Comunità Italiana

La Coppa più bella

Il mondo si interroga sul perché delle grandi manifestazioni popolari di queste settimane in Brasile

Nelle ultime settimane il mondo è stato attraversato da una nuova ondata di mobilitazioni popolari; non era la prima volta che il medio oriente o il nord dell’Africa vedevano le loro piazze piene di giovani reclamanti maggiore democrazia, riforme sociali e diritti civili.
A sorprendere sono state invece le grandi manifestazioni che si sono moltiplicate in quasi tutto il Brasile, un Paese che da decenni non viveva questo tipo di fenomeno sociale.
Perché? Cosa è successo? Cosa succederà nei prossimi mesi?
Mi sono ritrovato in più di un’occasione, qui in Italia, a provare a spiegare o ad argomentare relativamente a quanto stava succedendo in Brasile in occasione della “Confederation Cup” organizzata dalla Fifa ad un anno esatto della Coppa del Mondo di calcio.
Non ho la pretesa né la presunzione di esprimere una tesi o una interpretazione esatta della realtà.
Quando si ha a che fare con fenomeni improvvisi e di una tale portata, di carattere sociale oltre che politico, è quasi impossibile riuscire a dare una lettura univoca e schematica della realtà.
Il caso del Brasile, però, mi pare in linea con la tesi di un noto politologo americano, Huntigton, che nel 1968 scrisse un saggio sostenendo che nelle società che vivono un ciclo di sviluppo economico di rapidissima crescita i servizi sociali non riescono a migliorare in maniera adeguata e comparabile con le strutture economiche di quei Paesi.
Nel 1968, in Italia e nel mondo, la più grande mobilitazione giovanile del secolo scorso coincise con il momento di maggior sviluppo sociale ed economico dei Paesi maggiormente sviluppati.
Il Brasile di oggi è la sesta potenza economica del mondo, ma non ha ancora servizi pubblici migliori dell’Inghilterra o dell’Italia, nazioni che ha da poco superato nella classifica delle grandi potenze mondiali.
Potremmo anche dire che, a differenza delle mobilitazioni popolari che ultimamente hanno riempito le piazze italiane o spagnole, dove le proteste erano il risultato della più grave crisi economica europea dal dopoguerra ad oggi, le manifestazioni dei giovani brasiliani sono piuttosto il frutto dello sviluppo economico. Una crescita che ha portato 35 milioni di persone ad integrare la classe media uscendo dalla zona di povertà assoluta e che ha coinciso con la piena maturità politica e democratica del Paese. Sono proprio questi cittadini a chiedere adesso al governo di fare di più e di farlo in fretta.
Questi giovani non si accontentano di assistere ai progressi economici del loro Paese o all’organizzazione dei più grandi eventi sportivi della storia contemporanea (la Coppa del Mondo il prossimo anno e le Olimpiadi nel 2016); ai governanti di oggi i brasiliani chiedono un trasporto pubblico all’altezza delle nuove sfide di uno dei leader del G20, una sanità pubblica degna di una grande potenza economica ed un sistema educativo adeguato alle scommesse della maggiore democrazia dell’America Latina.
Se il governo di Dilma Rousseff saprà rispondere in maniera rapida e concreta a tali sfide non sarà difficile confermarsi per un prossimo quadriennio; se invece prevarranno le lentezze di una politica distante dalle rivendicazioni della piazza e della società e le resistenze di istituzioni, a volte eccessivamente burocratiche e impermeabili alle giuste istanze della popolazione, sarà difficile vincere la sfida elettorale del 2014.
Il Brasile ha vinto la “Confederation Cup” e sogna già la Coppa del Mondo di Calcio del 2014.
I movimenti sociali e popolari che hanno portato in piazza milioni di persone ci hanno però detto chiaramente che è un altro il trofeo che i brasiliani vogliono conquistare: essere un Paese con servizi pubblici e sociali con uno standard “FIFA” di qualità e di eccellenza. Una scommessa che il Brasile può vincere; anche in questo caso il nostro tifo sarà tutto “verde-oro” !