Perché la negligenza del governo italiano ha contribuito ad allontanare la soluzione della vicenda
Nel 2009, all’indomani dell’improvvisa decisione dell’allora ministro della giustizia brasiliano di concederelo status di rifugiato politico a Cesare Battisti, ci mobilitammo in molti per evitare la scarcerazione del terrorista riprendendo nel contempoun’azione pressante di informazione diretta alle autorità brasiliane sui realicontorni della vicenda storico-politicae processuale che aveva portato allacondanna dello stesso Battisti da parte della magistratura italiana.
L’opinione pubblica italiana era comprensibilmente esterrefatta di fronte alla ventilata e possibile scarcerazione del terrorista e tutte le forze politiche rappresentate inParlamento si attivaronosubito per levare alta la voce delle istituzioni repubblicane a difesa dello stato di diritto e della democrazia che gli attentaticinici e violenti ai quali Cesare Battisti aveva partecipato tentarono neglianni ’70 di intimidire e destabilizzare.
Il Parlamento approvò così una mozione unitaria che riproponeva con forza la giusta e legittima richiesta italiana di chiedere al Brasile l’estradizionedi Battisti e il sottoscritto, insieme al Vice Presidente della Camera On. Maurizio Lupi, si recò in missione ufficiale in Brasile per incontrare i nostri colleghi brasiliani.
Incontrammo l’allora presidente della Camera ed oggi vice presidente del Brasile Michel Temer al quale, a nome del Parlamento italiano, rinnovammo tale invito,nel rispetto delle rispettive prerogative e con la ferma intenzione di mantenere saldie forti gli storici legami tra i due Paesi.
Mentre il Parlamento faceva la sua parte il capo del governo italiano incontrava per ben due volte il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva; in nessuno dei due incontri avuti con il suo omologo brasiliano Silvio Berlusconi ha affrontato in maniera diretta e decisa la questione,come sarebbe stato opportuno e anche prevedibile che accadesse.
Gli interventi del presidente del consiglio e del governo sono avvenuti così soltanto a cose fatte e a rimorchio delle polemiche giornalistiche e delle proteste dell’opinione pubblica. Il Parlamento e il presidente della Repubblica hanno fatto sentire in maniera tanto chiara e forte quanto corretta e rispettosa la loro voce a riguardo; dall’altro lato, il governo agiva con approssimazione e distrazione, più con l’arma della propagandache con azioni e gesti mirati.
A seguito dell’ultima decisione dell’ex presidente del Brasile, ritengo che – se la prossima riunione del STF non dovesse confermare la legittima richiesta italiana di estradizione – una possibile soluzione possa essere trovata soltanto se Italia e Brasile, insieme, con intelligenza, collaborazionee civiltà, rinunceranno allapropaganda per scegliere insieme un percorso di giustizia e maturità politica.
In questo senso la proposta, avanzata dall’insigne giurista Antonio Cassese, di creareuna Commissione di Conciliazione tra Italia e Brasile come previsto dall’accordo del 1954 e sotto l’egida del Tribunale de L’Ajapotrebbe rappresentare una strada utile aduna seria soluzione della controversia.
I rapporti tra l’Italia e il Brasile sono molto più forti di una controversia legale, per quanto grave e delicata come questa: essi affondano le proprie radici nell’epopea di milioni di nostri connazionali che nel corso di oltre un secolo hanno scelto quel Paese come la loro nuova terra; oggisono oltre trenta milioni i brasiliani diorigine italiana e ad unirci è sempre piùil futuro dei nostri due Paesi, non più soltantoil nostro comune passato.
E’ per questo che il “caso Battisti” può e deve costituire un punto di partenza per riaprire e riavviare questo fruttuoso e necessario dialogo; non piuttosto un infausto punto finale di una storia gloriosa.
Sono certo che i due presidenti della Repubblica, Giorgio Napolitano e Dilma Rousseff, sapranno essere con saggezza e lungimiranza gli artefici di questo auspicatoe improrogabile nuovo inizio.