{mosimage}Il caso di una donna giapponese con leucemia ha permesso di svelare qual è il meccanismo
IL CASO – Il nuovo studio si è concentrato su una donna giapponese e il suo bambino, entrambi malati di leucemia. La novità attuale consiste nel fatto che i ricercatori hanno utilizzato una tecnica avanzata di marcatura genetica per provare che le cellule malate del bambino avevano avuto origine nella madre. «Se questo medesimo caso fosse accaduto vent’anni fa non avremmo potuto affermare con certezza che si trattava di una trasmissione dalla madre al feto – dice Sergio Amadori, direttore della Struttura Complessa di Ematologia del Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma -. Grazie alle nuove tecnologie che abbiamo a disposizione, gli scienziati inglesi hanno potuto stabilire, tramite i marcatori biologici, che la forma di leucemia diagnosticata nella mamma un mese dopo il parto è esattamente la stessa di cui si è ammalata la bimba 11 mesi dopo».
EVENTO LIMITE – Insomma, le cellule tumorali di entrambi i pazienti portavano lo stesso gene mutato. Come spiega il coordinatore della ricerca, Mel Greaves dell’Institute of Cancer Research: «In questo caso e, presumiamo, in altri casi di cancro trasmesso dalla madre al figlio, le cellule tumorali della madre hanno attraversato la placenta raggiungendo il feto e si sono riuscite a impiantare nel bambino perchè non sono state riconosciute come estranee dal sistema immunitario. Siamo soddisfatti di aver chiarito un mistero, ma ribadiamo che il passaggio del cancro da madre a figlio è un fenomeno estremamente raro e le chance che una donna incinta malata di cancro faccia ammalare anche il bambino sono remote». «Un evento limite – commenta Alberto Bosi, direttore dell’Ematologia università Firenze Careggi. In pratica le cellule malate si sono rese "invisibili" tramite la mutazione genetica. Così mascherate non sono state riconosciute come estranee dal feto che le ha accolte e ha covato il tumore che si è manifestato poco dopo la nascita».
UNA POSSIBILITÀ GIÀ NOTA – «Gli esperti lo conoscono già: si chiama passaggio transplacentare – chiarisce Francesco Raspagliesi, direttore dell’Oncologia ginecologica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano -. Infatti, le cellule cancerose transitano attraverso la placenta dalla madre al feto. Come sottolineato dai ricercatori inglesi è un avvenimento rarissimo». «In materia di gravidanza – sottolinea Raspaglieli – esistono anche studi in positivo. La maternità, infatti, non ha conseguenze negative sull’evoluzione del tumore nelle donne. O è un fatto indifferente o, in alcuni casi, ha persino effetti benefici».
TUMORE DEL SENO IN UNA GRAVIDANZA SU 3MILA – Per valutare l’eccezionalità del fatto, guardiamo i numeri di una fra le neoplasie più diffuse, il tumore del seno. In generale, il carcinoma della mammella è la neoplasia più comune nelle donne gravide e al giorno d’oggi complica circa una gestazione su tremila. Circa il dieci per cento delle pazienti con meno di 40 anni, infatti, riceve la diagnosi della malattia quando è incinta o nell’anno successivo al parto. Ma contrariamente a quanto molte persone credono la gestazione di per sé non peggiora la prognosi, piuttosto può contribuire ad un ritardo nella diagnosi e nell’inizio dei trattamenti. Ma l’allattamento non «trasmette» il tumore: se la madre si ammala di carcinoma mammario, il bambino non corre pericoli.
Fonte: www.corriere.it