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Emergenza in mare

13 de novembro de 2013 - Por Comunità Italiana
Emergenza in mare

Emergenza in mareLa tragica morte di centinaia di immigrati preoccupa tutta Italia, il cui litorale è la principale porta dell’Europa

Un cimitero in mezzo al mare, che di giorno in giorno si ingrossa a dismisura. L’Italia, cerniera tra il Mediterraneo e l’Europa, continua ad assistere impotente alla tragica morte di centinaia di immigrati. Uomini, donne e bambini, provenienti principalmente dalla Somalia, dalla Tunisia, dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Eritrea e dal Mali, che lasciano il proprio Paese alla ricerca di un futuro migliore. Utilizzano i risparmi di una vita, ovvero cifre che oscillano tra i 3 mila e i 6 mila euro a persona, per pagare il proprio viaggio della speranza. Si ritrovano stipati, a bordo di vecchi barconi, senza alcuna garanzia per la propria sicurezza. Destinazione Sicilia: Lampedusa, ma anche Ragusa, Trapani e Siracusa. I loro traghettatori sono scafisti senza scrupoli, che molto spesso, per evitare di essere identificati dalle autorità italiane, li abbandonano al proprio destino in prossimità della costa. Non importa se il mare è in burrasca, se la gran parte di quei disperati sarà inghiottita dalle onde e se in pochi riusciranno a sopravvivere. E’ quanto accaduto il 3 ottobre scorso al largo dell’isola di Lampedusa, dove il naufragio di un barcone, abbandonato alla deriva, ha provocato la morte di quasi 400 persone. Una tragedia che ha scosso nel profondo la coscienza degli italiani, pur trattandosi soltanto dell’ultimo atto di una lunga catena.
Naufragi e annegamenti, infatti, si verificano quotidianamente da diversi anni e, prima della strage di Lampedusa, quasi non facevano più notizia. Da quel giorno qualcosa è cambiato, sul piano della determinazione politica nell’affrontare i problemi, ma gli sbarchi non accennano a diminuire e decine di persone, ogni giorno, trovano la morte al largo della costa italiana. La Guardia Costiera non conosce pace e fa quel che può per soccorrere le migliaia di disperati che tentano la via del mare. Secondo le stime, dall’inizio dell’anno, sono già sbarcati in Italia oltre 35 mila immigrati. Molti fuggono dalla fame e da guerre sanguinarie, la gran parte non ha alcuna intenzione di restare nello Stivale: sanno che l’Italia offre poche opportunità, sono solo di passaggio e il loro sogno si chiama Germania, Francia o Inghilterra.
Il litorale italiano è la principale porta dell’Europa e l’Europa, di fronte alle stragi quotidiane, avrebbe il dovere di farsi carico del problema. La Guardia Costiera e le forze dell’ordine, da sole, non sono in grado di garantire la sicurezza. Gli esponenti del Governo italiano hanno chiesto all’Europa un cambio di passo. Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa che da mesi cerca invano di richiamare l’attenzione su quanto accade nell’isola, ha avuto la possibilità di intervenire al parlamento europeo, che l’ha ascoltata con grande attenzione.
— Ora che tutti avete visto quelle bare — ha detto rivolgendosi agli europarlamentari — speriamo che qualcosa cambi davvero. Non deludeteci.
E qualcosa, lentamente, sembra essere in procinto di cambiare. L’ultimo vertice Ue ha accolto le richieste dell’Italia, inserendo nel testo conclusivo un riferimento alla necessità “di fornire una risposta europea, guidata dal principio della solidarietà, al problema dell’immigrazione e di ripartire equamente le responsabilità”. L’Europarlamento, inoltre, ha approvato una risoluzione bipartisan, sui flussi dei migranti nel Mediterraneo, in cui si chiede di “modificare o rivedere eventuali normative che infliggono sanzioni a chi presta assistenza in mare”. Evidente il riferimento alla legge Bossi-Fini, che fissa la normativa in materia di immigrazione, punendo chi soccorre gli immigrati clandestini.
Il sindaco di Lampedusa, nei giorni scorsi, ha raccontato che il giorno della strage di inizio ottobre tre pescherecci locali si sarebbero allontanati dal luogo del naufragio: avrebbero rinunciato a prestare soccorso proprio perché in passato altri pescatori, dopo aver salvato la vita ad alcuni immigrati, sono finiti sotto processo con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Anche il premier Letta si è dichiarato deciso a superare la legge Bossi-Fini
