La massiccia risposta del popolo nel Paese più grande della America Latina è considerata più che un voto di protesta. Un voto di paura della criminalità che avanza nei grandi centri, di repulsione contro una vecchia politica che non dà al popolo i diritti fondamentali previsti nella Costituzione e che sdegnosamente incassa mazzette
La Borsa oggi in Brasile apre in forte rialzo, del 6%. È un segno chiaro del fatto che il mercato spinge l’ex capitano dell’esercito Jair Bolsonaro, 63 anni, alla vittoria nel ballottaggio del prossimo 28 ottobre. Con il 46% dei voti contro il 29% di Fernando Haddad, il fenomeno Bolsonaro è una risposta chiara delle urne al processo Lava Jato brasiliano che ha mandato in prigione sia politici che imprenditori.
Non solo il PT di Lula come altri partiti consolidati al potere negli ultimi 30 anni hanno avuto una grande sconfitta con la perdita di posti sia alle camere degli stati e Federale che al Senato. Il PSDB è stato quello che ha perso più seggi. Il partito di centro destra si collocava come precursore dell’operazione “mani pulite” del paese, ma non ha resistito ai vari scandali che vedevano coinvolti personaggi di spicco del gruppo come l´ex candidato alle presidenziali Aecio Neves, ex senatore che ieri ha vinto un seggio, ma come deputato federale, una mossa che garantisce la sua immunità parlamentare.
La massiccia risposta del popolo nel Paese più grande della America Latina è considerata più che un voto di protesta. Un voto di paura della criminalità che avanza nei grandi centri, di repulsione contro una vecchia politica che non dà al popolo i diritti fondamentali previsti nella Costituzione e che sdegnosamente incassa mazzette.
Ma sarà un politico alla sua settima legislatura – ed era sconosciuto sul territorio nazionale fino pochi anni fa – che difende la massima di “Tiro, porrada e bomba” o “Bandido bom è bandido morto”, e si rifiuta di parlare di economia l’uomo che riuscirà a far finire la violenza e la corruzione?
L’uomo nuovo della politica brasiliana, considerato un outsider, fa parte di una corrente di estrema destra, conservatore, di un partito che appoggia però l’attuale governo di Michel Temer, anche lui accusato in vari passaggi del caso “Lava Jato”.
Bolsonaro, un nostalgico della dittatura che spara frasi cariche di odio contro i gay, è per molti la speranza in un Paese complesso dove ogni anno muoiono 60 mila persone per la violenza, quasi tutti poveri ed emarginati.
Questo populista di estrema destra, che ha sfiorato la vittoria al primo turno con un pugno di slogan, un programma inesistente e con l’aiuto di fake news, dovrà affrontare il delfino di Lula nel ballottaggio a fine mese.
Fernando Haddad, l’avversario, 55 anni, nato a San Paolo, di origine libanese, è un avvocato, docente e scrittore diventato ministro e poi sindaco della capitale paolista. Ha avuto solo un mese per cercare di uscire dall’ombra di Lula. Adesso, dovrà dimostrare posizioni moderate meno conflittuali con i mercati e avrà a suo favore il voto degli altri candidati di sinistra, come Ciro Gomes, arrivato al terzo posto, con più di 13 milioni di voti.
Non è una lotta di origini, libanese quella di Haddad, italiana, sia per parte di padre che di madre, quella di Bolsonaro, ma questa sarà una battaglia che dovrà dare vita a un Paese lacerato. Un Paese che poco tempo fa era considerato dal mondo come il miglior territorio su cui investire e che ha ancora tutte le potenzialità per ritornare a crescere “da grande”.