Alla Casa Fiat di Cultura di BH, il professor Giuseppe Ferraro spiega i motivi che hanno condotto alla rapida ascesa del movimento in Italia
Il ricercatore italiano, che da 17 anni è professore di filosofia presso la Fondazione Torino, ha presentato mercoledì 12 aprile, presso la Casa Fiat di Cultura, la conferenza “Fascismo Italiano: origine e ascensione”; soffermandosi principalmente sugli inizi e il rapido sviluppo del movimento che ha segnato e condizionato la storia d’Italia del secondo ventennio del secolo scorso. Giuseppe Ferraro ha nel suo curriculum un dottorato e un post-dottorato in filosofia presso la UFMG; un Master in filosofia presso l’Università La Sapienza di Roma; una specializzazione in storia del 20º secolo presso l’Università Tor Vergata di Roma; è autore di 4 libri sulla filosofia buddista e scrive articoli nelle principali riviste di filosofia nazionali ed internazionali. La conferenza — che si è svolta in italiano con traduzione simultanea ed entrata gratuita — ha registrato il tutto esaurito ed anche di più: nonostante i 250 posti a sedere disponibili, gran parte del pubblico ha dovuto assistere all’evento rimanendo in piedi, un risultato notevole considerando che si era a due giorni dal venerdì santo.
Il Professor Ferraro ha aperto il suo intervento parlando dei regimi autoritari, sia di destra che di sinistra, e delle loro caratteristiche; entrando nel merito del Movimento dei Fasci di Combattimento, che senz’altro hanno prodotto un regime autoritario, il professore ricorda che il Movimento, fondato da Benito Mussolini nel marzo del 1919, arriverà al potere nel 1922 per concludere la sua traiettoria solo nel luglio del 1943. Ci sono varie proposte, da parte degli studiosi, per arrivare ad una definizione di fascismo che comprende elementi come: l’abbattimento della democrazia; un certo grado di totalitarismo con il controllo assoluto della vita quotidiana della popolazione; l’impiego della violenza contro i diversi, siano essi gli avversari politici o le minoranze nelle loro varie forme. Altro punto importante nel fascismo è il nazionalismo legato alla simbologia e alla storia dell’antica Roma.
Il professor Ferraro ha messo poi in evidenza il rapido sviluppo del movimento fascista che se alla sua nascita, nel 1919, raccoglieva solo pochi migliaia di voti, già alle elezioni del 1921 riusciva ad eleggere ben 35 parlamentari; un miracolo politico del primo dopoguerra, che trova spiegazioni nella storia — che va dal Risorgimento, con le sue lotte per l’unificazione d’Italia, fino alla conclusione della Prima Guerra Mondiale, nel 1918, un dopoguerra con una situazione politicamente molto fluida. Fra il 28 luglio del 1914, inizio della Grande Guerra, e maggio del 1915, il coinvolgimento dell’Italia nel conflitto, passano circa 10 mesi — ricorda Ferraro — e ciò perché il Paese era molto diviso fra interventisti e neutralisti.
Bisogna ricordare che nel 1914, e fin dal 1882, l’Italia faceva parte della Triplice Intesa, un patto di alleanza proprio con Austria e Germania.
La campagna in favore della guerra contro l’Austria comincia nel 1914
In favore di una guerra contro l’Austria e la Germania giocavano invece vari fattori come il fatto che era stata l’Austria ad aggredire la Serbia, mentre la Triplice Intesa era solo un’alleanza difensiva. Poi c’erano i buoni rapporti commerciali con l’Inghilterra, quelli abbastanza cordiali con la Francia ed anche antiche rivendicazioni territoriali che spingevano ad un conflitto con l’Austria, la quale, fin dal 1815 con il Trattato di Vienna, occupava le terre del Trentino e della Venezia Giulia rivendicate dall’Italia.
Ma fra le tesi contrarie alla guerra, Ferraro ci ricorda che l’allora primo ministro Giovanni Giolitti affermava che si potevano ottenere gli stessi territori rivendicati negoziando la pace; poi c’era l’imbarazzo della chiesa in appoggiare l’attacco ad impero cattolico suo alleato, ed anche i socialisti erano contrari alla guerra perché internazionalisti e quindi neutralisti. Nell’agosto del ’14 comincia una campagna in favore della guerra contro l’Austria da parte di una minoranza di personaggi carismatici come Gabriele D’Annunzio e Filippo Tommaso Marinetti, il primo influente poeta e drammaturgo e il secondo fondatore del Movimento Futurista; oltre a Benito Mussolini, ex socialista e direttore del quotidiano Avanti, espulso dal partito socialista proprio perché interventista.
Le lontane origini del Movimento Fascista sono così da ricercare nell’interventismo della Prima Guerra, e quindi nel nazionalismo italiano sensibile all’irredentismo che rivendicava quei territori del nordest d’Italia che erano occupati dall’Austria; le cosiddette terre irredente, ossia non redente, che bisognava redimere dalla occupazione dello straniero.
