che mi hanno accolto benissimo. Mi sono sentito subito a casa, sia con sua madre che con la sorella e la nipotina. Con queste ultime avevo già parlato e scherzato più volte su Skype — riferisce il viareggino.
Josuè, invece, aveva conosciuto i familiari di Stefano nel corso del suo primo soggiorno in Italia.
— Anche mia madre, che mi ha sempre sostenuto ed è stata sempre al mio fianco, ha accolto molto bene Josuè. Gli unici dubbi li ha posti mia zia, che mi ha chiesto se ero davvero convinto di fare un passo così importante, con una persona conosciuta da così poco tempo. Io ho provato a spiegarle che per me era impossibile riuscire a descrivere la profondità dei sentimenti che provo e le ho detto che i rischi ci sono sempre e comunque, visto che conosco tante coppie che sono state fidanzate per dieci anni e che si sono lasciate dopo appena due mesi di matrimonio — mette in luce l’italiano.
Argomentazioni talmente lucide, che immaginiamo abbiano diradato i residui dubbi della zia. Il matrimonio si celebra secondo i piani. Il 14 maggio è un giorno di festa, è il giorno più importante nelle vite di queste due persone, di queste due anime così distanti eppure così vicine. Dopo le nozze si torna in Italia, a Viareggio. È qui che la coppia ha scelto di costruire una nuova vita.
— Io in realtà spingevo per restare a vivere in Brasile ma lui non ha voluto sentire ragioni — rimarca con un pizzico di polemica Josuè.
E Stefano spiega che “in realtà è più che altro una questione climatica, perché io non sopporto minimamente il caldo e fino a poco tempo fa ho avuto seri problemi di salute legati alle temperature elevate”.

Il food truck e la battaglia contro la burocrazia
Alla fine, in ogni caso, la spunta l’italiano e la nuova vita comune prevede anche un nuovo lavoro comune: Stefano e Josuè vogliono aprire un food truck, ovvero un camioncino itinerante, attraverso il quale proporre prodotti tipi brasiliani.
— Pietanze come la tapioca, da farcire sia con il dolce che con il salato, alle quali abbinare bevande brasiliane come il succo di guaraná. Inoltre intendiamo creare un’atmosfera particolare, con musiche brasiliane e altre sorprese che per il momento preferiamo non svelare — spiegano i due uomini.
L’idea è quella di girare l’Italia ed eventualmente anche l’Europa, affiliandosi ad uno dei vari circuiti che organizzano gli street food festival, sempre più in voga lungo tutto lo Stivale. — Si tratta di fiere itineranti, che propongono tipicità provenienti da varie zone dell’Italia e del mondo. Si paga una quota di affiliazione e poi, per le pratiche ed i permessi, pensano a tutto loro — dice Stefano.
Un bel progetto, che però deve fare i conti con le logiche imperscrutabili della burocrazia italiana. Per aprire un’impresa a conduzione familiare, ovvero il modello più idoneo alle esigenze della coppia, occorre essere registrati alla Camera di Commercio e prima ancora è necessario essere riconosciuti come nucleo familiare. In Italia non esiste una legge che riconosca il matrimonio tra persone dello stesso sesso e solo a giugno la legge Cirinnà ha fornito un riconoscimento alle coppie di fatto, anche omosessuali, attraverso l’istituto delle unioni civili. I ritardi nei decreti attuativi, però, hanno fatto slittare le pratiche e creato lungaggini nell’arrivo dei registri provvisori presso i Comuni, che hanno il compito di effettuare le registrazioni. Stefano e Josuè, dunque, si trovano davanti a continui rinvii e fanno fatica a vedere riconosciuto un proprio diritto. La situazione si sblocca solo dopo alcune settimane, in seguito alla denuncia pubblica della coppia, che trova spazio sulle colonne di vari quotidiani locali.
— Il problema improvvisamente si è risolto, nel giro di due settimane siamo stati registrati e adesso finalmente siamo pronti a partire. Abbiamo già avviato le pratiche, fatto dei corsi di formazione per la somministrazione di alimenti e non ci resta da fare altro che aprire la società — affermano con soddisfazione i diretti interessati.
La burocrazia, ad ogni modo, non è una prerogativa soltanto italiana. A Viareggio hanno avuto problemi con la registrazione ma per il matrimonio in Brasile e per produrre tutta la documentazione è stata necessaria una lunghissima trafila, che peraltro complessivamente gli hanno costato circa 4.000 reais.

“In Brasile troppa violenza contro gay”
Le differenze tra i due paesi, sul piano culturale e del rispetto dei diritti degli omosessuali, sono tutte nelle parole di Stefano e Josuè.
— In Brasile esiste il matrimonio civile già da diversi anni, ma in Italia ci sono meno pregiudizi e mi sento più libero di vivere la mia vita. A Rio c’è tanta violenza, che prende di mira soprattutto transessuali e travestiti, e questo non è giusto perché ogni essere umano merita di essere rispettato — osserva Josuè.
Concetti che dovrebbero essere semplice buon senso e che invece, troppo spesso, si scontrano ancora con l’ignoranza ed il pregiudizio.
— Sono stato troppo poco tempo in Brasile per poter compiere un raffronto tra i due paesi ma posso dire che in Italia tante cose sono cambiate, c’è più informazione di un tempo, non si è più costretti a nascondersi o ad avere doppie vite, anche se tuttora nelle piccole realtà ci possono essere le solite chiacchiere spiacevoli — nota Stefano.
Josuè, a conti fatti, è felice di vivere in Italia.
— Mi piace il cibo italiano e adoro il gelato. Quello che non mi piace, invece, è un certo razzismo degli italiani, che affiora soprattutto sui social network, nei confronti degli immigrati e delle persone di un altro colore. In realtà c’è una forte crisi economica e gli italiani accusano gli immigrati di rubare il loro lavoro “ma non esiste alcuna ragione che possa giustificare chi discrimina sulla base di un pregiudizio razziale — confessa il brasiliano.
A Stefano e Josuè non possiamo che augurare una vita felice e piena di soddisfazioni. Prima di congedarci, ci salutiamo con una promessa.
— Tra qualche mese dobbiamo rivederci per la seconda parte dell’intervista e questa volta la realizzeremo a bordo del nostro camioncino — dice Josuè.

Comunità Italiana

A revista ComunitàItaliana é a mídia nascida em março de 1994 como ligação entre Itália e Brasil.