Se Matteo Renzi intende tirare dritto sullo ius soli, il premier Paolo Gentiloni frena. E la ragione sono i numeri. Sempre più senatori verdiniani stanno tornando all’ovile, ovvero Forza Italia, e la posizione degli alfaniani su un tema così sensibile per l’opinione pubblica sta diventando sfuggente. Pertanto la maggioranza potrebbe saltare su un eventuale voto di fiducia a Palazzo Madama sul delicato provvedimento, che rischia di finire su un binario morto. È quanto emerge da un retroscena di ‘La Repubblica‘, che parla di “alta tensione” tra il segretario del Pd e il presidente del Consiglio.
Le sirene del centrodestra suonano anche per Alfano
Secondo il quotidiano di Largo Fochetti, nel Consiglio dei Ministri di lunedì la blindatura dello ius soli non è stata discussa, a differenza di quanto avvenuto per i decreti sulle banche venete, i vaccini e il Sud. Non era all’ordine del giorno, spiegano da Palazzo Chigi. “L’impressione che invece al quartier generale del Pd hanno maturato è che Gentiloni sul terreno minato del diritto di cittadinanza agli immigrati stia prendendo tempo”, si legge sul quotidiano, “che non sia più così convinto che con i numeri della maggioranza a Palazzo Madama la fiducia passi agevolmente. Silvio Berlusconi sta sfilando via via uno dopo l’altro i senatori verdiniani di Ala e Ap, tutti ex ai quali vengono riaperte le porte di Forza Italia. Lo stesso Angelino Alfano, sondaggi alla mano sulla riforma – non è per nulla intenzionato ad andare fino in fondo sullo ius soli, come invece ha fatto in tante altre battaglie in nome della maggioranza. Le sirene del centrodestra risuonano forte per tutta la sua area”.
Altissimo il rischio di un incidente in Senato
“Insomma, il rischio dell’incidente e della conseguente caduta, per il governo sarebbe altissimo”, scrive ancora ‘La Repubblica’, “ma è proprio sulla sottile linea dell’attendismo e del rinvio che le divergenze di vedute tra il premier e il segretario del Pd si fanno di ora in ora più ampie e palesi”. Renzi avrebbe detto al capo del governo che “sarebbe comprensivo qualora prevalessero le perpelssità e i timori. Tuttavia in quel caso, ha aggiunto l’ex premier, “se Paolo non se la sentisse di affrontare la fiducia dovrà dire lui, dovrà assumersene le responsabilità non potrà ricadere sul Pd”. “Ma il nodo resta la fiducia ed è pressoché scontato che, senza la blindatura, tutto scivoli a dopo l’estate. A quel punto il binario morto sarebbe in agguato”, conclude il giornale, “il premier Gentiloni fa i conti coi numeri di cui dispone, piuttosto esigui a Palazzo Madama, dove la maggioranza poggia anche sui voti dei centristi di Alfano. E su quelli non vi è più alcuna certezza”. (AGI)