I bronzi di Riace devono essere esposti alla EXPO15?
Nella Grecia del 500 a.C. un artista sconosciuto, forse il famoso Fidia, scolpì due stupende statue in bronzo: due baldi e muscolosi giovanotti, nudi, destinati ad abbellire una casa patrizia romana. Erano talmente belli che Nettuno, invidioso, decise di farli sparire e fece naufragare, al largo delle coste calabre, la nave che li trasportava.
Nel 1972 un sub italiano si immerse nelle acque di Tropea e vide un braccio bronzeo che, dalla sabbia, salutava i passanti. Le due statue furono recuperate, restaurate e esposte al pubblico nel Museo Archeologico di Reggio Calabria. Sono due straordinari oggetti d’arte: li vidi anni fa e, come tutti i maschietti, invidiai la loro muscolosa e perfetta bellezza. La sera, davanti allo specchio, mi vergognai non poco. Si dice che invadano spesso i sogni delle fanciulle e delle signore. Ci credo: è difficile trovare fidanzati e mariti talmente belli e, a quanto appare, gentili e pronti all´uso. Altro che Brad Pitt.
Si discute se il Museo di Reggio sia la sede piú adatta per ospitare le due bellezze. È vero che le hanno pescate presso le coste calabre ma, come tutti i capolavori, esse appartengono alla cultura universale. Parlare quindi di “proprietà” della Regione Calabria sembra fuori luogo. Solo 150.000 persone all’anno li vedono, e la metá non paga. È un peccato: al Louvre o all’Albert Museum i visitatori sarebbero milioni, e pagherebbero. Nessuno va a Reggio appositamente per vedere i bronzi; oltretutto la famigerata Salerno-Reggio sarà pronta, forse, il secolo prossimo. La sovrintendente del Museo, Simonetta Bonomi, evidentemente lombarda per cognome, dice ironicamente che va bene così: se ci fossero più visitatori il Museo non avrebbe i soldi per fare le pulizie.
Anche la custodia lascia a desiderare: mesi fa un fotografo buontempone vestì i maschioni con tanga a macchie di leopardo, velo da sposa e boa fucsia e li fotografò, postando le foto sui media. Scandalo: l´arte va rispettata. Certamente, ma il vero scandalo è che a Reggio chiunque può entrare indisturbato nel Museo e fotografare i bronzei mascoli in stile drag queen. Magari pagando il pizzo a qualche custode.
Ora Sgarbi, noto e discusso critico d´arte dalla lingua sciolta, vorrebbe che le due statue fossero esposte a Milano alla Expo 2015. È guerra: metá degli italiani, e naturalmente tutti i calabresi, dice no e prepara le barricate, l’altra metá dice sì e affila le armi e la dialettica. Chi non vuole, secondo Sgarbi, è bigotto talebano, ipocrita, campanilista, conservatore, e altro. Poi si finisce nel cadere nella solita stupida, inutile e gretta discussione tra sud e nord.
Vi sono argomenti a favore delle due tesi. Dice il sud che il trasporto presenta pericoli. Un argomento serio anche se, in altre occasioni, i bellocci hanno viaggiato più volte e se, 50 anni fa, l’uomo è andato sulla luna. Quando però dice: i bronzi sono nostri e non si muovono da Reggio, dice una fesseria. E ancora: l’Expo è banalizzazione di massa e i nostri gioielli meritano di meglio. Opinione sensata; intelletuale snob ma anche purismo sospetto. Dice il nord: non si può definire arte ciò che non si condivide e non si mette a disposizione del pubblico. A Milano milioni di persone potrebbero vedere i bronzi e pagare il biglietto: ossigeno per il Museo che si beneficerebbe anche di una formidabile pubblicità. Chi li avrà visti a Milano potrà parlarne o aver voglia, tanto son belli, di rivederli a Reggio, mentre sarà difficile che qualcuno si avventuri fino alla punta dello stivale per vedere due belle statue di origine greca, naufragate per caso sulle coste calabre. Sembra ragionevole. Quando però il nordista dice: i bronzi sono dell´Italia e noi paghiamo le tasse per restaurarli e esporli a Reggio, dice una fesseria.
La tenzone non merita di essere trattata come un episodio della faida nord-sud. L´arte e la cultura, per fiorire, hanno bisogno anche di soldi e, se si presentano occasioni, non dobbiamo perderle. In questa ottica sarebbe conveniente che le opere d’arte fossero concentrate in pochi, grandi musei, ben amministrati, nelle grandi città. Se a Napoli ci fosse, per esempio, un grande museo archeologico, magari amministrato meglio di come oggi sono gestite Pompei e Paestum, che esponesse le opere più rappresentative del nostro sud, i visitatori sarebbero milioni. Difendiamo i nostri campanili solo quando parliamo di cucina.