La Pasqua è passata ma per la ‘resurrezione’ di Alitalia, se ci sarà, occorre almeno attendere un’altra settimana. Il cosiddetto ‘pre accordo’ raggiunto all’alba di venerdì santo, 14 aprile, questa settimana sarà sottoposto all’esame dei 12.500 dipendenti con il referendum indetto nel corso di una riunione dei sindacati.
Perché parlare di pre-accordo è sbagliato
Se i lavoratori esprimeranno il loro consenso, si andrà avanti con la manovra finanziaria degli azionisti e la garanzia pubblica su un prestito che dovrebbe essere fornita da Invitalia. Il nodo centrale è, comunque, il referendum. Venerdì scorso, come sottolinea sempre la Cgil, non è stato firmato nessun accordo sul piano industriale dell’Alitalia ma solo un “verbale di incontro” che sarebbe erroneo considerare come una sorta di pre-accordo visto che è subordinato a un referendum dall’esito tutt’altro che scontato. E la recente vertenza Almaviva dovrebbe essere un chiaro invito alla prudenza.
A riprova del rischio che incombe ancora su una intesa tra azienda e i sindacati, e conseguentemente sul futuro dell’ex compagnia di bandiera, ci sono le parole del ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Graziano Delrio, che non ha nascosto una “forte preoccupazione” perché “in Alitalia c’è gente che preferisce soffiare sul fuoco e preferirebbe incendiare tutto piuttosto che sottoscrivere qualche sacrificio”.
Lo Stato è pronto a intervenire. Ma non è chiaro come
Riguardo all’intervento pubblico, lo Stato, come ha confermato Delrio, parteciperà alla manovra finanziaria per il salvataggio di Alitalia con garanzie fornite da Invitalia. E’ ancora tutto da chiarire l’importo e la forma in cui lo Stato interverrà al fianco dei soci. Comunque, prima di parlare di soldi, occorre attendere l’esito del referendum dei lavoratori. Gli azionisti privati non intendono varare la ripatrimonializzazione senza il via libera dei dipendenti e non si vede perché il Governo dovrebbe mettere mano al portafoglio in un momento in cui la situazione è tutt’altro che certa.
Cinque cosa da sapere
Martedì 18 vengono decisi tempi e modi del referendum sul verbale di incontro
Sono chiamati a pronunciarsi 12.500 dipendenti
La manovra di salvataggio ammonta a 2 miliardi
La garazia viene fornita da invitalia
Il ‘cuscino di salvataggio’ costerebeb agli italiani 200 milioni
Riguardo alle modalità, è molto probabile che sarà necessario un provvedimento del Governo che, autorizzato da Bruxelles, dia il via libera a Invitalia. La formula potrebbe essere quella già adottata per i crediti in sofferenza, la Gacs. In quel caso, dove lo Stato forniva la propria garanzia ad emissioni obbligazionarie a fronte dello smobilizzo di crediti, la ‘copertura’ pubblica era a carattere oneroso, a condizioni di mercato. Comunque sia l’operazione, che non è certamente esente da forti perplessità, avrebbe soprattutto il valore psicologico di indurre gli azionisti italiani (tra i quali Unicredit e Intesa San Paolo sono i maggiori azionisti italiani) a mettere mano al portafoglio.
E’ previsto un cuscinetto per evitare ‘atterraggi’ troppo duri
In particolare, la garanzia pubblica servirebbe a garantire i soci italiani da un eventuale fallimento del piano. Più precisamente, la manovra finanziaria in cantiere è articolata su 2 miliardi, dei quali 900 milioni di ‘nuova finanza’. All’interno di questi 2 miliardi è previsto un cosiddetto ‘contingency plan’ di 400 milioni che diventerebbe operativo nel caso in cui il piano, anche per fattori esterni ed esogeni al management, non dovesse centrare gli obiettivi prefissati. Questa sorta di ‘cuscinetto’ finanziario verrebbe sottoscritto per il 49% da Etihad e per il restante 51% dagli azionisti italiani che su questa cifra, poco più di 200 milioni, vorrebbero la garanzia pubblica. (AGI)