Un appoggio importante a favore della guerra veniva poi dal movimento artistico dei futuristi, che esaltava la guerra come la sola igiene del mondo; inoltre, affermavano che solo con la guerra un popolo, come quello italiano, poteva riscattare il suo carattere abituato alla dominazione dello straniero; circolava anche l’idea che una guerra vittoriosa avrebbe dato più prestigio e visibilità all’Italia nel gioco della politica internazionale fra le grandi potenze.
In favore della partecipazione al conflitto già in corso venivano utilizzate anche alcune interpretazioni delle tesi di Nietzsche come la volontà di potenza e il dionisismo fra Eros e Thanatos; veniva anche diffusa l’idea che fare la guerra significava agire in contrapposizione alle tesi dei neutralisti che erano dipinti come coloro che non agiscono e non fanno nulla.
Intanto le diplomazie si stavano muovendo. L’Austria offre le terre irredente all’Italia in cambio della sua neutralità; ma nell’aprile del 1915 l’Inghilterra propone segretamente all’Italia anche l’Alto Adige, l’Istria e la Dalmazia, oltre a Trentino e Venezia Giulia in cambio dell’entrata in guerra. Questo accordo sarà poi rispettato solo in parte per l’opposizione, alla conclusione del conflitto, di Wilson — presidente degli Stati Uniti — che non riconosceva accordi segreti; mentre, in difesa del principio di nazionalità, voleva favorire la Serbia nell’unificare vari territori, fra cui Istria e Dalmazia, con la finalità di creare la Iugoslavia.
La tensione sociale fra i lavoratori ed il successo della rivoluzione russa
La delusione nelle aspirazioni territoriali dell’Italia darà origine alla definizione di vittoria mutilata, uno degli spunti della propaganda usata dal fascismo, che approfitterà anche dell’entusiasmo generato da una guerra comunque vinta, una vittoria che era anche una legittimazione degli interventisti come Mussolini. Altro elemento importante del primo dopoguerra era il malessere degli ex combattenti, i reduci, che avevano difficoltà a reinserirsi nella normale vita quotidiana; si riunivano frequentemente, mantenevano fra di loro dei legami molto forti ed inoltre, a causa della guerra, erano abituati alla violenza. Altra tensione sociale era rappresentata dai giovani che, con la diminuzione della forza lavoro a causa di coloro che erano deceduti in guerra, avevano raggiunto un maggior potere contrattuale unito ad una maggior forza ideologica originata dalle ideologie che si stavano diffondendo con il successo della rivoluzione russa.
Anche i contadini, ritornando dalla guerra con una maggior coscienza di classe, cominciano a costituire le cooperative rosse ed ad avanzare rivendicazioni sulla base delle promesse di riforma agraria, che il governo aveva fatto negli anni del conflitto per animare i combattenti. Si arriva così al biennio rosso e negli anni 1919 e 1920 aumentano gli scioperi, le occupazioni e, più in generale, le rivendicazioni; contemporaneamente il Partito Liberale, in crisi dal 1913 con l’entrata in vigore del suffragio universale, mantiene un programma ed un linguaggio destinato ad essere compreso solo dalla elite che, sempre più preoccupata con l’aggravamento della stabilità politica e sociale, comincia a guardare favorevolmente al fascismo ed alle sue milizie che già conducevano azioni violente ed intimidatorie.
L’alta borghesia inizia così a finanziare e a dare copertura legale alle Squadre di Azione, i chiamati squadristi, mentre anche la classe media, composta da piccoli imprenditori e impiegati, comincia a condividere le idee nazionaliste e antisocialiste del fascismo. Ciò spiega — afferma Ferraro — il rapido sviluppo del movimento Fascista. In due anni i fascisti passano da zero a 35 parlamentari approfittando anche dell’alleanza con il Partito Liberale che pensava, nelle elezioni del 1921, di approfittare della forza del movimento di Mussolini per poi assorbirlo.
Mussolini il 23 marzo del 1921 scriveva sul giornale Il Popolo D’Italia: “Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici; conservatori e progressisti; reazionari e rivoluzionari; …..a seconda delle circostanze …. nelle quali siamo costretti a vivere e ad agire. II Fascismo non è una chiesa; è piuttosto una palestra. Non è un partito è un movimento”. E Benito Mussolini approfitta della legittimazione delle elezioni e dell’entusiasmo di essere riuscito ad eleggere 35 parlamentari e aumenta la sua influenza sulla politica; mentre le Squadre di Azione cominciano ad imperversare nelle strade contro nemici e dissidenti. Allo stesso tempo i liberali continuano a perdere terreno e i socialisti rimangono isolati a causa delle loro posizioni estremiste.
L’anno successivo, nel 1922, Mussolini promuove una grande manifestazione nazionale, la Marcia su Roma, e riesce ad avere l’incarico di formare il governo. In soli 3 anni, fra il 1919 e il 1922, il movimento di Mussolini da un’aggregazione politica insignificante diventa il partito che governa il Paese.
Il professor Giuseppe Ferraro chiude l’esposizione dei motivi che hanno condotto alla rapida ascesa del Fascismo. Finisce così la seconda delle conferenze dei Mercoledì Italiani 2017 alla Casa Fiat di Cultura. La prossima conferenza della serie sarà sul Futurismo.