E’ “italiana” la prima autobiografia dell’ex Presidente dell’Uruguay, Josè “Pepe” Mujica
Sono due giornalisti italiani, Cristina Guarnieri e Massimo Sgroi, i coraggiosi e fortunati protagonisti di un piccolo successo editoriale che presto potrebbe ‘sbarcare’ anche fuori dai confini nazionali: si tratta della prima “biografia autorizzata” dell’ex Presidente dell’Uruguay Pepe Mujica, un personaggio noto oggi in tutto il mondo anche grazie al suo stile di vita semplice e privo dei privilegi, che normalmente sono propri delle più alte cariche di uno Stato.
Si tratta di una lettura avvincente e suggestiva, da consigliare a chiunque voglia cimentarsi con l’arte della politica, ma sicuramente interessante per chiunque avesse la curiosità di conoscere più da vicino questo straordinario personaggio.
“La politica – scrive Mujica – non è una professione, è una passione per la lotta verso il miglioramento dell’essere sociale al quale apparteniamo”: è questo il messaggio che l’ex Presidente uruguaiano vuole trasmettere a tutti attraverso questo libro, soprattutto ai giovani. “La vita è bella, la vita è bella quando si viene colti da una passione di carattere superiore. Non te la possono rubare, la vivi perché hai preso una rotta di cui sei responsabile e questo è il marchio della tua libertà.” Parole belle e profonde, ancora più significative perché pronunciate da un uomo che, per quattordici lunghi anni, ha vissuto in prigione a causa delle sue idee e per la sua lotta alla dittatura; una prigionia disumana, che non lascia però in Mujica nessun sentimento di rancore o un pur comprensibile desiderio di vendetta. La pagina della dittatura è per il Presidente Mujica una vicenda superata; oggi occorre guardare al futuro. Sono molto belle le parole che rivolge proprio a questo proposito ai militari: “Non voglio che gli uomini di oggi divengano antagonisti per quanto accaduto ieri. Non vogliamo che i soldati di oggi si facciano carico della storia come se fosse un fardello da dover portare sulle spalle”. La giustizia, cioè, deve fare il suo corso, ma la storia di un popolo non può essere per sempre segnata da odio e divisione. In Italia quest’anno è iniziato il processo al “Plan Condor”, la strategia che legava le dittature sudamericane alla CIA americana e che sovrintendeva alla repressione di chi si opponeva alla democrazia; un processo che vede tra i principali accusati e tra le vittime più numerose proprio gli uruguaiani di origine italiana.
E di origine italiana è anche “Pepe” Mujica, figlio della signora Cordano; figlio di emigranti liguri sbarcati a Montevideo all’inizio del secolo scorso. Anche per questo all’Italia e all’Europa Mujica si sente particolarmente legato: “Tutta la nostra, storia, la nostra cultura, le nostre tradizioni, i nostri vincoli affettivi e di sangue ci uniscono all’Europa; il nostro Paese – scrive in un messaggio alla Camera di Commercio italo-uruguaiana – è stato costruito dall’emigrazione, dai successivi flussi di spagnoli e italiani che giunsero a partire dall’ultima parte del secolo XIX fino al secolo XX inoltrato, e determinarono in grande misura quello che siamo oggi come popolo e come nazione.”Anche la storia del sindacato e della partecipazione politica nasce a seguito di queste ondate migratorie; Mujica lo sa e lo ricorda bene, e per questo si “stupisce” di fronte a tanto interesse italiano ed europeo alla sua traiettoria e alla sua esperienza di governo. Non c’è niente da stupirsi, invece; l’Italia e l’Europa stanno cercando di uscire da una crisi che non è solo economica, ma soprattutto politica, e personaggi come “Pepe” Mujica possono aiutarci a riscoprire il senso più profondo di una politica “Alta”, che ci faccia “provare a pensare alla vita che dovremo vivere tra quaranta o cinquanta anni”. “Per vivere come pensiamo – sono sempre sue parole – e non ridurci a pensare come viviamo!” Parole sagge, profonde, da leggere e rileggere; soprattutto da vivere.