La parabola di Fini: ideale o convenienza?
Soltanto Kafka avrebbe potuto pensare ad una metamorfosi cosí radicale. Gregorio Samsa, nel racconto di Kafka, si addormenta commesso e si sveglia insetto. Gianfranco Fini, che era fascista, correra con la sinistra post-comunista. Fininasce politicamente come delfino di Almirante, leader del Movimento Sociale Italiano, porto naturale degli ex-fascisti. Deputato dal 1983, segretario del partito nel 1988, fondatore di Alleanza Nazionale come dissidenza del MSI, Fini era ed è un moderato di forte personalità, forte al punto di non gradire la mediazione, non esitando, quando gli conviene, a dissociarsi e correre da solo. Perse cosí per strada correligionari importanti: Rauti, ritenuto estremista, la Mussolini, Storace, governatore del Lazio. Nei primi anni ’90 il suo rapporto con l’idea fascista è,al minimo, confuso. Di quel periodo sono sue alcune frasi storiche:“credo ancora nel fascismo”, “Mussolini fu il più grande statista del XX secolo”, “Esistono momenti nei quali la libertà non è inclusanei valori importanti”. Però, nello stesso tempo, bolla le leggi razziali fasciste come il male assoluto e dice “la destra si deve riconoscerenei valori dell’antifascismo”. Il suo distacco dal fascismo è progressivo, ma netto. Nel ’92 Berlusconi entra nell’arena. Ha carisma,forte personalità e occupa lo stesso spazio che Fini intende occupare. E furono gomitate e abbracci fino ai giorni nostri, a seconda di come tirasse il vento. Fini si allea con Berlusconi e con lui fonda il Popolo delle Libertà. Concorre nel definirne il programma elettorale, stravince le elezioni del 2008 e assume la carica di presidente della Camera dei Deputati. Aveva firmato poco tempo prima una durissima legge anti-immigrazione; oggi, contro il programma del partito, predica la più ampia tolleranza verso gli immigrati e chiede sia dato loro il voto.
Berlusconi e il suo governo sono oggetto da tempo di ogni genere di attacchi e accuse da partedei suoi oppositori. Da un alleato ci si potrebbe aspettare appoggio. Dal presidente della Camera ci si potrebbe aspettare un prudente silenzio. Ma non passa giorno cheFini non manifesti ostentatamente il suo dissenso su qualche decisione governativa. L’opposizione, vociante quanto sbrindellata, ringrazia; non le par vero contare su un alleato tanto prestigioso annidato tra gli avversari. Il governo, naturalmente,è in difficoltà. Se già, pertante ragioni, gli era difficile governare, cosí diventa impossibile.
A noi, poveri elettori, che ci aspettiamo che il governo governi,che il Paese si dia le riforme di cui ha assoluto bisogno, chevede che nulla accade, vengono spontane i alcuni pensieri.
Primo: Fini è co-fondatore del PdL. Ha concorso a fare il programma di governo. Due anni fa. Ha il diritto, come accade a tutti noi, di cambiare opinione citsu qualche punto del programma. Ha però il dovere di discuterne nell’ambito del partito e, una volta che il partito abbia deciso, deve sostenere pubblicamente la decisione presa. Se il dissenso fosse insuperabile, avrebbe il doveredi andarsene.
Secondo: poiché la rottura sembra ormai insanabile, perché Fini non se ne va? Andarsene, per Fini, significa dover presentarsi alle prossime elezioni con un nuovo partito. Oggi può contare su una trentina di deputati e alcuni senatori, ma non ha l’appoggio popolare, cioè il voto. L’elettorato pensa che sia un traditore, anche quando dice cose condivisibili. Berlusconi non lo caccia perché è in difficoltà. Cominciaa sentirsi isolato anche nel suo partito e non ha più la grinta diun tempo. Avrebbe dovuto additargli la porta subito, alle prime schermaglie, con decisione.
Terzo: perché Fini fa l’oppositore? Fini è troppo ambizioso e non ha pazienza. Potrebbe essere l’erede naturale di Berlusconi, che ha 72 anni e non è eterno, politicamente s’intende. Ma Fini ha fretta. Pensa che finirà con avere l’appoggio delle destre e cerca il consenso delle sinistre. In un panorama cosí povero di concorrenti presentabili in entrambi gli schieramenti politici non sará difficile a Fini arrivare al potere. Gli italiani dimenticheranno il tradimento.
Quarto: perché Berlusca non lo caccia? Accadrà. La corda è troppo tesa: finirà col rompersi. Con conseguenze ora imprevedibili.
Tiriamo le somme e diamo un giudizio. Fini ostacola l’operato del governo e sta fornendo un pessimo servizio alla Patria. L’Italia ha bisogno di riforme strutturali urgenti e radicali se vuole conservare un ruolo di rilievo nello scenario mondiale. Ha bisogno di profonde modifiche del sistema sociale, di darsi una moderna identità politicae culturale. Ha bisogno di un governo forte, e Berlusconi potrebbe promuovere i cambiamenti necessari. Purtroppo, il suo alleato numero uno ha cambiato bandiera. La poltrona, per un politicante di professione, è più importante cheservire la Patria.