“Sono qui per venire incontro alle esigenze delle verità e della giustizia”. Così il presidente del Senato Piero Grasso ha cominciato la sua deposizione al processo sulla trattativa Stato-mafia in corso a Palermo. Sia il presidente della corte d’assise che celebra il processo che la procura di Palermo e le difese hanno ringraziato Grasso di avere rinunciato alle prerogative di farsi esaminare a Palazzo Madama.
E’ quindi cominciata nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo la deposizione del presidente del Senato Piero Grasso al processo sulla trattativa Stato-mafia. L’ex capo della Dna, citato dai pm, dovrà testimoniare – si legge nell’articolato di prova – “in ordine alle richieste provenienti dall’ex ministro Nicola Mancino aventi ad oggetto l’andamento delle indagini sulla cosiddetta trattativa, l’eventuale avocazione delle stesse e o il coordinamento investigativo delle Procure interessate”. La vicenda è quella venuta fuori dalle intercettazioni effettuate dai pm sulle utenze telefoniche di Mancino che, nel processo, è accusato di falsa testimonianza. Dalle indagini emersero le sollecitazioni fatte dall’ex politico Dc a Grasso, all’epoca capo della dna, direttamente e per il tramite dell’ex consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio, perchè esercitasse i poteri di coordinamento, riconosciuti alla procura nazionale antimafia, in merito alle inchieste condotte dai tre uffici sul presunto patto Stato-mafia. Il processo si celebra davanti alla corte d’assise. In aula a rappresentare l’accusa ci sono il procuratore di Palermo Francesco Messineo, l’aggiunto Vittorio Teresi e i pm Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia.
Grasso, Mancino si sentiva perseguitato – “Avevo incontrato Mancino durante gli auguri di Natale al presidente della Repubblica Napolitano a dicembre del 2011. Fu un incontro veloce davanti al guardaroba al Quirinale. In quella circostanza Mancino mi apostrofò dicendo in sostanza che si sentiva quasi perseguitato, tormentato e che c’erano differenze di valutazioni di suoi comportamenti da parte di diverse Procure”, ha raccontato il presidente del Senato Piero Grasso deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia. “Mancino – ha spiegato Grasso – mi disse che il capo della dna qualcosa avrebbe dovuto fare. Io risposi che l’unico modo per ridurre a unità indagini era l’avocazione. E lui ribadì che comunque si poteva spingere verso un coordinamento delle attività investigative”. “Poi prendemmo i soprabiti e finì il discorso”, ha concluso.
“Mi si può dare atto che nessuna interferenza ci fu da parte mia nelle indagini sulla trattativa”. Lo ha detto Grasso, parlando delle lamentele dell’ex ministro Nicola Mancino sulla diversa piega presa dalle inchieste delle tre procure – Firenze, Palermo e Caltanissetta – sul cosiddetto patto tra pezzi delle istituzioni e Cosa nostra.
Grasso, mi aspettavo citazione persona offesa – “Pensavo che sarei stato citato non solo come teste ma come persona offesa visto che qualcuno, come il pentito Brusca, aveva detto che ero tra quelli a cui dare un colpetto per ravvivare la fiamma della trattativa”. A conclusione delle domande della Procura, il presidente del Senato Piero Grasso, che sta deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia, ha sottolineato la sua meraviglia per non essere stato citato al dibattimento come persona offesa, bensì solo come testimone. Il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca aveva infatti raccontato di un progetto di attentato a Grasso proprio per dare nuovo input al “dialogo” con pezzi delle istituzioni giunto a una fase di stallo. Al velato ‘appunto’ mosso da Grasso il procuratore di Palermo Francesco Messineo che ha condotto l’esame ha risposto: “qui non stiamo celebrando un processo per strage o per mancata strage, ma per violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato”.(ANSA)