L’economia europea è sempre più verde. Il vecchio continente è alle prese con un processo di riconversione che è già a buon punto, anche se la strada da percorrere è ancora lunga e irta di ostacoli. Non tutta l’Unione, però, viaggia allo stesso ritmo: molti Paesi avanzano a fatica, mentre l’Italia, senza troppi clamori, sta facendo in pieno la sua parte e si distingue in positivo. A confermarlo è il ‘Green Economy Index in the EU’, elaborato da Fondazione Impresa e frutto dell’incrocio di 20 indicatori quantitativi di performance, relativi ai principali settori della green economy: rifiuti, energia, emissioni, organizzazione e prodotti, trasporti, protezione ambientale, edifici e biologico. Nell’ambito di questa speciale scala del green, che prende in esame i 28 Paesi appartenenti all’Unione Europea, l’Italia si classifica terza, subito dopo Austria e Svezia. Proprio questi tre paesi sono gli unici a posizionarsi su un livello di green economy classificato come “alto”.
Sul livello “medio-alto” si collocano invece, in ordine di piazzamento, Danimarca, Romania e Slovenia, mentre sul livello “medio” si trovano Spagna, Lettonia, Paesi Bassi, Finlandia, Repubblica Ceca, Regno Unito e Portogallo. In affanno, sul gradino “medio-basso”, Belgio, Lituania, Germania, Francia, Grecia, Ungheria e Slovacchia. Fanno peggio, arenandosi sul livello “basso”, Irlanda, Croazia, Cipro, Polonia ed Estonia. Chiudono la classifica, evidenziando un livello green “molto basso”, Malta, Lussemburgo e Bulgaria.
Un’analisi più dettagliata dello studio consente di osservare come lo Stivale, nell’ambito dei 20 indicatori presi in esame, non conquisti mai la vetta, riuscendo però a guadagnarsi un posto sul podio in virtù di un’eccellente costanza di rendimento: in 16 casi su 20, infatti, l’Italia si posiziona nei quartieri alti della classifica, ovvero dal quattordicesimo posto in su. Meglio di Austria e Svezia, che sulla scala generale occupano i primi due posti, ma soltanto in 12 casi su 20 raggiungono le parti nobili della classifica.
Da rimarcare la posizione nella spesa per la coltivazione biologica
Tra i risultati di maggiore rilievo, per l’Italia, il terzo posto relativo al numero di organizzazioni certificate ISO 14001: nel Belpaese, in sostanza, ogni milione di abitanti ci sono 413,2 organizzazioni che hanno dimostrato di essere dotate di un sistema di gestione adeguato per tenere sotto controllo l’impatto ambientale delle proprie attività. Significativo anche il quarto posto per l’efficienza energetica: l’energy intensity, data dal rapporto tra i consumi energetici e il Prodotto Interno Lordo, è pari a 117,2 grammi di petrolio equivalente ogni euro di PIL. Da rimarcare anche i tre sesti posti nella spesa per la protezione ambientale (0,88% contro 0,68% della media europea), per la superficie coltivata biologicamente (10,29% contro il 5,70% della media UE) e per la carbon intensity (317 grammi di Co2 equivalenti ogni euro di valore aggiunto, contro i 378 grammi della media europea).
Positivo anche il piazzamento sul settimo gradino, con riferimento al numero di registrazioni Emas, uno strumento ad adesione volontaria creato dalla Comunità Europea per promuovere miglioramenti continui delle prestazioni ambientali da parte delle organizzazioni: in Italia sono registrati 31,6 siti ogni milione di abitanti, contro una media europea che è ferma a 17,1. Nel campo dei rifiuti, invece, l’Italia non eccelle, ma neanche sfigura, classificandosi al decimo posto sia per il maggiore tasso di raccolta differenziata che per la più bassa destinazione a discarica. Molto male, tuttavia, il contenimento della produzione di rifiuti urbani, che vede l’Italia arrancare al diciassettesimo posto. C’è ancora tanto da fare anche nella produzione di energia da fonti rinnovabili: tuttavia il Belpaese si difende al decimo posto, con il 31,3% dell’energia elettrica che viene prodotta da fonti rinnovabili.
Le bocciature appaiono piuttosto limitate, ma chiamano in causa settori di grande rilievo: pessimo il livello di urbanizzazione, con il ventitreesimo posto per built-up area; male anche i trasporti, con il quindicesimo posto per contenimento delle emissioni di gas ad effetto serra nei trasporti e il diciannovesimo posto per incidenza del traffico merci su ferrovia.