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Home > Fiducia: sì al Senato. Ora voto alla Camera I finiani al premier: «Voi i traditori»

Fiducia: sì al Senato. Ora voto alla Camera I finiani al premier: «Voi i traditori»

14 de dezembro de 2010 - Por Comunità Italiana

Di Pietro interviene a Montecitorio, Berlusconi e il Pdl lasciano l'Aula. Poi rientrano su richiesta di Casini

MILANOL'atteso giorno della verifica parlamentare, il più lungo per Silvio Berlusconi, è arrivato. Il governo, come ampiamente previsto, ha incassato la fiducia al Senato, mentre a Montecitorio, dove la votazione è in corso, l'esecutivo è sul filo. «Le mie dimissioni sono assolutamente escluse» ha ribadito ancora una volta il premier, rifiutando di fatto l'ennesima richiesta avanzatagli in tal senso dai senatori finiani prima del dibattito alla Camera.

TENSIONE – A Palazzo Madama i sì sono stati 162, i voti contrari 135. Undici gli astenuti, i dieci finiani (che hanno votato compatti) più Enrico Musso, ex Pdl oggi nel gruppo misto. Alta la tensione a Montecitorio. Tanto che il presidente del Consiglio e dell'intero gruppo del Pdl hanno lasciato l'Aula durante l'intervento del leader Idv Antonio Di Pietro, in segno di «protesta contro gli insulti» dell'ex pm. Premier e parlamentari sono poi rientrati su richiesta del leader Udc Pier Ferdinando Casini. I finiani, con Italo Bocchino, hanno rispedito al mittente le accuse di tradimento. «Lei, presidente – ha detto il capogruppo -, ci ha accusato più volte di essere dei traditori, ma noi respingiamo l'accusa al mittente. Il mio leader è sempre stato ed è oggi, da quando sono entrato in politica, Gianfranco Fini». «Invito gli esponenti di Futuro e libertà a non votare la sfiducia a questo governo che è disposto ad accogliere alcune proposte su temi economici così come è disposto a discutere di riforme a partire dalla legge elettorale» ha detto il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, mentre il leader della Lega Umberto Bossi è tornato a insistere sulle elezioni anticipate: «L’unica igiene è il voto» ha detto il Senatùr in Transatlantico il leader della Lega.

{mosimage}GESTANTI E INDECISI – A Montecitorio sono arrivate le tre deputate in dolce attesa Federica Mogherini (Pd), Giulia Bongiorno (Fli) e Giulia Cosenza (Fli): il loro voto è considerato determinante per la sfiducia. La Bongiorno, incinta e costretta a letto da diversi giorni per complicazioni, ha fatto il suo ingresso in Aula sulla sedia a rotelle. La fiducia/sfiducia alla Camera sarà una battaglia all'ultimo voto. Fondamentale è dunque la scelta finale degli indecisi. Uno di questi è Paolo Guzzanti, con il quale il premier si è intrattenuto prima di entrare a Montecitorio. «Ho già deciso come voterò ma lo dirò solo in Aula» aveva spiegato Guzzanti accerchiato dai giornalisti, annunciando poi nel suo intervento la decisione di votare la sfiducia. La finiana Siliquini al contraria ha optato per il no alla sfiducia. Il capogruppo del Pd, Dario Franceschini, ha tentato in extremis di convincere Bruno Cesario e Domenico Scilipoti a votare la mozione di sfiducia. Durante le dichiarazioni di voto, l'esponente dei democratici si è alzato dal suo posto per raggiungere i banchi dove siedono i due componenti del «movimento di responsabilità nazionale». Il colloquio è durato oltre dieci minuti.

GOVERNO A +4 AL SENATO – Se l'esito del voto alla Camera è tuttora incerto, la votazione a Palazzo Madama è stata auna passeggiata per il governo Berlusconi. Pdl e Lega hanno al Senato complessivamente 160 senatori. La mozione di fiducia è passata con 162 e considerando che non hanno votato il presidente Renato Schifani ed il senatore siciliano del Pdl Vincenzo Galioto (assente), il governo è andato a +4. Hanno infatti votato la fiducia i senatori Antonio Fosson (Union Valdotaine), Riccardo Villari (Misto), Sebastiano Burgaretta (Mpa) e Salvatore Cuffaro (ex Udc).

LA MOSSA DI FLI – Berlusconi ha scelto di andare alla conta a Montecitorio dopo l'ultimo «no» di Fli. Malgrado le spinte opposte delle «colombe», Gianfranco Fini è riuscito infatti lunedì a ricompattare i suoi su un documento unitario, chiedendo al premier di dimettersi prima del voto alla Camera. «Non accetto diktat» è stata la risposta del Cavaliere. Da qui si è ripartiti martedì. Futuro e Libertà, con il senatore Pasquale Viespoli, ha rilanciato l'offerta: ci asterremo, ha annunciato in Aula il capogruppo, lei si astenga dalla Camera e si astenga dalla conta, ha detto rivolgendosi al presidente del Consiglio. «Se lei va alla Camera e va alla conta, segna tre sconfitte» ha spiegato Viespoli. «La prima è la sconfitta della leadership che deve saper costruire una sintesi e un compromesso alto. La seconda è che rischia di fatto il ribaltone. Infine la terza è che lei rischia di determinare l'instabilità del governo» ha concluso il senatore finiano, invitando il premier a recarsi al Quirinale dopo aver incassato la fiducia al Senato.

LA LEGA – Il Cavaliere ha replicato con un nuovo, secco, «no». La fiducia? «La pigliamo» ha detto, sicuro, il leader del Carroccio Bossi. «Qualcuno deve vincere» ha aggiunto il numero uno della Lega, riservando parole non proprio di stima per il leader dei centristi Casini. «Non mi pare un grande politico. Ha sempre votato contro tutto» ha detto il Senatùr. «Con noi potrebbe trovare difficoltà».

LE ALTRE DICHIARAZIONI DI VOTO – Prima di Viespoli, l'intervento di Francesco Rutelli e del leghista Federico Bricolo. Il leader dell'Api, ha voluto attendere l'arrivo del premier prima di iniziare a parlare. Il distacco dei finiani dalla maggioranza di centrodestra, ha detto poi, «chiude una stagione iniziata 17 anni fa». Duro l'intervento del dipietrista Felice Belisario, che ha accusato Berlusconi di essere «il mandante politico della più grande compravendita di parlamentari». Come l'Idv, anche Mpa e Udc hanno annunciato il loro no alla fiducia.

Fonte: www.corriere.it

 

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