Comunità Italiana

La proposta shock

Il presidente del Consiglio scuote l’Italia con l’annuncio di dare 80 euro al mese in più ai lavoratori

All’improvvisa scalata di Matteo Renzi alla presidenza del Consiglio segue un nuovo colpo di teatro. Il più giovane premier della storia della Repubblica scuote l’Italia con un annuncio clamoroso: darà 80 euro al mese in più, sulla busta paga, a tutti i lavoratori che guadagnano meno di 25 mila euro lordi l’anno.
— Se entro il 27 maggio non arriveranno quei soldi allora vuol dire che sono un buffone — ha azzardato Renzi.
Parole che hanno fatto sobbalzare sulla sedia i lavoratori di tutto il Pasese, che si fregano le mani all’idea di ricevere l’aumento. A conti fatti, circa dieci  milioni di cittadini si ritroverebbero ogni anno mille euro in più nelle tasche. In tempi di crisi e con le retribuzioni bloccate ormai da anni, sarebbe una festa per buona parte del Paese. Se l’operazione andasse in porto, il premier compirebbe un enorme balzo in avanti sul piano della credibilità e del consenso elettorale.
Il disegno di Renzi, d’altronde, appare piuttosto chiaro: portare a casa la riforma elettorale (attraverso l’intesa con Berlusconi), mettere in campo qualche provvedimento anti-casta (come l’abolizione delle Province e la riforma del Senato) e completare l’opera con un coupe de theatre che incida sulla vita delle persone (e in tal senso non c’è nulla di meglio che rimpinguare le tasche, sempre più vuote, dei lavoratori italiani). Fatte queste tre cose, Renzi è pronto a giocarsi il tutto per tutto alle elezioni, da una posizione che questa volta potrebbe rivelarsi davvero di forza. Il Governo, in questi giorni, è al lavoro per reperire le coperture, ma il compito è tutt’altro che agevole: occorrono 10 miliardi di euro. Renzi sta pensando di liberare le risorse da destinare ai lavoratori italiani, attraverso il taglio dell’Irpef, l’imposta diretta sul reddito delle persone fisiche. Inizialmente era spuntata l’ipotesi di un bonus, che il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, si è affrettato a smentire:
— Lavoriamo soltanto alla riduzione dell’Irpef e ad altre detrazioni da lavoro dipendente.
Restano diverse incognite, legate soprattutto ai conti dissestati delle finanze pubbliche (su cui pesa un debito pubblico che ha superato quota duemila miliardi di euro) e ai relativi vincoli di spesa dettati dall’Europa. Basti pensare che soltanto il fiscal compact, ovvero il patto di stabilità finanziaria sottoscritto dai Paesi membri dell’Unione Europea, impone all’Italia di versare 50 miliardi di euro l’anno per i prossimi vent’anni. Un esborso che, inevitabilmente, costringerà il Paese a compiere ulteriori sacrifici.
La coperta è corta e risulterà molto complicato coniugare il rigore nella spesa, con politiche espansive, finalizzate allo sviluppo e alle ripresa dei consumi, in linea con quanto annunciato dal premier. Con queste premesse, ha compiuto un giro in Europa per sondare il terreno, incontrando prima il presidente francese Francois Hollande e poi la cancelliera tedesca Angela Merkel. Se Hollande si è detto determinato a fare gioco di squadra con l’Italia, per rivedere le condizioni dei trattati europei, la Merkel si è limitata a cordiali dichiarazioni di facciata, senza concedere alcuna reale apertura di credito. In questa fase, però, è proprio la Germania a dare le carte e Berlino sembra tutt’altro che disponibile ad accordare deroghe dalla linea dell’austerity. E’ stato lo stesso ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, a mettere in guardia il governo italiano da rinvii sul consolidamento delle finanze statali. Anche i vertici dell’Europa alzano barriere.
A margine di un incontro, il presidente della Commissione Ue, Manuel Barroso e il presidente permanente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, sono stati sollecitati ad esprimersi sugli eventuali margini, a disposizione dell’Italia, per dare vita a politiche che si basino sull’aumento del deficit. I due si sono guardati con un sorrisino sarcastico, che è apparso più esplicito di qualsiasi dichiarazione.
— Il rispetto degli impegni presi è fondamentale per la fiducia nell’Italia e nell’Unione Europea — ha detto a chiare lettere Barroso.
E Van Rompuy ha aggiunto:
— Tutti devono continuare ad applicare le regole concordate.

