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I forconi

15 de janeiro de 2014 - Por Comunità Italiana
I forconi

IForconiIl movimento autoproclamato 9 dicembre organizza blocchi stradali e causa scontri in diverse città italiane, ma rivela dall’inizio contrasti e scissioni causati soprattutto dalla partecipazione di squadre neofasciste

L’Europa brucia. La crisi economica internazionale ha fatto esplodere povertà e disoccupazione in diversi Paesi del vecchio continente. La risposta, carica di rabbia, è arrivata dalle piazze: prima in Grecia, poi in Spagna e adesso in Italia, dove a dicembre è spuntato il cosiddetto movimento dei Forconi. Non è ancora chiaro se si tratti di un fuoco di paglia o di una scintilla pronta a divampare. Quel che è certo è che nel mese scorso è andata in scena la protesta di una pezzo di Paese che non ce la fa più. E’ iniziato tutto il 9 dicembre, in seguito ad un fitto passaparola che si è servito soprattutto di Facebook, ma anche di volantini, manifesti e reti informali.
Dal Veneto alla Sicilia, decine di comitati si sono autoconvocati nei luoghi più rappresentativi delle varie località italiane. Un po’ ovunque si sono visti blocchi stradali, presidi e volantinaggi, che hanno mandato il traffico in tilt e interrotto, in alcuni casi, anche la circolazione ferroviaria. A Genova sono stati occupati i binari della stazione, a Verona e a Vicenza gli autotrasportatori hanno paralizzato le strade. A Milano e a Bologna i manifestanti hanno preso d’assalto le sedi di Equitalia, la società pubblica incaricata della riscossione dei tributi, mentre a Torino si sono registrati gli scontri più duri, con centinaia di manifestanti, armati di bottiglie, pietre e bombe carta, che hanno tentato di fare irruzione nel palazzo della Regione. Altre agitazioni hanno toccato Roma, Napoli, Firenze, Palermo e numerosi centri minori. Le forze dell’ordine hanno contenuto a fatica i disordini e in alcuni casi hanno raccolto l’invito dei manifestanti a togliersi il casco, in segno di solidarietà nei confronti della protesta. Un atteggiamento che ha suscitato aspre polemiche e che la dice lunga sulle difficoltà sperimentate da Polizia e Carabinieri, a corto di mezzi e di uomini, e con gli stipendi bloccati da diverso tempo.
Dopo la prima giornata di mobilitazione, i comitati spontanei hanno mantenuto attivi i blocchi e i presidi nelle varie città e si sono autoproclamati movimento 9 dicembre, respingendo l’etichetta di movimento dei Forconi. Il movimento dei Forconi, in effetti, rappresenta soltanto una delle tante componenti della mobilitazione: quella che riunisce gli agricoltori e gli autotrasportatori siciliani, scesa sul piede di guerra già un anno addietro, quando diede vita a nove giorni di sciopero selvaggio. L’equivoco, in cui è incorso l’intero sistema dei media italiani, deriva soprattutto dalla poca chiarezza e dalla scarsa riconoscibilità di un movimento particolarmente eterogeneo, che presenta rivendicazioni contraddittori e talvolta perfino contrapposti.
Nel marasma della protesta hanno trovato sfogo soggetti molto diversi tra loro: dai piccoli imprenditori finiti sul lastrico per colpa della crisi, ai tanti lavoratori dipendenti che hanno perso il lavoro, passando per gli autotrasportatori, i tassisti, i venditori ambulanti, i commercianti, gli agricoltori, i disoccupati di lungo corso e i precari, ma anche i pensionati, che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese e gli studenti, spaventati da un futuro a tinte fosche.

La disperazione e l’amore per la patria tra i pochi elementi di identificazione
Il denominatore comune, in sostanza, è la disperazione sociale, priva di una matrice politica ben definita, che restituisce un territorio ibrido, esposto alle infiltrazioni delle frange appartenenti al radicalismo marginale. Nel corso delle manifestazioni dei giorni scorsi, si sono trovati fianco a fianco numerosi esponenti dei gruppi ultrà che provocano disordini negli stadi di calcio, alcuni attivisti dei centri sociali, di area anarcoide e militanti di estrema destra appartenenti a Forza Nuova e Casa Pound. Sono stati soprattutto questi ultimi ad aver messo in atto, con maggiore convinzione, un’opera di capillare infiltrazione nel movimento, nel tentativo di imprimere la propria connotazione all’intera mobilitazione. Le parole d’ordine dei manifestanti, al di là della generica richiesta di dimissioni da parte del governo, si riassumono in una violenta polemica contro l’Europa, contro le banche e contro il sistema di tassazione nazionale.
Più striscianti, ma piuttosto radicati, i sentimenti d’insofferenza verso gli immigrati, accusati di “rubare” casa e lavoro agli italiani e alcuni accenti di stampo antisemita che hanno come obiettivo la comunità ebraica. Gli unici elementi di identificazione, per il movimento 9 dicembre, sembrano essere il tricolore italiano, l’amore per una patria che i manifestanti dicono di voler rifondare e il grande rispetto, ai limiti della devozione, nei confronti delle forze dell’ordine. Un mix confuso, contraddistinto da un nazionalismo vagamente fascistoide, che sembra nutrirsi dello humus culturale che ha favorito il boom di Alba Dorata in Grecia e del Fronte Nazionale di Marine Le Pen in Francia.

