“Il fatto che tanti prodotti alimentari abbiano subito un forte deprezzamento – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – e’ indice delle difficolta’ in cui versano le famiglie italiane. Nonostante i consumi abbiano registrato una leggera ripresa, rimangono molto lontani dai livelli raggiunti prima della crisi. Dal 2007 ad oggi, infatti, sono diminuiti di circa 6 punti percentuali. Nonostante il rafforzamento del Quantitative Easing da parte della Banca Centrale Europea, la domanda e’ ancora fiacca e questo influisce sul livello dei prezzi che continuano a scendere, riducendo in misura preoccupante i margini di guadagno delle imprese”. Tra i prodotti che invece hanno subito i maggiori rincari la lista si apre con i servizi postali (+9,8 per cento), i palmari/tablet (8,2 per cento) che godono di una domanda in continua crescita, ma include anche alcuni alimentari come patate +8,2 per cento, olio d’oliva +5,3 per cento, mele +3,2 per cento e pere +3,1 per cento. Scorrendo la classifica dei primi 50 aumenti vi sono altri aspetti negativi per le famiglie alle prese con il pagamento delle bollette: fornitura d’acqua (+4,5 per cento) e fognatura (+4,2 per cento) rappresentano rincari che azzerano o quasi i vantaggi derivanti dalla riduzione dei prezzi del gas (-7,6 per cento) e, in parte, dell’energia elettrica (-0,2 per cento) avvenuti nel primo semestre del 2016. Tra l’altro, nel terzo trimestre del 2016 le tariffe di luce e gas potrebbero tornare ad aumentare (per il momento il Tar della Lombardia ha ‘congelato’ gli aumenti ma per la decisione finale bisognera’ aspettare il mese di settembre). “Inoltre – sottolinea il segretario della Cgia Renato Mason – non e’ da escludere che quest’estate, nonostante la domanda stagnante, si registrino alcuni aumenti dei prodotti ortofrutticoli che risentono anche della frammentazione del sistema distributivo e, spesso, della speculazione praticata dagli intermediari commerciali. Una cattiva abitudine che colpisce con elevata frequenza soprattutto i consumatori italiani”. La Cgia ha anche mappato l’andamento dei pezzi per comune capoluogo di provincia. E’ stato possibile verificare come su 70 casi per cui erano disponibili i dati, in 45 comuni gli indici dei prezzi sono stati in flessione. (AGI)