Il consenso per il populismo antieuropeista di Grillo continua a crescere in Italia
La partita di Renzi sembrerebbe persa in partenza, ma in realtà ci sono ancora varie carte da giocare. I principali alleati di Renzi, paradossalmente, sono i movimenti populisti ed euroscettici in grande ascesa in Europa. La Francia, che per certi versi è in condizioni simili a quelle dell’Italia, seppure con un debito molto più contenuto, e nelle ultime settimane ha registrato la grande avanzata elettorale della destra antieuropeista di Marie Le Pen.
In Italia continua a crescere vertiginosamente il consenso per il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che ha già dichiarato di essere pronto ad indire un referendum sull’eventuale uscita dell’Italia dall’Euro. Stiamo parlando di due Stati che rappresentano degli autentici pilastri dell’Unione Europea e che, qualora finissero nelle mani delle forze più radicali, avrebbero la forza per mettere in discussione la tenuta complessiva del quadro di integrazione politica ed economica. L’Europa e la Germania, per il momento, fanno orecchie da mercante, ma prima o poi dovranno fare i conti con il mutamento di clima tra le popolazioni degli Stati membri che risultano stremati dall’austerity. Tanto più che il 25 maggio prossimo si terranno le elezioni europee, che potrebbero fornire responsi clamorosi e inattesi.
Se l’Europa non fornisce ossigeno all’Italia, deve prepararsi a Grillo e all’ascesa del populismo antieuropeista. Un livello di consapevolezza di cui il premier ha già dato prova nel corso di una delle sue prime uscite, agli inizi del marzo scorso, quando la Commissione Europea ha drasticamente bocciato la manovra finanziaria del Governo per il 2014, giudicandola poco incisiva per abbattere il debito pubblico. Con quel pronunciamento, Bruxelles intendeva mettere una sorta di camicia di forza all’Italia, lasciando intendere che a fronte dei gravi squilibri macroeconomici, non ci sarebbe stata altra strada che seguire i dettami dell’Europa.
Renzi, però, non si è lasciato intimidire e ha replicato con orgoglio:  
— Non andiamo in Europa per prendere i compiti, l’Italia sa perfettamente quello che deve fare e lo farà.
La posizione di Renzi, che chiede all’Europa di allentare i lacci, è rafforzata e sostenuta dall’asse con gli Stati Uniti. Nel corso della sua visita in Italia, il presidente  americano Barack Obama ha incontrato Renzi, esprimendo apprezzamento per il lavoro che sta compiendo. Un plauso che, per una volta, non è soltanto di facciata. Non è un mistero, infatti, che Washington consideri necessaria per l’Europa una deroga dalla politica del rigore e una ripresa della crescita, innanzitutto nell’ottica di un rafforzamento della coesione europea, funzionale al mantenimento degli equilibri internazionali.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che le economie dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, insieme, rappresentano circa la metà del Prodotto Interno Lordo mondiale e quasi un terzo del volume degli scambi commerciali: il benessere degli Usa, in sostanza, è fortemente legato all’interscambio con l’Europa. Bisognerà vedere fino a che punto le tecnocrazie europee saranno capaci di tirare la corda: quel che è certo, è che continuando a privilegiare l’equilibrio dei conti, a discapito della tenuta sociale dei popoli, si rischia di restare strozzati.
I tempi sono strettissimi e le elezioni europee, che si terranno il mese prossimo, rappresentano un primo spartiacque: un eventuale successo di Grillo metterebbe in difficoltà il Governo sul fronte interno, ma paradossalmente potrebbe risultare utile per indurre l’Europa ad allentare la pressione. A maggior ragione se anche negli altri Paesi dovessero prevalere le forze che contestano le politiche del rigore.