Angosciato, l’ex premier continua a ruggire come un leone ferito dalla sentenza di condanna del Tribunale del Milano, ma c’è chi scommetta che abbia in serbo un colpo a sorpresa
Solitario, incerto, disilluso. Una maschera malinconica, a tratti tragica. Tira aria di fine impero dalle parti di Arcore e l’imperatore è più solo che mai. Non c’è più traccia dell’uomo che il mondo, nel bene o nel male, ha conosciuto, criticato, ammirato, irriso o invidiato: istrionico, guascone, sorridente e spavaldo. Sicuro di sé e della propria grandezza, a tal punto da mostrare le corna, mentre posa per una foto di famiglia dell’Unione Europea o da abbandonare la Merkel, durante un cerimoniale, per farsi una chiacchierata al telefono. Di quell’uomo esplosivo, sorprendente e inesauribilmente vitale, non resta che una pallida controfigura.
Fino a poche settimane addietro, il leone Silvio Berlusconi continuava a ruggire. Un leone ferito, dalla sentenza di condanna del Tribunale del Milano, che lo ha condannato a quattro anni e mezzo di reclusione, da un clima politico mutato ed ostile, dall’impossibilità di fidarsi degli avversarsi, degli interlocutori e ancor meno della sua schiera di cortigiani. Contro tutto questo e molto altro, il leone ha lottato. Accecato dall’ira e dal dolore, ha reagito in maniera scomposta: prima il profilo basso, la via politica, la trattativa nell’ombra con il presidente Napolitano e con gli alleati-nemici del centrosinistra. Quando ha annusato l’odore della trappola, si è affidato alla pancia e all’istinto: l’indice puntato contro i giudici “comunisti”, le manifestazioni di piazza, la minaccia di far saltare il banco. Fino alla prova di forza finale, segnata dal tradimento e terminata in una disfatta. Un duro colpo il voltafaccia dei fedelissimi di un tempo, da Angelino Alfano a Fabrizio Cicchitto, passando per Gaetano Quagliariello, Beatrice Lorenzin e Nunzia De Girolamo.
Berlusconi già pregustava una nuova battaglia elettorale, nel corso della quale giocarsi il tutto per tutto. E invece il Governo ha ottenuto la fiducia ed è rimasto in piedi. Uno smacco. Berlusconi disarcionato dai berlusconiani. Da quel giorno il leone si è trasformato in un agnellino, che incerto e spaurito si è ritirato nell’ombra. Il mondo, intorno a lui, ha preso invece a ribollire. Molti peones, che un tempo gli erano devoti, adesso lavorano alla sua successione: vogliono uccidere il padre, con l’obiettivo di prenderne il posto. Il variegato universo di starlette e ruffiani, che ha prosperato nel corso del lungo ventennio berlusconiano, è più eccitato che mai, e svariati personaggi in cerca di autore fanno a gara per conquistare le ultime briciole di notorietà o per ricostruirsi un’improbabile verginità. Il leone non è più leone, non azzanna e non reagisce. Ciò che si dice e accade, gli scivola addosso. Berlusconi non si è scomposto neanche dinanzi ad un nuovo rinvio a giudizio, frutto delle rivelazioni del reo confesso Sergio De Gregorio, ex senatore, che ai tempi del governo Prodi, dalla maggioranza, passò armi e bagagli all’opposizione: secondo l’accusa il cambio di casacca, favorito da alcuni intermediari, sarebbe stato pagato 3 milioni di euro da Silvio Berlusconi.
Un agnellino o forse un gatto dalle sette vite?
Gli incubi dell’ex imperatore sembrano essere dunque sul punto di materializzarsi: se Berlusconi, come appare ormai scontato, decadrà dalla carica di senatore, rischia di mettersi in moto una slavina giudiziaria capace di travolgerlo irreparabilmente. Berlusconi lo sa e non sa come uscirne. E’ talmente angosciato, dall’assenza di prospettive e dalla mancanza di orizzonti, che ha perso perfino la capacità di indignarsi. Ascolta impassibile, davanti al televisore, le dichiarazioni dei nuovi capobastone del suo partito, che pubblicamente si stracciano le vesti per le sorti del capo, ma in realtà non vedono l’ora di liberarsene. Lo considerano un fardello ormai troppo ingombrante.
Il leone di un tempo, proprio in questi giorni, si appresta a giocare la sua ultima partita, nell’estremo tentativo di scongiurare la decadenza da parlamentare: chiede il voto segreto in aula, invoca un intervento del premier, ma sa bene che il tempo è scaduto. Non combatte, ma cerca ossigeno. Non rilancia, ma attende. Un ex leone, però, non può morire agnellino, e c’è chi scommette che ha in serbo un colpo a sorpresa. La candidatura della figlia Marina? Nonostante le smentite della diretta interessata, corre voce che un entourage sia già al lavoro per preparare la sua discesa in campo. Sarebbe l’ennesima resurrezione di Silvio Berlusconi. Non un leone, non un agnellino, forse un gatto dalle sette vite.