Le risposte della politica italiana e Danilo Calvani, il leader della protesta
Gli esponenti del governo hanno dichiarato di prestare attenzione alle ragioni della protesta, ma di essere pronti a reprimere con la massima durezza qualsiasi degenerazione violenta. Il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, nei primi giorni aveva cercato un dialogo con i manifestanti, esprimendo il suo appoggio e rilanciando la richiesta di dimissioni nei confronti del governo Letta. Con il passare dei giorni, però, ha prudentemente scelto di defilarsi, senza tuttavia smarcarsi dalle rivendicazioni. Anche Silvio Berlusconi, fresco di decadenza parlamentare e di ritorno all’opposizione, aveva inizialmente pensato di cavalcare la mobilitazione anti-governativa, annunciando di essere intenzionato ad incontrare i rappresentanti del movimento, salvo poi rinunciare, per generiche “ragioni di opportunità”. L’unica sponda politica resta quella della Lega, che si è schierata sulle stesse posizioni dei manifestanti, ricalcandone anche i toni.
Nelle settimane passate, infatti, si è imposto all’attenzione generale, come leader della protesta, un curioso personaggio, dall’accento spiccatamente laziale e dalla chioma fluente: tale Danilo Calvani, massimo rappresentante degli agricoltori della provincia di Latina, che dopo qualche comizio e qualche comparsata televisiva, ha iniziato a girare in Jaguar, scortato da un agguerritissimo e minaccioso servizio d’ordine. Calvani incarna l’anima più a destra del movimento ed è arrivato ad ipotizzare “la sostituzione del governo in carica, con un esecutivo provvisorio retto dai Carabinieri”. Dopo le prime giornate di mobilitazione, ha indetto una “marcia su Roma”, ovvero una grande manifestazione nazionale, che avrebbe dovuto attrarre folle oceaniche nella Capitale e segnare il momento di massima coesione tra i manifestanti, in un clima quasi insurrezionale. Al di là della terminologia utilizzata, che evoca sinistri ricordi legati al ventennio fascista, l’iniziativa romana, che si è tenuta il 15 dicembre scorso, ha suscitato grande apprensione per la gestione dell’ordine pubblico. Anche per questo, alla vigilia della manifestazione, è arrivata la dissociazione di un’ampia area del movimento. I Forconi siciliani e la maggior parte dei gruppi del Nord-Est, hanno affidato ad un comunicato l’annuncio della propria rinuncia a partecipare: la motivazione ufficiale è legata al timore di incidenti, ma in realtà ci sarebbe dell’altro.
Secondo le indiscrezioni, al di là di alcune divergenze di merito e di metodo, il principale punto della discordia avrebbe riguardato la posizione da tenere nei confronti delle squadre neofasciste di Casa Pound, con Calvani favorevole alla loro partecipazione alla manifestazione e le altre componenti del movimento decise a tenerle fuori. Il leader degli agricoltori è rimasto fermo sulle sue posizioni, i dissidenti hanno fatto mancare il loro apporto e il risultato è stato il flop della mobilitazione: a Roma, in una Piazza del Popolo blindatissima per paura di incidenti, le masse erano assenti e non si sono viste più di 3 mila persone. Tra queste, alcune centinaia di militanti di Casa Pound, che si autodefiniscono “fascisti del terzo millennio”, hanno sfilato incolonnati esibendo il tricolore. Calvani ha arringato ugualmente i presenti, sputando veleno contro il governo e contro il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Per il movimento 9 dicembre, tuttavia, si tratta di una sconfitta innegabile. Calvani ha annunciato che “la lotta proseguirà ad oltranza”, ma risulterà difficile dare nuovo smalto ad un movimento che, appena nato, appare già flagellato da contrasti e scissioni.

Comunità Italiana

A revista ComunitàItaliana é a mídia nascida em março de 1994 como ligação entre Itália e Brasil.