Comunità Italiana

Il reverendo: «Non brucio il Corano» In Afghanistan ucciso un manifestante

La vittima durante una protesta contro il rogo davanti a una base Nato nel nord del paese

NEW YORK – Il reverendo tiene il mondo con il fiato sospeso ma alla fine sembra aver deciso di rinunciare al rogo del Corano. La sua decisione, prima ritirata e poi di nuovo in parte rilanciata, di voler bruciare in piazza una copia del Corano in occasione dell'11 settembre, ha comunque già prodotto conseguenze drammatiche e la situazione ha rischiato di diventare esplosiva: un manifestante è stato infatti ucciso con un colpo d'arma da fuoco durante una protesta contro il rogo dei Corani davanti a una base Nato nel nord dell'Afghanistan. Una folla di 10mila persone ha manifestato per le strade della città al termine delle preghiere dell'Eid, la festività che segna la fine del Ramadan. Alcuni manifestanti hanno lanciato pietre contro la base e uno di loro è stato ucciso quando i militari hanno sparato, ha riferito il portavoce. Un portavoce dell'Isaf non ha confermato la morte del manifestante, limitandosi a dire che l'Isaf è a conoscenza della manifestazione svoltasi nel capoluogo della provincia di Badakhshan. Poco prima di questi drammatici incidenti il presidente Karzai aveva detto che il pastore della Florida Terry Jones «non avrebbe dovuto nemmeno pensare» di poter bruciare copie del Corano.

PROTESTE ANCHE IN ALTRE CINQUE PROVINCE – Si estende intanto in almeno cinque province dell'Afghanistan la protesta di migliaia di manifestanti contro la minaccia del pastore protestante della Florida Terry Jones di bruciare copie del Corano. Lo riferiscono responsabili locali. Diverse centinaia di dimostranti si sono radunati nella parte nord di Kabul, mentre circa 2.000 persone hanno marciato verso un edificio governativo a Farah. E proteste anche a Badghis, nel nord-ovest, e a Ghor e a Herat. La protesta monta anche in Pakistan dove circa 600 manifestanti si sono radunati nella città di Multan, nel centro del Paese, e bandiere americane sono state date alle fiamme. Secondo un portavoce governativo locale, oggi un dimostrante è rimasto ucciso davanti ad una base Nato gestita dai tedeschi nel nord-est dell'Afghanistan dopo che i militari hanno aperto il fuoco.

IL RIPENSAMENTO DEL REVERENDO – La situazione, che rischia di degenerare, è tutta legata al pastore Terry Jones che, dopo aver annunciato che non avrebbe più bruciato nulla nell’anniversario dell’11 settembre 2001, ci ha ripensato. E poi ci ha ripensato ancora. L'ultima sua dichiarazione è: «Non brucerò il Corano domani». Poi ha accusato un imam della Florida di averlo ingannato promettendogli che il previsto centro islamico di Ground Zero a New York non sarebbe stato realizzato. Insomma Jones alla fine dice no, sia agli appelli del presidente Obama, sia al magnate Donald Trump che si era offerto di comprare la maggioranza delle quote del centro islamico per mettere fine alla controversia. In una prima conferenza stampa Jones si era spinto fino a sostenere che l’imam "sposterà la moschea" prevista a New York, ma la dichiarazione è stata immediatamente smentita. L’imam Feisal Abdul Rauf ha infatti dichiarato di non aver parlato con il reverendo Jones né con Muhammad Musri, l’imam di Orlando che avrebbe fatto da intermediario tra New York e Gainesville. Musri, presidente della Islamic Society of Central Florida, ha detto dopo la conferenza stampa che questo accordo non c’e’ mai stato. L’unico impegno che avrebbe ottenuto da Rauf sarebbe stato quello di incontrare lui e Jones sabato a New York. «Al momento, non cancelliamo l'azione ma la sospendiamo» ha detto Jones alla fine. Il segretario della Difesa Usa, Robert Gates, ha parlato personalmente con lui per sollecitarlo a non procedere con la sua intenzione, secondo quanto riferito da un funzionario del Pentagono.

«CI HANNO MENTITO» – Ore dopo, in una seconda conferenza stampa, Jones ha detto che Musri "chiaramente, chiaramente ci ha mentito". «Dato quello che stiamo sentendo, siamo ora costretti a ripensare la nostra decisione», ha dichiarato. «Quindi allo stato attuale, non cancelliamo l’evento, ma lo sospendiamo». Aveva ricevuto anche una telefonata dal ministro della Difesa. Fino a ieri, ufficialmente il pastore non aveva mai citato la moschea di New York come motivo per bruciare i Corani. Giovedì Jones ha ricevuto una telefonata dal segretario alla Difesa Robert Gates e anche l’Fbi avrebbe avuto contatti con lui in Florida, mentre l’Interpol aveva lanciato un’allerta globale affermando che c’è il rischio di una recrudescenza del terrorismo. Quasi contemporaneamente al primo intervento di Jones, il magnate delle costruzioni Donald Trump aveva fatto un’offerta d’acquisto per uno dei maggiori investitori nella partnership immobiliare che realizzerà il centro islamico. Trump ha offerto all’investitore Hisham Elzanaty di acquistare la sua quota nel centro islamico, noto come Park51, ad un prezzo del 25% superiore a quello di mercato. Trump ha affermato di voler fare l’offerta non per la buona posizione del palazzo ma per mettere fine alla controversia.

SISTANI: «I MUSULMANI NON ATTACCHINO LE CHIESE» – L'iniziativa di Terry Jones è «ignobile» e «non si addice alle funzioni di una guida religiosa e spirituale», che dovrebbe predicare il «rispetto reciproco tra i fedeli delle varie religioni». È questo il commento dell'ayatollah Ali Sistani, leader spirituale degli sciiti iracheni, che in un suo comunicato esorta tuttavia i musulmani a non attaccare le chiese dell'Iraq per vendetta. Sistani chiede alle «autorità competenti negli Stati Uniti di agire per impedire che si verifichi questo orribile gesto, che se si compisse avrebbe conseguenze non auspicabili e forse gravi ripercussioni». Secondo la guida religiosa, la libertà d'espressione non può giustificare il fatto di permettere «comportamenti infamanti», che rappresentano un attacco ai simboli sacri di altre fedi, creando terreno fertile per maggiori tensioni, conflitti e violenze. Sistani invita comunque i musulmani di tutto il mondo a mantenere la calma e a resistere alle provocazioni di Jones. Anche le autorità politiche irachene si sono schierate contro la campagna del pastore della Florida. In un suo comunicato, il premier Nuri al-Maliki si è detto convinto che «questo gesto brutale non rientra nel quadro della libertà d'espressione e bisogna intervenire per impedire che si compia». In caso contrario, «danneggerebbe le relazioni tra le religioni e i rapporti tra culture e popoli».

AHMADINEJAD: «COMPLOTTO SIONISTA» – Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha definito un «complotto sionista» la minaccia del pastore. «C'è un complotto sionista (…)», ha detto Ahmadinejad durante una riunione con i responsabili della Repubblica islamica alla presenza della guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei. «Questo tipo di azioni accelererà la caduta e l'annientamento dei loro protettori che sono sull'orlo di scomparire» ha aggiunto.

Fonte: www.corriere.it