Comunità Italiana

Geni individuali e geni collettivi

Possiamo temere che sette miliardi di esseri viventi non ci garantiscono un numero corrispondente di geni

Poco più di tre anni fa, il 31 ottobre 2011, la popolazione mondiale toccò il record dei sette miliardi. Il genere umano ha impiegato più di un milione di anni per raggiungere il miliardo (1804) ma poi gli sono bastati 123 anni per raddoppiare (1927). Da quel momento l’incremento è diventato molto più veloce: in sessant’anni siamo diventati cinque miliardi (1987) e nei successivi ventiquattro anni siamo arrivati a sette miliardi.
Di fronte a una tale crescita demografica, vien fatto da chiederci se ci sarà da mangiare e da bere per tutti. Ma il nostro allarme nasce dal fatto che pensiamo ai sette miliardi di bocche da sfamare trascurando il particolare niente affatto secondario che a ogni bocca corrisponde un cervello. Oggi, per la prima volta, la Terra è popolata da sette miliardi di cervelli che ogni mattina si svegliano e cominciano a pensare, ogni sera si addormentano e cominciano a sognare. Mai il pianeta aveva avuto a sua disposizione una massa cerebrale così imponente e così istruita, servita da tecnologie così potenti.
Per un semplice calcolo delle probabilità, certamente in questi sette miliardi di nostri conterranei ci sono molti geni. Per valorizzarli, non basta scovarli ma occorre anche formarli e indirizzarli a buon fine. Nella storia umana, infatti, Leonardo e Pasteur come  Oscar Niemeyer e Villa Lobos hanno operato per il progresso delle scienze e delle arti ma Torquemanda, Rasputin o Hitler hanno messo la loro indiscussa genialità a servizio del male.
La distribuzione quantitativa dei geni nel tempo e nello spazio non è mai stata omogenea. L’Atene di Pericle contava circa quarantamila cittadini liberi, ventimila immigrati e 250.000 schiavi condannati a ruoli sub-umani. Fatto sta che una popolazione così esigua ha prodotto un numero impressionante di geni in campi disparati come la filosofia e l’architettura, la storiografia e la drammaturgia. Altrettanto sorprendente l’addensamento di geni – da Leonardo a Michelangelo, da Brunelleschi a Botticelli, da Machiavelli al Poliziano – nella Firenze dei Medici che, dopo la morte dei quattro quinti della popolazione per la peste del 1348, contava più o meno ventimila abitanti.
Tenendo conto di questi capricci della natura, possiamo temere che sette miliardi di esseri viventi non ci garantiscono un numero corrispondente di geni. Ma, per fortuna, nel corso della nostra storia siamo riusciti persino a fare a meno di personalità fuori dell’ordinario, reinventando la creatività.
Per spiegare questo concetto ho bisogno di partire dalla definizione di creatività. A mio avviso, la creatività è una sintesi di fantasia (con cui inventiamo nuove idee) e di concretezza (con cui le realizziamo). Solo raramente queste due qualità – fantasia e concretezza – sono compresenti ad alto livello nella medesima persona, rendendola geniale. Per lo più, in ciascuno di noi, prevale o la fantasia o la concretezza.
Partendo da questa constatazione, abbiamo capito che si può compensare la carenza di geni individuali  con la formazione di geni collettivi se si fa lavorare insieme personalità fantasiose con personalità concrete. Si ottengono così dei team capaci di straordinarie imprese, pur essendo composti da soggetti normali. Ma affinché un gruppo di persone fantasiose e di persone concrete funzioni perfettamente, deve condividere la medesima missione, deve lavorare con entusiasmo e deve essere guidato da un leader carismatico.
Così hanno operato i gruppi riuniti intorno a leader come Enrico Fermi in fisica, come Max Perutz in biologia o Lucio Costa in urbanistica. Inoltre, il controllo reciproco esercitato dai membri del gruppo creativo rende più difficile volgerne le azioni verso il male.
Dunque, accanto ai motivi d’allarme, il fatto di essere sette miliardi ci offre anche motivi di fiducia: cresce la popolazione ma, con essa, cresce anche l’intelligenza collettiva e la capacità di risolvere i problemi posti dal boom demografico. Tutto sta a individuare e valorizzare i talenti individuali, formare quelli collettivi, indurre entrambi a lavorare per la felicità di tutti. In fine, dobbiamo esprimere nei loro confronti la virtù rara della riconoscenza.