Comunità Italiana

La forza all’estero

L’Italia vince in contropiede il percorso locale, tra maxi fusioni e la dimensione delle famiglie

Le imprese hanno continuato a investire all’estero, anche con la crisi Campari, Brembo, Ima, Eni figurano tra i campioni delle acquisizioni. La parte del leone l’hanno fatta i grandi gruppi stranieri. Da Chem China, che si è appena assicurata un presidio come Pirelli, a Kering, Lvmh e i fondi sovrani che hanno portato via un bel paniere di strenne tra i big nazionali di moda e lusso. Le prede? Nomi come Loro Piana, Valentino e ancora prima Bulgari. E il trend si conferma anche nel 2014. La torta globale dell’m&amp ha registrato in Italia 543 operazioni per un controvalore di 50 miliardi. Un buon livello perché riporta il Paese non lontano dai numeri del 2008 (56 miliardi). Ma anche questa volta sono gli stranieri a conquistare il podio con 27 miliardi investiti nelle imprese nazionali, in base ai dati elaborati da Kpmg.
In realtà, con 13 miliardi puntati dai gruppi italiani su target all’estero, si scopre che anche le nostre aziende sono tornate nell’arena dell’m&a riguadagnando i risultati del 2009, l’anno che ha fatto da cerniera con la crisi più profonda. “Il forte rallentamento delle acquisizioni oltre confine si è registrato tra il 2008 e il 2009”, spiegano in Kpmg.
Se nel 2007 le aziende italiane avevano messo a segno 120 operazioni all’estero per un controvalore record di circa 60 miliardi, negli anni della grande crisi l’attività è diminuita soprattutto a partire dal 2010 quando ha toccato il suo punto di minimo con sole 47 operazioni per appena 2 miliardi. Tra il 2013 e il 2014 sono emersi segnali di ripresa. Protagonisti della classifica sono quelli che hanno messo sul piatto grosse somme: Enel, Fiat e Snam che però hanno più che altro chiuso riassetti (Enel-Enersis) o partite già avviate (Fca). Solo Gtech della famiglia De Agostini ha firmato per 3 miliardi l’acquisizione dell’americana Igt.

Sul podio, le aziende che vivono la recessione come un’opportunità
Il vero podio lo hanno conquistato i cosiddetti Serial acquirer, ossia le aziende che, con cadenza quasi annuale, non hanno mai smesso di comprare all’estero. Nonostante la crisi. Addirittura vivendo la recessione come un’opportunità. Tra i più impegnati a mettere a segno deal dal 2008 ci sono otto aziende vincenti. Di dimensioni più piccole, ma molto agguerrite. Chi primeggia è Campari, compratore seriale che cerca di scalare le classifiche per guadagnare la taglia di Diageo e Constellation brands. Ha messo sul piatto 134 milioni per comprare la Forty Creek distillery. E negli ultimi sei anni ha portato 16 le acquisizioni in cascina. La Techint dei Rocca, radici in Italia e rami su tutti i mercati, ha rilevato la società d’ingegneria mineraria Bateman attraverso la controllata italiana Tenova, ultima delle 14 acquisizioni degli ultimi sei anni. Al terzo posto si piazza la Recordati, big nazionale del pharma alla ricerca di tessere oltrefrontiera da aggiungere a un business che vale 987,3 milioni (22,3% in Italia). L’anno scorso ha avviato una filiale in Brasile dedicata alle orphan drug per le malattie rare. L’obiettivo è di aprirne un’altra in Messico entro l’anno. E’ una strategia fatta di passi studiati con cura quella che accumuna i serial acquirer: entrano in un mercato con acquisizioni di taglia media e tessono la rete.
— I compratori seriali, utilizzano in modo sistematico la leva dell’m&a. Le acquisizione non sono più frutto di logiche opportunistiche, ma sono parte integrante della strategia aziendale — sostiene Michele Parisatto, managing partner di Kpmg advisory.
Sono imprese che combinano visione imprenditoriale e capacità manageriale. Il vero tema è che si tratta di una ristretta pattuglia di nomi noti. Dietro di loro, si fa fatica a intravedere altre realtà pronte a raccogliere il testimone.
Le otto star includono il big Luxottica, costruita in larga parte con acquisizioni, Brembo, leader mondiale nei sistemi frenanti che ha promesso una nuova stagione di shopping e Ima che in un colpo solo ha acquistato le tedesche Benhil, Erca, Hassia, Hamba e Gasti.
— Da qualche tempo la voglia di guardare target stranieri cresce. Operazioni accrescitive di valore come Fiat-Crysler, Prysmian-Draka, gli acquisti di Campari e Amplifon-Htc stanno spingendo gli imprenditori più ambiziosi a cimentarsi con nuove operazioni. Ne arriveranno altre di sicuro — osserva Giovanni Tamburi che attraverso la sua Tip ha sostenuto molte di queste aziende.