Un altro aspetto controverso è quello dei respingimenti, che in base alla legge Bossi-Fini sono ammessi anche nelle acque extraterritoriali: con l’obiettivo di evitare che i barconi attracchino sul suolo italiano, viene consentito che l’identificazione degli eventuali aventi diritto all’asilo politico o a prestazioni di cure mediche e assistenza avvenga direttamente in mare. E’ questa una delle principali ragioni che spingono i migranti clandestini a gettarsi in acqua: provano a dribblare i controlli e a raggiungere la riva a nuoto. Tra i migranti che viaggiano sui barconi possono esserci profughi in cerca di protezione internazionale e il respingimento senza una verifica approfondita, che spesso non avviene, viola la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, che recepisce a sua volta il principio stabilito dalla Convenzione di Ginevra, secondo cui gli Stati non possono rinviare i rifugiati nei Paesi dove questi sono perseguitati e rischiano la vita. 
La Bossi-Fini ha fallito su tutti i fronti: sul piano della deterrenza, dal momento che gli sbarchi sono addirittura aumentati; sul piano della sicurezza, visto che la legge punisce chi aiuta i migranti e incoraggia il compimento di gesti disperati e talvolta letali; e infine sul piano delle condizioni umanitarie, dal momento che i cosiddetti centri di accoglienza, nei quali vengono rinchiusi gli immigrati clandestini prima di essere espulsi, sono iperaffollati e in alcuni casi assomigliano a veri e propri lager.
Anche i superstiti della strage di Lampedusa, subito dopo essere stati soccorsi, sono stati raggiunti dal provvedimento di espulsione e rinchiusi nel centro di accoglienza locale, dove attualmente si trovano 750 persone, a fronte di una capienza massima di 380 posti. Ragioni più che sufficienti per mandare in soffitta una normativa inadeguata e inefficace.
Lo stesso presidente del Consiglio, Enrico Letta, che ha reso omaggio alle vittime della strage di Lampedusa, si è dichiarato deciso a superare la legge Bossi-Fini. Il tema, però, è delicato. Nella gran parte dell’Europa, come spesso avviene nei tempi di crisi acuta, soffia un vento contrario agli immigrati, che rappresentano l’obiettivo più facile: l’estrema destra e i movimenti populistici continuano a guadagnare consensi puntando il dito contro gli stranieri, accusandoli di rubare il lavoro, di occupare indebitamente le case e di ridurre in miseria le popolazioni autoctone. Naturalmente le cose non stanno così, ma anche la politica italiana è prigioniera di logiche simili: senza contare la Lega e l’estrema destra, che fanno una bandiera della battaglia contro gli immigrati, il centrodestra italiano è arroccato a difesa della Bossi-Fini, il centrosinistra è diviso ed incerto, mentre Beppe Grillo ha già sconfessato i senatori del Movimento 5 Stelle che si erano pronunciati per la cancellazione della legge.
La cronaca di ogni giorno continua ad incalzare, allungando il triste elenco dei morti in mezzo al mare. Occorre interrompere la spirale: l’Europa deve passare dalla politica degli annunci a quella dei fatti. Alcune conclusioni operative approderanno al Consiglio europeo già a dicembre e riguarderanno soprattutto il rafforzamento di Frontex, l’Agenzia che ha lo scopo di coordinare il pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati membri della Ue e l’implementazione di accordi con i Paesi confinanti, per la riammissione dei migranti extracomunitari respinti lungo le frontiere. Anche l’Italia ha il dovere di attivarsi sul fronte interno, impegnandosi per correggere il tiro. Papa Francesco, che pochi mesi prima aveva fatto visita agli immigrati rinchiusi nel Centro di accoglienza di Lampedusa, ha utilizzato la parola “vergogna” per definire quanto accaduto e ha invitato tutti ad “unire gli sforzi per fermare le stragi in mare”. Da Milano a Napoli, da Roma fino alle isole, non andrebbe mai dimenticato che anche l’Italia è un Paese di migranti.

Comunità Italiana

A revista ComunitàItaliana é a mídia nascida em março de 1994 como ligação entre Itália e Brasil.